La rilevanza del periodo di convivenza prematrimoniale ai fini della quantificazione dell’assegno divorzile

17 Gennaio 2023

La Cassazione compie un importante passo avanti nel riconoscere il periodo più o meno lungo di convivenza more uxorio prima della legalizzazione dell' l'unione come elemento per la quantificazione dell'assegno divorzile .
Massima

Ai fini della determinazione del quantum dell'assegno divorzile assume rilevanza anche il periodo di convivenza more uxorio vissuto dalla coppia prima di legalizzare l'unione.

Il caso

La Corte territoriale, adita dall'obbligato per la riduzione dell'ammontare dell'assegno divorzile, rideterminava lo stesso, diminuendone il quantum tenendo conto sia della disponibilità economica dell'appellante sia della durata del matrimonio, pari a sette anni. La beneficiaria dell'assegno divorzile avverso tale statuizione proponeva ricorso per Cassazione, basato essenzialmente sulla violazione dei criteri determinativi dello stesso di cui all'art 5, l. 898/1970. La Corte di legittimità, verificata la violazione dei detti criteri per non avere la Corte territoriale tenuto conto del lungo periodo di convivenza prematrimoniale nel quantificare l'assegno divorzile, con l'ordinanza in esame, qualificando la fattispecie relativa al criterio normativo della durata legale del rapporto di convivenza, anteriore alla formalizzazione del matrimonio, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile come questione massima di particolare importanza ex art. 374 comma 2 c.p.c., rimetteva la questione al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

La questione

La questione in esame è la seguente: se il periodo di convivenza, a cui siano successivamente seguite le nozze, possa incidere sul quantum nella determinazione dell'assegno divorzile.

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza ha cominciato sin dalla sentenza Cass. civ. sez. un. n. 32198/2021 a farsi interprete del cambio di costume in atto nella società italiana, che vede sempre più comune un periodo di convivenza prenuziale, nel quale vengono fondate le basi di quella che sarà la futura famiglia, poi eventualmente ufficializzata con il vincolo matrimoniale. Nell'indicata pronuncia la Suprema Corte ha riconosciuto l'assegno divorzile, in virtù della sua componente compensativa, ove siano sussistenti i relativi presupposti, anche in favore di chi abbia instaurato una convivenza di fatto con una terza persona successivamente allo scioglimento del vincolo matrimoniale. Nella fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite in tale pronuncia n. 32198/2021, la funzione compensativa dell'assegno di divorzio supererebbe persino la circostanza dell'instaurazione di una nuova convivenza da parte del coniuge beneficiario ed economicamente più debole, con conseguente concessione di detto beneficio anche in una delle tradizionali ipotesi di cessazione della corresponsione dello stesso, come statuito costantemente in giurisprudenza fino a tale innovativa sentenza. Sulla base di questi presupposti, magistralmente delineati anche nell'ordinanza di rimessione Cass civ, Sez. I, 28995/2020, la Sezione I della Suprema Corte, nell'ordinanza n. 30671/2022, qui in esame, sostiene a maggior ragione la necessità di valorizzare, al fine della mera quantificazione dell'assegno, pacificamente dovuto, gli anni di convivenza antecedenti alle nozze.

Va, altresì, rimarcato come le predette pronunce si basino sulla funzione compensativa dell'assegno divorzile come delineata dalle Sezioni Unite nella sentenza Cass. civ. sez. un. n. 18287/2018, nella quale viene sottolineato il carattere composito dell'assegno divorzile, a cui deve attribuirsi, unitamente alla predetta funzione assistenziale, in pari misura anche quella compensativa e perequativa. La giurisprudenza di legittimità ha, pertanto, risposto all'esigenza, di conferire all'assegno divorzile non solo la natura assistenziale, finalizzata alla necessità per il beneficiario di mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale, ma anche quella compensativa e perequativa, volta a riconoscere all'ex coniuge, economicamente più debole, un livello reddituale adeguato al contributo fornito all'interno della disciolta comunione nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell'altro coniuge.

Nell'ordinanza n. 30671/2022, ora in esame, la Corte di legittimità compie un ulteriore passo avanti, superando la rigida interpretazione dell'art 5 comma 6 l. 898/70, che prevede che gli elementi per la quantificazione dell'assegno divorzile debbano essere valutati anche in rapporto alla “durata del matrimonio, ed evidenziando come in tale dizione non possa non rientrare anche il più o meno lungo periodo di convivenza more uxorio vissuto dalla coppia prima di legalizzare l'unione.

Osservazioni

Con le indicate pronunce la giurisprudenza di legittimità ha cominciato ad attribuire piena dignità alla famiglia di fatto che, ove stabile e duratura, va – come rimarcato nella motivazione della predetta ordinanza n. 28995/2020- ad annoverarsitra le formazioni sociali in cui l'individuo libero e consapevole nella scelta di darvi corso, svolge, ex art. 2 Cost., la sua personalità “(si veda sul punto Cass. civ., 3 aprile 2015 n. 6855 ripresa nelle sue affermazioni da Cass. 8 febbraio 2016 n. 2466, nonchè Cass. 12 novembre 2019 n. 29317 e Cass. 16 ottobre 2020 n. 22604). Comincia, pertanto, ad essere legittimato e trasfuso nelle pronunce giurisprudenziali quel fenomeno di costume sempre più radicato nell'odierna società che vede crescere in maniera esponenziale i legami di fatto, intesi come formazioni familiari e sociali di pari dignità rispetto a quelle matrimoniali. Già negli anni precedenti la Corte di Cassazione ha iniziato quell'opera di adeguamento delle non sempre attuali norme della legge 898/1970 ai mutamenti della società in ambito familiare : si pensi ad esempio alla già illustrata funzione compensativa dell'assegno divorzile, scaturita dall'esigenza di adeguare tale obbligazione all'evoluzione della società e di andare oltre la mera funzione assistenziale, ormai anacronistica in un contesto sociale in cui l'indissolubilità del matrimonio e del conseguente vincolo assistenziale non è più un concetto profondamente radicato, attribuendo allo stesso un valore di giusta compensazione per il coniuge che si sia sacrificato per il benessere della famiglia e del consorte. Con l'ordinanza qui esaminata la Suprema Corte continua la sua opera di adeguamento delle ultracinquentannali norme in materia divorzile ai nuovi costumi ed esigenze della società contemporanea, partendo dal predetto riconoscimento di pari dignità sociale tra l'unione di fatto e quella matrimoniale per decretare l'impossibilità di mantenere coerentemente una distinzione tra la durata legale del matrimonio e dell'antecedente convivenza more uxorio ai fini della determinazione dell'assegno divorzile.

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