Debora Ravenna
29 Gennaio 2023

La Carta europea del 15 ottobre 1992 alla quale ha aderito anche l'Italia, definisce la mediazione familiare un processo in cui il mediatore, terzo neutrale, viene sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dal sistema giudiziario, per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente.

Inquadramento

Secondo la Carta europea del 15 ottobre 1992 (www.apmf.fr), alla quale ha aderito anche l'Italia, la mediazione familiare è definita “un processo in cui il mediatore, terzo neutrale, viene sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dal sistema giudiziario, per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente”.

La Raccomandazione 1639 del 25 novembre 2003 del Consiglio d'Europa individua lo scopo principale della mediazione nel ristabilire la comunicazione tra i coniugi, con l'obiettivo di giungere ad un accordo idoneo ad una pacificazione e ad un miglioramento duraturi della loro relazione, senza discutere in termini di colpa o di responsabilità. Il procedimento di costruzione e di gestione della vita dei membri della famiglia è facilitato da un terzo indipendente ed imparziale, il mediatore, che ha una formazione specifica.

In evidenza

Il decreto 27 ottobre 2023, n. 151Regolamento sulla disciplina professionale del mediatore familiare” disciplina l'attività professionale del mediatore familiare e la sua formazione; i requisiti di onorabilità per l'esercizio della professione e per l'iscrizione nell'elenco dei mediatori familiari tenuto dal tribunale; le modalità e i contenuti dei corsi obbligatori dedicati ai mediatori familiari per la formazione iniziale e l'aggiornamento professionale continuo; i requisiti del formatore dei mediatori familiari; le regole deontologiche della professione del mediatore familiare; le tariffe applicabili all'attività professionale; il trattamento dei dati personali raccolti in conformità al decreto.

Le norme sulla mediazione familiare

Il legislatore ha introdotto relativamente di recente delle norme sulla mediazione familiare. Ricordiamo l'art 155 sexies introdotto dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54 (art. 1, comma 2) che prevede che il giudice della separazione, sentite le parti e ottenuto il loro consenso possa rinviare l'adozione dei provvedimenti provvisori e urgenti per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela  dell'interesse morale e materiale dei figli. L'art 155-sexies è stato abrogato dalla l. n. 154 /2013 ma la norma è stata riproposta, identica, nell'art. 337- octies c.c.  e, infine, nell'attuale art. 337-ter, comma 2.

La legge 12 luglio 2011, n. 112, istitutiva dell'Autorità garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, fa rientrare tra i compiti dell'Authority anche quello di favorire la diffusione della cultura della mediazione e degli istituti volti a prevenire o a risolvere mediante accordi i conflitti che coinvolgano i minori.

L'art. 6, comma 3, d.l. 12 settembre 2014, n. 132convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, stabilisce che nell'accordo raggiunto a seguito della convenzione di negoziazione assistita si dia atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare. Questo presuppone che gli avvocati siano adeguatamente formati e che diano un'informativa completa al proprio assistito anche sotto il profilo dei metodi alternativi al processo.

La legge delega n. 206 del 26 novembre 2021 ha potenziato gli istituti della mediazione familiare e della negoziazione assistita in materia familiare con norme specifiche. Il legislatore, per rimarcarne l'importanza, ha rinominato le ADR “strumenti complementari alla giurisdizione”. Si tratta di una modifica che non è di forma, ma di sostanza, per sottolineare che questi strumenti rivestono la stessa dignità e importanza della giurisdizione e che, assieme ad essa, sono tesi a fornire una risposta alla domanda di giustizia dei cittadini. 

Il Decreto legislativo n. 149/2022 ha dato attuazione alla legge delega; per quanto attiene alla mediazione familiare si segnalano in particolare le seguenti norme: l'a rt. 337-ter, comma 2 c.c. (Provvedimenti riguardo ai figli) prevede che il giudice prenda atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all'esito di un percorso di mediazione familiare.

L'art. 473-bis.10 c.p.c. prevede che il giudice possa, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell'elenco del tribunale, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo. Qualora ne ravvisi l'opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti temporanei e urgenti (art. 473-bis.22 c.p.c.) per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli. In alcuni tribunali, ad esempio presso la sezione famiglia del Tribunale di Milano, è presente già da anni un punto informativo ove è possibile ricevere informazioni sulla natura e le modalità di svolgimento della mediazione familiare.

L'art. 473-bis.43 c.p.c. precisa che è vietato iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'articolo 415-bis c.p.p. (avviso di conclusione delle indagini preliminari) per le condotte di cui all'articolo 473- bis. 40 c.p.c. (abusi familiari o condotte di violenza domestica), nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa. La norma prevede altresì che il mediatore interrompa immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze.

L'elenco dei mediatori familiari presso il tribunale

L'art. 12-bis disp. att. c.p.c. ha s previsto che presso ogni tribunale sia istituito un elenco di mediatori familiari.  L'elenco è tenuto dal presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica e da un mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, che esercita la propria attività nel circondario del tribunale.

L'elenco è permanente e ogni quattro anni il comitato provvede alla sua revisione (art. 12-ter disp. att. c.p.c.), su questo punto il gruppo ADR dell'Osservatorio sulla giustizia civile ha segnalato che la norma potrebbe essere penalizzante per i mediatori che nel corso del quadriennio maturano i requisiti per poter essere iscritti nell'elenco e quindi ha proposto che le nuove domande possano essere vagliate e i nominativi inseriti, anche durante il quadriennio (http://www.milanosservatorio.it/pubblichiamo-il-report-dellincontro-gruppo-mediazione-negoziazione-adr-e-famiglia-persona-e-minori-del-10-01-2024-ricordiamo-che-il-prossimo-incontro-del-gruppo-di-lavoro-congiunto-si-terra-in-data/).

Possono chiedere l'iscrizione nell'elenco coloro che sono iscritti da almeno cinque anni a una delle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, sono forniti di adeguata formazione e di specifica competenza nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori e di violenza domestica e di genere e sono di condotta morale specchiata.

Sulle domande di iscrizione decide il comitato previsto dall'articolo 12-ter; gli aspiranti all'iscrizione nell'elenco devono presentare domanda al presidente del tribunale, nella circoscrizione ove hanno la residenza, corredata dai documenti indicati nell'art. 12-quinquies. Alcuni tribunali hanno ritenuto che il requisito della residenza sia equiparato al domicilio fiscale (o professionale), poiché molti professionisti (soprattutto nel pubblico) lavorano in Comuni diversi da quello di residenza. Il gruppo di lavoro dell'Osservatorio milanese ha rilevato tale criticità della norma e alcuni membri avevano richiamato l'art. 16 della legge 21 dicembre 1999 n. 526 “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 1999-“ 1 che equipara la residenza al domicilio professionale. Il Ministero della Giustizia ha altresì emanato sul punto la Circolare 14 marzo 2000 “Interpretazione art. 16 della l. 526/1999 requisiti per l'iscrizione negli albi professionali - residenza - domicilio professionale”. Troverebbe anche applicazione analogica la disciplina già prevista per i Consulenti Tecnici d'ufficio.

Il mediatore familiare

Le novità normative riguardano in particolar modo la figura del mediatore familiare, la sua definizione, la regolamentazione della formazione, inziale e continua, i doveri, i costi della mediazione.

L 'art. 2, d.m. n. 151/2023 definisce i l mediatore familiare “la figura professionale terza e imparziale, con una formazione specifica, che interviene nei casi di cessazione o di oggettive difficoltà relazionali di un rapporto di coppia, prima, durante o dopo l'evento separativo. Il mediatore opera al fine di facilitare i soggetti coinvolti nell'elaborazione di un percorso di riorganizzazione di una relazione, anche mediante il raggiungimento di un accordo direttamente e responsabilmente negoziato e con riferimento alla salvaguardia dei rapporti familiari e della relazione genitoriale, ove presente”.

La professione di mediatore è esercitata in forma non organizzata ai sensi della legge 14 gennaio 2013, n. 4 da coloro che sono in possesso dei requisiti di onorabilità e di formazione previsti dagli articoli 3,4 e 5 del d.m. 151/2023.

I requisiti per l'esercizio della professione di mediatore familiare sono indicati nell'art. 4. Oltre ai requisiti di onorabilità (art. 3) e di formazione (art. 5) possono esercitare la professione di mediatori familiari coloro che sono in possesso di uno dei seguenti requisiti:

a) attestazione rilasciata dalle associazioni professionali;

b) certificazione di conformità del singolo professionista alla normativa tecnica UNI 11644;

c) diploma di laurea almeno triennale nell'area disciplinare umanistico-sociale o altro titolo equivalente o equipollente per legge.

Al di fuori di questi casi, e fermi restando i requisiti di cui all'articolo 3, l'attività di mediatore familiare è inoltre consentita a coloro che, alla data di entrata in vigore del d.m. 151/2023 (15/11/2023), sono già in possesso dell'attestato di mediatore familiare, conseguito con la frequenza di un corso di almeno 220 ore e il superamento dell'esame finale, e documentano lo svolgimento di attività di mediazione familiare nel biennio precedente.

La formazione iniziale

L'art. 5 del d.m. 151/2023 definisce e regolamenta la formazione iniziale e continua dei mediatori familiari e dei loro formatori.

Il corso di formazione iniziale, che dev'essere riconosciuto da associazioni professionali ai sensi della legge n. 4/2013, oppure erogato dai soggetti da queste riconosciuti, prevede un corso di almeno 240 ore di lezioni teorico- pratiche, di cui il 75% va svolto in presenza o mediante collegamento audiovisivo in modalità sincrona; almeno 80 ore di pratica guidata con un formatore esperto, di cui almeno 40 ore in affiancamento in procedimenti di mediazione familiare; un esame finale.

L'esame comprende una prova scritta con domande a risposte aperte, una prova pratica effettuata con la tecnica del tipo giuoco di ruolo (role playing), un colloquio valutativo, preceduto dalla presentazione di un elaborato scritto relativo al percorso formativo svolto e alla pratica guidata.

Si tratta decisamente di un percorso impegnativo, teso a garantire la qualità dei mediatori familiari.

 Il corso contiene moduli didattici nelle materie della teoria del conflitto e del conflitto familiare, dei rapporti patrimoniali e personali della coppia e della filiazione, dei diversi modelli di coppia e di famiglia, dei cicli di vita della coppia e della famiglia, della crisi della coppia e le conseguenze sul rapporto con i figli e l'intervento del mediatore, dell'approccio socio-psicologico alle relazioni familiari, della tutela dei minori, delle esigenze, bisogni e fasi di sviluppo dei figli, dell'intervento dello psicologo nella mediazione e della tecnica dell'ascolto del minore, dei sistemi di risoluzione alternativa delle controversie e i tipi di mediazione, della figura del mediatore familiare, delle fasi del percorso di mediazione familiare, dei metodi e le tecniche di mediazione dei conflitti, della rielaborazione del conflitto e dell'accordo finale di mediazione, degli studi e delle esperienze di mediazione familiare in Italia e all'estero, della violenza domestica e di genere.

L’aggiornamento professionale continuo

Il mediatore familiare ha l’obbligo deontologico di curare costantemente la propria preparazione professionale.

I mediatori devono frequentare annualmente dei corsi di almeno 10 ore nelle materie della formazione iniziale e in relazione all’evoluzione normativa e giurisprudenziale. I corsi comprendono attività laboratoriali da svolgersi in presenza, su casi teorico-pratici.

I requisiti di professionali e di onorabilità, dei formatori dei mediatori familiari

L'art. 5 comma 7, d.m. 151/2023 regolamenta i requisiti dei formatori; sostanzialmente ai requisiti già richiesti ai mediatori, si aggiungono l'aver svolto docenza in materie giuridiche, umanistiche, sociali o psicologiche presso università, istituti secondari e scuole pubbliche o private legalmente riconosciute, oppure avere almeno due pubblicazioni in materia di mediazione familiare, oppure essere iscritti da almeno 5 anni a una delle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero o documentare lo svolgimento di attività di docenza in materia di mediazione familiare in corsi della durata di almeno 40 ore ciascuno, per almeno 5 anni consecutivi anteriori alla data di entrata in vigore del  d.m. 151/2023 (15/11/2023).

Regole deontologiche

Nell'art. 6, d.m. 151/2023 sono indicate le Regole deontologiche che hanno lo scopo di precisare l'etica professionale e le condotte cui il mediatore familiare deve attenersi nell'esercizio della propria professione. Costituisce illecito deontologico il comportamento contrario a tali regole.

La norma precisa che l'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia, sulle competenze e sull'indipendenza di giudizio intellettuale e tecnico, secondo buona fede, affidamento della clientela, correttezza, responsabilità del professionista e riservatezza.

Il mediatore familiare esercita l'attività di mediazione con imparzialità, neutralità e assenza di giudizio nei confronti dei mediandi, promuovendo fra loro un processo equilibrato e incoraggiandoli a confrontarsi in modo costruttivo.

Al mediatore familiare non è consentito intervenire in mediazioni familiari che coinvolgono interessi propri, del coniuge o del convivente, dei suoi parenti entro il secondo grado o dei suoi affini, oppure di persone con le quali ha rapporti di frequentazione abituale, ovvero di soggetti con cui ha una causa pendente, grave inimicizia, rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti di cui è tutore, curatore, procuratore o agente; erogare ai mediandi servizi che esulano dallo specifico ambito della mediazione familiare; far pressione per ottenere la loro adesione ad un progetto non concordato liberamente; fornire prestazioni professionali riservate ad iscritti a ordini o collegi professionali durante lo svolgimento dell'attività di mediatore familiare; offrire o accettare doni, richieste e favori dai mediandi, dalle parti, dai loro avvocati o da altre persone coinvolte direttamente o indirettamente nel percorso di mediazione. Infine, il professionista si astiene nei casi in cui esistono gravi ragioni di convenienza.

Il mediatore familiare è tenuto al segreto professionale e al segreto relativo allo svolgimento e al contenuto dei colloqui di mediazione e agli accordi eventualmente raggiunti ma i mediandi possono esentarlo dal segreto professionale prestando assenso scritto.

Il mediatore familiare segnala alle autorità competenti eventuali abusi nell'ambito dell'esercizio della mediazione familiare. Questa norma desta qualche perplessità e non è di facile interpretazione: si tratta di abusi fra le parti? Di abusi nelle sessioni di mediazione? Non è chiaro.

Il mediatore familiare ha precisi obblighi informativi a favore delle parti: è tenuto a informarle dei propri titoli professionali e della polizza assicurativa, ove stipulata; a riportare in ogni documento e rapporto scritto le informazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 4 del 2013; a dare informazioni, fin dal primo incontro, sugli obiettivi, le modalità e il percorso dell'intervento di mediazione familiare e sulla specificità del suo intervento, distinguendolo da quello di altri professionisti iscritti ad ordini o collegi professionali.

Prima dell'avvio del percorso di mediazione il professionista deve indicare il costo degli incontri di mediazione e le modalità di pagamento e specificare che in nessun caso il costo potrà essere vincolato al risultato ottenuto.

Il mediatore deve rispettare il regolamento (UE) 2016/679 del 27 aprile 2016 (Privacy), nonché il Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) ed è tenuto a informare i mediandi che presso le associazioni professionali di mediatori familiari è istituito lo Sportello del Consumatore.

In pendenza di una procedura giudiziaria, il mediatore familiare informa gratuitamente in via preliminare le parti sulle finalità, i contenuti, le modalità e i costi del percorso, nonché sulla disponibilità dell'elenco dei mediatori familiari presso il tribunale; quando le parti decidono di intraprendere il percorso di mediazione, le informa della facoltà di avvalersi di uno tra i mediatori familiari inseriti nell'elenco istituito presso il tribunale. Si precisa che i mediatori non sono obbligati ad iscriversi nelle liste del tribunale per poter esercitare la professione.

Il mediatore deve informare la parte costituita in giudizio che ha facoltà di farsi assistere dal proprio avvocato al primo incontro di mediazione, agli incontri successivi che hanno ad oggetto aspetti economici e patrimoniali e per l'eventuale sottoscrizione dell'accordo. Informa le parti che nulla sarà riferito all'autorità giudiziaria nel caso di interruzione della mediazione familiare o di impossibilità di proseguirla, ad eccezione dell'adesione o meno al percorso di mediazione, e che, nel caso di raggiungimento di accordi in mediazione familiare, questi saranno trasmessi alle autorità competenti direttamente dai mediandi o attraverso i loro avvocati;

Il mediatore familiare interrompe il percorso di mediazione quando è richiesta da uno o da entrambi i

mediandi; se ritiene che non vi siano le condizioni per proseguire il percorso di mediazione familiare;

se non è più in grado di assicurare la neutralità o l'imparzialità necessarie alla continuazione del suo compito professionale.

Nell'attività di autopromozione i mediatori familiari sono tenuti ad essere veritieri e corretti, ad astenersi da ogni forma di pubblicità che possa indurre in errore e dall'attribuirsi titoli, diplomi e competenze che non possiedono.

È vietata ogni forma di pubblicità ingannevole e sono vietate le pratiche commerciali scorrette, così

come definite dal Codice del consumo.

I soggetti iscritti nell'elenco dei mediatori presso il tribunale immediatamente devono comunicare al presidente del tribunale l'eventuale venir meno dei requisiti prescritti e interrompere l'esercizio della professione di mediatore.

È vietato a qualunque mediatore familiare, anche non iscritto nell'elenco, di esercitare la professione di mediatore familiare quando non è in possesso dei requisiti prescritti dal d.m. 151/2023.

Compenso del mediatore familiare

L’art. 7 del d.m. precisa che il compenso è pattuito, nel rispetto dell’articolo 8, al momento del conferimento dell’incarico professionale.

Il compenso è adeguato alla delicatezza del ruolo rivestito, al decoro della professione e all’importanza della prestazione e non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.

Il professionista deve rendere noto, in forma scritta, al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri prevedibili ai sensi dell’articolo 8, dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico.

L’art. 8 indica i parametri generali e specifici del compenso, specifica che il compenso del mediatore familiare comprende le attività accessorie alla prestazione professionale.

Per gli incarichi non conclusi, o costituenti prosecuzione di precedenti incarichi, si tiene conto dell’opera effettivamente svolta.

Ciascuno dei mediandi si impegna a corrispondere al mediatore familiare per ogni incontro effettivamente svolto la somma di € 40,00 oltre oneri di legge. Questa somma è moltiplicata secondo

i seguenti parametri: bassa complessità e conflittualità: moltiplicato 1; media complessità e conflittualità: moltiplicato 1,5; alta complessità e conflittualità: moltiplicato 2.

Oltre al compenso sono dovuti gli ulteriori costi determinati forfettariamente nella misura del 21%.

La mediazione familiare transfrontaliera

La mediazione può essere particolarmente utile per risolvere i conflitti familiari di dimensione transfrontaliera e i casi di sottrazione di minore. L'espressione "questioni familiari" copre un'ampia varietà di controversie, da quelle di carattere puramente privato ai casi che coinvolgono le autorità pubbliche (https://e- justice.europa.eu/521/IT/family_mediation).

Nei casi di sottrazione di minori la tempistica è cruciale, il mediatore informa espressamente le parti in merito a tale aspetto durante la fase di informazione o all'inizio del procedimento di mediazione. Una volta che il minore sottratto sia stato riconsegnato al paese in cui ha la residenza abituale, il ricorso alla mediazione continua ad essere utile per evitare ulteriori conflitti. Nei casi di sottrazione di minore in cui sono coinvolte le autorità centrali e/o giudiziarie, il mediatore può spiegare alle parti gli effetti della mediazione nel quadro del procedimento in corso. In alcuni paesi le autorità centrali dispongono di propri mediatori specializzati. Per avere efficacia esecutiva, l'accordo di mediazione deve essere legalmente vincolante ed esecutivo in tutte le giurisdizioni interessate.

Il Portale Europeo della Giustizia (European Justice) fornisce utili informazioni sulla mediazione familiare transfrontaliera (https://e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation).

La ricerca di soluzioni amichevoli delle controversie è raccomandata da svariati strumenti internazionali, già la Convenzione dell'Aia del 1980 (articolo 7, lettera c) prevedeva misure delle autorità centrali per assicurare la consegna volontaria del minore o agevolare la composizione amichevole.

La Convenzione dell'Aia del 1996 incarica le autorità centrali di agevolare con la mediazione, la conciliazione o qualsiasi altra modalità analoga, accordi amichevoli sulla protezione della persona o dei beni del minore, nelle situazioni in cui si applica la Convenzione (articolo 31, lett. b).

Il Regolamento Bruxelles II-ter si occupa specificamente di mediazione e di risoluzione alternativa delle controversie nel contesto della sottrazione di minori, dedicando a tale materia due Considerando (n. 42 e 43) e l'art. 25.  La norma prevede che, quanto prima possibile e in qualsiasi fase del procedimento, l'autorità giurisdizionale provvede, direttamente o, se del caso, con l'assistenza delle autorità centrali, a invitare le parti a valutare se siano disposte a ricorrere alla mediazione o ad altri mezzi di risoluzione alternativa delle controversie, a meno che ciò non vada contro l'interesse superiore del minore, non sia appropriato nel caso specifico o non ritardi indebitamente il procedimento.

Per informazioni relative alle autorità centrali/ai  punti  di  contatto  centrali  per la mediazione familiare internazionale: https://e-justice.europa.eu/372/IT/family_mediation.

Le origini

Le radici della mediazione familiare si trovano a Los Angeles, ove nel 1939 viene fondata la Family Counciliation Court, per risolvere i conflitti delle coppie grazie al raggiungimento di accordi amichevoli. La L.A. County Conciliation Court iniziò ad operare a scopo prevalentemente terapeutico, come un dipartimento della Corte suprema di Los Angeles. Tra gli obiettivi: «proteggere i diritti dei figli, promuovere il bene comune tramite la prevenzione, la promozione e la protezione della vita familiare e dell'istituzione matrimoniale, provvedere ai mezzi atti alla riconciliazione dei coniugi e agli accordi

amichevoli delle controversie familiari» (Codice di California, sezione 1730).

Il primo centro di mediazione familiare nasce nel 1974 ad Atlanta, ad opera dell'avvocato James Coogler, che decise di trasformare creativamente la rabbia e le

frustrazioni vissute dai coniugi in separazione. Nascono così il Family Mediation Center, e, nel 1975, la Family Mediation Association, per diffondere il metodo ai coniugi che intendano negoziare la loro separazione o rinegoziare gli accordi di divorzio, nell'ottica del superamento della logica win/lose.

A New York, nella seconda metà degli anni Settanta, J. Haynes, membro della Social Work Faculty della State University, fonda la Academy of Family Mediators, dedicandosi alla formazione di assistenti sociali e consulenti familiari.

Nel 1978 Howard Irving attiva a Toronto il Toronto Conciliation Project. È ormai iniziato un nuovo corso storico, che porta alla prima legge in materia di mediazione familiare nei giudizi di separazione e divorzio, adottata nel 1981 in California.

In Inghilterra i primi programmi di mediazione si sono sviluppati autonomamente, grazie alla trasformazione dei servizi di conciliazione legati ai Tribunali; Lisa Parkinson dal 1978 avvia il primo servizio di conciliazione familiare “privato”; nel 1988 nasce la Family

Mediators Association; è del 1996 il Family Low Act, legge che prevede obbligatoriamente - per tutte le controversie relative a questioni familiari che arrivano in Tribunale - almeno un incontro di mediazione.

In Spagna, nel 1981, viene introdotto il Tribunale della Famiglia e nel 1990 il Ministero degli Affari Sociali intraprende delle attività di sensibilizzazione della collettività con l'avviamento di servizi di mediazione familiare.

In Francia, nel 1988, nasce l'Association pour la Promotion de la Mediation Familiale, che nel 1989 elabora il primo codice deontologico del mediatore familiare. Nel 1996 il Nouveau Code de Procédure Civil prevede che il Giudice possa nominare un terzo soggetto che

ascolti le due parti in causa per trovare una soluzione concordata. Nel 2004 la m.f. diventa un'attività complementare a quella del giudice.

In Italia, nel 1987, nasce GeA “Associazione Genitori Ancora”, grazie all'impegno di Fulvio Scaparro e Irene Bernardini. Nel 1995 viene istituita SIMEF “Società Italiana di Mediazione Familiare”, preposta al coordinamento delle iniziative dei mediatori in Italia con gli standard professionali e deontologici europei; vengono poi fondate altre associazioni e, a gennaio 2017, nasce F.I.A.Me.F, la Federazione Italiana delle Associazioni di Mediatori Familiari (fondatori: A.I.Me.F.; S.I.Me.F, A.I.M.S.).

Nel 1992 viene approvata la Carta Europea per la formazione dei mediatori familiari da una commissione con rappresentanze della Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania e Svizzera; in Germania è istituita la BAFM (Bayerische Arbeitsgemeinschaft Familien Mediation).

Nel 2015 viene varata la Carta internazionale per i processi di Mediazione Familiare Internazionale applicabile a tutti gli Stati. Tutte le strutture coinvolte nella Mediazione

Familiare Internazionale hanno partecipato alla creazione di questo documento generale di riferimento (https://www.ifm-mfi.org/it/carta_it.)

Da ultimo si segnala il Codice Etico, Deontologico e di Condotta (“CEDIC”): è un insieme d'indicatori di autoregolamentazione, d'identificazione e di appartenenza, cui hanno l'obbligo di attenersi tutti i mediatori familiari nell'ambito del loro lavoro e anche durante il tirocinio, al fine di preservare e accrescere la reputazione, la competenza e la

professionalità (https://www.associazionegea.it/associazione-gea/codice-deontologico-del- mediatore-familiare-2/.)

La mediazione in Europa

La Raccomandazione R (98) 1 del 21 gennaio 1998 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa riconosce la mediazione come metodo appropriato di risoluzione dei conflitti familiari, specifica che il mediatore dovrà porre particolare attenzione all'interesse superiore del fanciullo.

La mediazione familiare viene indicata come metodo alternativo per risolvere i conflitti familiari transnazionali nel Piano d'azione del Consiglio e della Commissione Europea del 1998 (par. 41, punto c), cui fa riferimento il Libro Verde della Commissione Europea del 19 aprile 2002 sui metodi A.D.R. in materia civile e commerciale.

La Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo, adottata a Strasburgo nel 1996 e ratificata dall'Italia con l. 20 marzo 2003, n. 77, incoraggia il ricorso alla mediazione per prevenire o risolvere i conflitti ed evitare procedimenti che coinvolgano minori davanti ad un'autorità giudiziaria.

L'art. 55 Regolamento CE n. 2201 del 27 novembre 2003prevede che «le autorità centrali... provvedono a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o con altri mezzi, e ad agevolare la cooperazione transfrontaliera».

L'art. 7 Convenzione del Consiglio d'Europa sulle relazioni personali che riguardano i fanciulli del 15 maggio 2003 stabilisce che «quando bisogna risolvere delle controversie in materia di relazioni personali, le autorità giudiziarie devono adottare tutte le misure appropriate per incoraggiare i genitori … a raggiungere degli accordi amichevoli a proposito delle relazioni personali con il fanciullo, in particolare facendo ricorso alla mediazione».

La Risoluzione del Parlamento Europeo del 5 aprile 2022 sulla tutela dei diritti dei minori nei procedimenti di diritto civile, amministrativo e di famiglia (2021/2060(INI) esamina approfonditamente la mediazione familiare, anche transfrontaliera; si riportano i “considerando” e gli inviti più significativi:

“A. considerando che sempre più bambini e adolescenti entrano in contatto con il sistema giudiziario nell'ambito di procedimenti civili, amministrativi e di diritto di famiglia,

principalmente a causa dell'aumento del numero di divorzi, separazioni e adozioni; che in tali procedimenti occorre garantire a tutti i minori un accesso non discriminatorio alla

giustizia, in particolare l'accesso agli organi giurisdizionali e a metodi alternativi di risoluzione delle controversie…

Z. … in molti casi, la mediazione familiare si è dimostrata più rapida, economica e a misura di minore per risolvere le controversie rispetto ai procedimenti giudiziari e che può pertanto contribuire a prevenire future sottrazioni di minori da parte di un genitore;

AA. … è opportuno incoraggiare il ricorso alla risoluzione alternativa delle controversie, a meno che ciò non sia contrario all'interesse superiore del minore, in particolare nei casi di violenza domestica e abusi sessuali;

AC. … nella maggior parte degli Stati membri non è disponibile alcun patrocinio a spese dello Stato per la mediazione a favore dei genitori con mezzi finanziari limitati ma che

potrebbero al contempo avere diritto al patrocinio a spese dello Stato per i procedimenti giudiziari;

AF. … la mediazione familiare transfrontaliera può facilitare accordi tra i genitori che servono a difendere l'interesse superiore del minore, riducendo l'onere emotivo e finanziario e la complessità giuridica inerenti ai procedimenti giudiziari;

AH. … sia i giudici che gli avvocati dovrebbero essere formati per acquisire maggiori conoscenze in merito alla mediazione familiare transfrontaliera;

32.invita la Commissione e gli Stati membri a continuare a sostenere le reti di mediatori esistenti nell'ambito delle controversie familiari transfrontaliere;

Sommario