Contratto di prestazione di servizi legali e tariffa oraria

La Redazione
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13 Gennaio 2023

La clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria, senza contenere altre precisazioni, non soddisfa l'obbligo di chiarezza e comprensibilità. Il giudice nazionale può ripristinare la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di una clausola abusiva lasciando il professionista senza compenso per i servizi forniti.

M.A., in quanto consumatore, ha stipulato cinque contratti di servizi legali con D.V., nella sua qualità di avvocato. Ciascuno di tali contratti prevedeva che gli onorari fossero calcolati sulla base di una tariffa oraria, fissata, per le consulenze o le prestazioni di servizi legali fornite a M.A, in EUR 100. D.V. ha fornito i servizi legali nel corso del 2018 e del 2019 e, nel marzo 2019, ha emesso fatture per tutti i servizi forniti. Non avendo ricevuto la totalità degli onorari reclamati, D.V. ha adito il giudice lituano di primo grado chiedendo la condanna di M.A. al pagamento di un importo di EUR 9 900 a titolo di prestazioni legali effettuate e di un importo di EUR 194,30 a titolo di spese sostenute nell'ambito dell'adempimento dei contratti. Tale giudice ha parzialmente accolto la domanda di D.V. L'appello proposto da D.V. è stato respinto dal giudice d'appello. Nel 2020 D.V. ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema di Lituania.

Quest'ultimo giudice interroga la Corte sull'interpretazione delle disposizioni del diritto dell'Unione [1] dirette a proteggere i consumatori dalle clausole contrattuali abusive, in particolare sulla portata dell'obbligo di formulazione chiara e comprensibile di una clausola di un contratto di prestazione di servizi legali nonché sugli effetti dell'accertamento del carattere abusivo di una clausola che fissi il prezzo di detti servizi.

Nella sua sentenza pronunciata in data odierna, la Corte precisa anzitutto che la nozione di «oggetto principale del contratto» ricomprende una clausola che determina l'obbligo del mandante di pagare gli onorari dell'avvocato e specifica la tariffa di questi ultimi. Pertanto, la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi il prezzo dei servizi forniti secondo il principio della tariffa oraria rientra in tale nozione.

Per quanto riguarda la portata dell'obbligo di formulazione chiara e comprensibile di una clausola di un contratto di prestazione di servizi legali, la Corte sottolinea che, in forza del diritto dell'Unione, tale obbligo va inteso estensivamente. Ciò impone che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola di cui trattasi, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano. Tuttavia, la Corte osserva che, se è vero che non si può esigere che il professionista informi il consumatore riguardo alle conseguenze finanziarie finali del suo impegno, che dipendono da eventi futuri, imprevedibili e indipendenti dalla volontà di detto professionista, ciò non toglie che le informazioni che egli è tenuto a comunicare prima della conclusione del contratto debbano consentire al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione della possibilità che siffatti eventi si verifichino e delle conseguenze che essi potrebbero comportare per quanto riguarda la durata della prestazione dei servizi legali. Tali informazioni, che possono variare in funzione, da un lato, dell'oggetto e della natura delle prestazioni previste nel contratto di servizi legali e, dall'altro, delle regole professionali e deontologiche applicabili, devono contenere indicazioni che consentano al consumatore di valutare il costo totale approssimativo dei servizi di cui trattasi. Tali sarebbero una stima del numero prevedibile o minimo di ore necessarie per fornire un determinato servizio, oppure un impegno a inviare, ad intervalli ragionevoli, fatture o relazioni periodiche che indichino il numero di ore di lavoro svolte. La Corte rileva che spetta al giudice nazionale valutare, tenendo conto di tutte le pertinenti circostanze della conclusione di tale contratto, se le informazioni comunicate dal professionista prima della conclusione del contratto abbiano consentito al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione delle conseguenze finanziarie derivanti dalla conclusione di detto contratto. La Corte constata che la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria, in assenza di informazioni previamente comunicate al consumatore che gli consentano di prendere la sua decisione con prudenza e piena cognizione delle conseguenze economiche derivanti dalla conclusione di tale contratto, non soddisfa l'obbligo di formulazione chiara e comprensibile ai sensi del diritto dell'Unione.

Per quanto riguarda l'eventuale carattere abusivo di una siffatta clausola, la Corte osserva, sulla base della sua giurisprudenza, che il giudice nazionale è tenuto a valutare, alla luce di tutte le circostanze della controversia, in un primo momento, la possibile violazione del requisito della buona fede e, in un secondo momento, la sussistenza di un eventuale significativo squilibrio a danno del consumatore. L'esame del carattere abusivo di una clausola di un contratto stipulato con un consumatore si fonda, in linea di principio, su una valutazione complessiva che non tiene conto unicamente dell'eventuale mancanza di trasparenza di tale clausola. Ciò premesso, la Corte rileva che agli Stati membri è consentito garantire, conformemente al diritto dell'Unione, un livello di protezione più elevato per i consumatori. Per quanto concerne il caso di specie, la Corte constata che la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali che fissi il prezzo secondo il principio della tariffa oraria e che rientri, pertanto, nell'oggetto principale di detto contratto, non deve essere considerata abusiva per il solo fatto che essa non soddisfa l'obbligo di trasparenza, a meno che la normativa nazionale preveda espressamente che la qualificazione come clausola abusiva discenda da questo solo fatto.

Per quanto riguarda le conseguenze dell'accertamento del carattere abusivo di una clausola relativa al prezzo, la Corte osserva che il giudice nazionale ha l'obbligo di disapplicare tale clausola, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Qualora, in applicazione delle pertinenti disposizioni di diritto interno, un contratto di prestazione di servizi legali non possa sussistere dopo la soppressione della clausola relativa al prezzo, la direttiva 93/13 non osta all'invalidazione di detto contratto, anche quando ciò comporti che il professionista non percepisca alcun compenso per i suoi servizi. Tuttavia, il giudice del rinvio dispone della possibilità eccezionale di sostituire una clausola abusiva dichiarata nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva ove l'invalidazione del contratto nella sua interezza esponga il consumatore a conseguenze particolarmente dannose.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte risponde che nell'ipotesi in cui l'invalidazione del contratto nella sua interezza esponga il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, il diritto dell'Unione non osta a che il giudice nazionale sani la nullità di detta clausola sostituendola con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o applicabile in caso di accordo tra le parti. Tuttavia il diritto dell'Unione osta a che il giudice nazionale sostituisca la clausola abusiva dichiarata nulla con una stima giudiziaria del livello del compenso per i servizi forniti.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione o alla validità di un atto dell'Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.


[1] Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).