Riforma del processo penale telematico: atti e udienza a distanza
23 Gennaio 2023
I criteri direttivi della legge delega
L'art. 1, comma 8, lett. c), della legge n. 134 del 2021, fissando i criteri direttivi della disciplina delegata, ha stabilito che essa deve “individuare i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all'atto del procedimento o all'udienza possa avvenire a distanza”. Questa disposizione è stata interpretata escludendo che essa richiedesse: a) di disciplinare le ipotesi di integrale “dematerializzazione” dell'udienza, in particolare prevedendo che essa possa essere celebrata in un ambiente totalmente virtuale, gestito dal giudice e dai suoi ausiliari da un luogo diverso dall'aula di udienza; b) di intervenire, per modificarne il regime di ammissione e assoggettarlo al consenso delle parti, sulle ipotesi di partecipazione alle udienze a distanza e di esame a distanza già previste dalle disposizioni di attuazione del codice di rito (artt. 45-bis, 134-bis, 146-bis, 147-bis e 205-ter disp. att. c.p.p.).
La partecipazione a distanza del detenuto al processo nel periodo della pandemia
La legge delega ha inteso fare tesoro dell'esperienza che è stata maturata durante il periodo pandemico, sulla quale appare utile ritornare. L'art. 23, comma 4, del d.l. n. 137 del 2020, ha disciplinato la partecipazione a distanza “a qualsiasi udienza” delle persone “detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate”, riproducendo una disposizione introdotta per la prima volta dall'art. 83, comma 12, del d.l. n. 18 del 2020. Si tratta della prima misura prevista dal legislatore per consentire la prosecuzione dell'attività giudiziaria in sicurezza nel periodo emergenziale, arco temporale originariamente compreso dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, poi come è noto prorogato (sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma, si veda l'art. 7, comma 1, del d.l. 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla L. 16 settembre 2021, n. 126, e, successivamente, l'art. 16, comma 1-bis, D.L. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15, con cui è stato disposto l'art. 23, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo penale, continua ad applicarsi fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19; il decreto-legge n. 24 del 24 marzo 2022 ha fissato al 31 marzo 2022 la chiusura dello stato di emergenza dichiarato il 31 gennaio 2020 per contrastare la diffusione dell'epidemia da Covid-19).
La partecipazione “mediante videoconferenza o collegamento da remoto” è stata stabilita come regola nel caso di soggetti detenuti o sottoposti a misura di sicurezza custodiale. Il solo limite è stato rappresentato dalla materiale impossibilità tecnica (“ove possibile”). Essa, dunque, ha costituito una deroga alla tassativa tipologia di casi per i quali l'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. già prevedeva la partecipazione a distanza al giudizio, la quale è stata rivolta alle sole categorie di soggetti indicati, che debbano prendere parte, non necessariamente come imputati, “a qualsiasi udienza” e non solo a quelle dibattimentali. Secondo l'art. 23, comma 4, d.l. cit., inoltre, le previgenti disposizioni in tema di partecipazione a distanza al dibattimento di cui all'art. 146-bis, commi 3, 4 e 5, disp. att. cod. proc. pen. sono applicabili nel periodo emergenziale “in quanto compatibili”. In tal modo si è inteso assicurare un margine di elasticità sulle formalità da adottare per tener conto, per quanto è possibile, delle peculiarità del mezzo tecnico utilizzato. La norma, peraltro, ha imposto il rispetto di un nucleo essenziale di garanzie irrinunciabili. Esse riguardano l'uso di modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto; l'utilizzo di una modalità che permetta, nei processi cumulativi, a ciascuno dei detenuti di vedere ed udire gli altri; la possibilità per il difensore di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato, mentre, se presente nell'aula di udienza, di consultarsi riservatamente con l'imputato collegato da remoto. Secondo la giurisprudenza di legittimità, la violazione del diritto dell'indagato di partecipare, sia pure a mezzo di videoconferenza, all'udienza camerale, fissata nelle forme dell'art. 127 c.p.p., integra una nullità assoluta, allorché la richiesta di presenziare sia pervenuta in tempo utile per predisporre i necessari collegamenti audiovisivi (Cass. sez. 6, 19 novembre 2020, n. 2213, relativa ad una fattispecie in cui la richiesta di partecipare era stata presentata nove giorni prima dell'udienza).
Anche in questa ipotesi, infatti, può trovare applicazione l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui la mancata traduzione all'udienza camerale d'appello dell'indagato, che si trovi detenuto o soggetto a misure limitative della libertà personale e che abbia tempestivamente manifestato in qualsiasi modo la volontà di comparire, determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento (cfr. Cass. sez. un. 24 giugno 2010, n. 35399).
L'art. 23, comma 5, del d.l. n. 137 del 2020 ha previsto che possono essere tenute mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia le udienze penali che non richiedono la partecipazione:
Questa disposizione, dunque, ha assicurato in epoca di pandemia la possibilità di trattazione a distanza, in un luogo virtuale, non precludendo scelte diverse (in particolare, la trattazione “a porte chiuse” ex art. 472, comma 3, c.p.p.). Le disposizioni di cui alla norma citata si applicavano, “qualora le parti vi acconsentano, anche alle udienze preliminari e dibattimentali”. Questa norma, dunque, ha fissato la regola per la quale la trattazione a distanza delle udienze preliminari e dibattimentali presuppone il consenso delle parti (fermo restando che si deve trattare di udienze “che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice”). La norma, però, ha disciplinato dei casi di esclusione assoluta della trattazione a distanza. Infatti, restava esclusa, in ogni caso, l'applicazione delle disposizioni del presente comma alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle ipotesi di cui agli artt. 392, 441 e 523 c.p.p. L'esclusione del ricorso al processo a distanza è stata prevista inderogabilmente (“resta esclusa in ogni caso”), anche ove intervenisse il consenso delle parti. Residuava, pertanto, uno spazio per lo svolgimento del giudizio dibattimentale da remoto con imputati liberi alquanto limitato. Le sole udienze che potevano essere svolte, per giunta con il consenso delle parti, difatti, sono quelle dedicate alla costituzione delle parti, alle questioni preliminari, alla ammissione delle prove e, forse, al mero conferimento di incarichi peritali (oltre che quelle di mero rinvio o quelle, talvolta previste da alcuni protocolli tra le parti in certe sedi giudiziarie, di “mero smistamento”).
Il legislatore emergenziale, dunque, ha recepito l'approccio critico circa la possibilità di trattazione del giudizio dibattimentale a distanza persino nel periodo emergenziale, ritenendo che essa determini una inaccettabile lesione dell'oralità e dell'immediatezza del giudizio. Il secondo periodo dello stesso art. 23, comma 5, del d.l. n. 137 del 2020 ha stabilito che “lo svolgimento dell'udienza avviene con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti”. Questa norma ha imposto al giudice di accertarsi che sia sempre attivo il collegamento con la postazione remota delle parti, essendo comunque tenuto alla rinnovazione degli atti qualora tale collegamento non fosse stato in concreto idoneo a permettere l'interlocuzione ai soggetti del giudizio.
L'art. 8 del d.lgs. n. 150 del 2022, facendo tesoro dell'esperienza maturata nel periodo della pandemia, ha attuato la previsione della legge delega, introducendo nel nuovo titolo II-bis del libro II del codice di rito una disciplina generale della partecipazione a distanza contenuta nei nuovi artt. 133-bis e 133-ter c.p.p. Allo stesso tempo, lo stesso decreto legislativo ha disciplinato ulteriori casi in cui è consentito il ricorso alla partecipazione a distanza il cui presupposto specifico, a differenza dei casi già previsti dalle disposizioni di attuazione, invece, è il consenso o la richiesta delle parti.
La disciplina generale della partecipazione a distanza
La disciplina generale della partecipazione a distanza, applicabile anche nei casi già previsti dalle disposizioni di attuazione, è stata introdotta nel nuovo titolo II-bis del libro II del codice di rito ed è contenuta negli artt. 133-bis e 133-ter c.p.p.. Queste norme ricalcano sostanzialmente quanto già previsto da specifiche disposizioni attuazione già vigenti che sono state conseguentemente abrogate (artt. 146-bis, commi da 2 a 6, e 147-bis, comma 4, disp. att. cod. proc. pen.). Le nuove norme sono state introdotte nel codice di procedura penale a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150 del 2022, aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199. Il nuovo art. 133-bis c.p.p. stabilisce che, salvo che sia diversamente previsto, quando l'autorità giudiziaria dispone che un atto sia compiuto a distanza o che una o più parti possano partecipare a distanza al compimento di un atto o alla celebrazione di un'udienza si osservano le disposizioni di cui all'art. 133-ter c.p.p. La partecipazione a distanza, secondo quanto stabilisce l'art. 133-ter, comma 1, c.p.p., è disposta con decreto motivato dell'autorità giudiziaria. Se il decreto non è emesso in udienza, va notificato o comunicato alle parti unitamente al provvedimento che fissa la data per il compimento dell'atto o la celebrazione dell'udienza almeno tre giorni prima di tale data. Il caso della omessa o tardiva comunicazione alle parti e ai difensori del decreto che dispone il collegamento a distanza può essere affrontato attingendo all'elaborazione giurisprudenziale sull'art. 45-bis, comma 2, disp. att cod. proc. pen. che, quanto al procedimento in camera di consiglio, prevedeva che la partecipazione a distanza dovesse essere comunicata o notificata dal giudice o dal presidente del collegio unitamente all'avviso di cui all'art. 127 c.p.p. e cioè dieci giorni prima dell'udienza. Un indirizzo giurisprudenziale, al riguardo, ha sostenuto che l'omessa notifica al difensore dell'avviso concernente la partecipazione dell'indagato all'udienza camerale in videoconferenza integra una nullità di ordine generale a carattere intermedio, ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 180 c.p.p., che, ove tempestivamente eccepita, rende invalida l'udienza e tutti gli atti successivi, compreso il provvedimento decisorio del procedimento camerale, in quanto al difensore deve essere garantita la facoltà di essere presente nel luogo in cui ha sede il tribunale o, in alternativa, in quello dove si trova l'imputato (Cass., Sez. 1, 4 maggio 2005, n. 19872; Cass. Sez. 2, 26 marzo 2019 n. 19181).
Un diverso orientamento, invece, ha ritenuto che l'omessa comunicazione al difensore dell'avviso con cui viene disposta la partecipazione a distanza ai sensi degli artt. 45-bis disp. att. cod. proc. pen. integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, perché lesiva del diritto di assistenza, solo ove il difensore, nel formulare la relativa eccezione, rappresenti la necessità, nel caso concreto, di raggiungere personalmente o tramite sostituto il luogo di detenzione (Cass. Sez. 5, 23 luglio 2020 n. 25838). Un ulteriore indirizzo, infine, ha affermato che l'omessa notifica al difensore dell'avviso concernente le speciali modalità di svolgimento dell'udienza in videoconferenza non integra una nullità, ma una mera irregolarità, sanabile con la rinnovazione di tale avviso e la concessione di un termine idoneo a consentire al difensore di scegliere se raggiungere o meno il luogo ove è ristretto l'assistito (Cass. Sez. 1, 10 maggio 2017, n. 48423; Cass. Sez. 6, 19 novembre 2019, n. 51019).
L'art. 133-ter, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che, nei casi in cui è disposta la partecipazione a distanza, è attuato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza o l'ufficio giudiziario ed il luogo in cui si trovano le persone che compiono l'atto o partecipano all'udienza a distanza. Tale luogo, come già previsto dall'abrogato comma 5 dell'art. 146-bis, disp. att. cod. proc. pen., è equiparato all'aula di udienza. L'art. 133-ter, comma 3, cod. proc. pen. , invece, disciplina le necessarie garanzie che devono essere assicurate dal collegamento audiovisivo prevedendo, a pena di nullità, che questo sia attuato con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti all'atto o all'udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di esse di udire quanto viene detto dalle altre. Questa norma ripropone la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 342 del 1999. In tale pronuncia, la Corte, nel ritenere infondata la tesi secondo cui solo la presenza fisica nel luogo del processo potrebbe assicurare l'effettività del diritto di difesa, ha precisato che, ai fini della compatibilità costituzionale della disciplina in questione è, tuttavia, necessario che “sia garantita l'effettiva partecipazione personale e consapevole dell'imputato al dibattimento, e dunque che i mezzi tecnici, nel caso della partecipazione a distanza, siano del tutto idonei a realizzare quella partecipazione”. I successivi commi 4, 5 e 6 contengono una specifica disciplina del luogo da cui le persone che compiono l'atto o partecipano a distanza all'udienza devono collegarsi all'aula di udienza. L'art. 133-ter, comma 4, cod. proc. pen. dispone che, in linea generale, salvo che non siano sottoposte a misure limitative della libertà personale (nel qual caso opera il comma 5 della stessa norma) e salva specifica autorizzazione dell'autorità giudiziaria a collegarsi da un luogo diverso (ipotesi regolata dal comma 6 della stessa norma), le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza si collegano dall'ufficio giudiziario o di polizia giudiziaria, individuato dall'autorità giudiziaria ed attrezzato per il collegamento audiovisivo. L'art. 133-ter, comma 5, cod. proc. pen. fissa un'eccezione a tale regola generale, prevedendo che le persone detenute, internate o sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o fermo si collegano dal luogo ove si trovano. Lo specifico riferimento allo stato di detenzione o alla condizione di restrizione in carcere non sembrerebbe autorizzare una estensione della deroga anche ad altre ipotesi in cui l'interessato è soggetto a limitazioni di minore intensità della libertà personale, quali, ad esempio, gli arresti domiciliari o la detenzione domiciliare. In tal caso, salva specifica autorizzazione dell'autorità giudiziaria a partecipare da un luogo diverso (ad esempio quello degli arresti domiciliari), il soggetto dovrebbe collegarsi dall'ufficio individuato ai sensi dell'art. 133-ter, comma 4, cod. proc. pen. L'art. 133-ter, comma 6, c.p.p., invece, stabilisce che, sentite le parti, l'autorità giudiziaria può autorizzare le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello indicato nel comma 4. L'art. 133-ter, comma 7, c.p.p., con riferimento alla posizione dei difensori, analogamente a quanto già previsto dall'abrogato comma 4 dell'art. 146-bis, disp. att., prevede che questi si colleghino dai rispettivi uffici o da altro luogo idoneo, fermo restando il diritto degli stessi difensori e dei sostituti di essere presenti nel luogo in cui si trova l'assistito. Coerentemente con le indicazioni della giurisprudenza della Corte EDU in tema di equità del processo, si prevede, inoltre, che siano adottati strumenti tecnici idonei a garantire il diritto dei difensori e dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l'assistito. L'art. 133-terr, comma 8, c.p.p., conformemente a quanto già previsto dall'abrogato comma 6 dell'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen., prevede che un soggetto individuato tra gli ausiliari in servizio presso l'ufficio giudiziario attrezzato per il collegamento audiovisivo o un ufficiale di polizia giudiziaria designato tra coloro che non svolgono, né hanno svolto, attività di investigazione o di protezione nei confronti dell'imputato, è presente nel luogo ove si trovano le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza, ne attesta l'identità e redige verbale delle operazioni svolte. Quanto alla partecipazione a distanza della persona detenuta all'esterno, al fine di armonizzare le disposizioni previgenti in tema di partecipazione a distanza con la disciplina generale introdotta all'art. 133-ter c.p.p. è stato modificato il rinvio contenuto nell'art. 205-ter disp. att. c.p.p. sostituendosi il riferimento agli artt. 146-bis e 147-bis con il rinvio alla disciplina generale contenuta all'art. 133-ter c.p.p.
La disciplina specifica della partecipazione a distanza
L'art. 133-ter, comma 2, c.p.p. stabilisce che, nei casi in cui è disposta la partecipazione a distanza, è attuato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza o l'ufficio giudiziario ed il luogo in cui si trovano le persone che compiono l'atto o partecipano all'udienza a distanza. Tale luogo, come già previsto dall'abrogato comma 5 dell'art. 146-bis, disp. att. cod. proc. pen., è equiparato all'aula di udienza. L'art. 133-ter, comma 2, c.p.p., invece, disciplina le necessarie garanzie che devono essere assicurate dal collegamento audiovisivo prevedendo, a pena di nullità, che questo sia attuato con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti all'atto o all'udienza e ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti nei diversi luoghi e la possibilità per ciascuna di esse di udire quanto viene detto dalle altre. Questa norma ripropone la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 342 del 1999. In tale pronuncia, la Corte, nel ritenere infondata la tesi secondo cui solo la presenza fisica nel luogo del processo potrebbe assicurare l'effettività del diritto di difesa, ha precisato che, ai fini della compatibilità costituzionale della disciplina in questione è, tuttavia, necessario che “sia garantita l'effettiva partecipazione personale e consapevole dell'imputato al dibattimento, e dunque che i mezzi tecnici, nel caso della partecipazione a distanza, siano del tutto idonei a realizzare quella partecipazione”. I successivi commi 4, 5 e 6 contengono una specifica disciplina del luogo da cui le persone che compiono l'atto o partecipano a distanza all'udienza devono collegarsi all'aula di udienza. L'art. 133-ter, comma 4, c.p.p. dispone che, in linea generale, salvo che non siano sottoposte a misure limitative della libertà personale (nel qual caso opera il comma 5 della stessa norma) e salva specifica autorizzazione dell'autorità giudiziaria a collegarsi da un luogo diverso (ipotesi regolata dal comma 6 della stessa norma), le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza si collegano dall'ufficio giudiziario o di polizia giudiziaria, individuato dall'autorità giudiziaria ed attrezzato per il collegamento audiovisivo. L'art. 133-ter, comma 5, c.p.p. fissa un'eccezione a tale regola generale, prevedendo che le persone detenute, internate o sottoposte a custodia cautelare in carcere o ristrette in carcere a seguito di arresto o fermo si collegano dal luogo ove si trovano. Lo specifico riferimento allo stato di detenzione o alla condizione di restrizione in carcere non sembrerebbe autorizzare una estensione della deroga anche ad altre ipotesi in cui l'interessato è soggetto a limitazioni di minore intensità della libertà personale, quali, ad esempio, gli arresti domiciliari o la detenzione domiciliare. In tal caso, salva specifica autorizzazione dell'autorità giudiziaria a partecipare da un luogo diverso (ad esempio quello degli arresti domiciliari), il soggetto dovrebbe collegarsi dall'ufficio individuato ai sensi dell'art. 133-ter, comma 4, c.p.p.
L'art. 133-ter, comma 6, c.p.p., invece, stabilisce che, sentite le parti, l'autorità giudiziaria può autorizzare le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza a collegarsi da un luogo diverso da quello indicato nel comma 4. L'art. 133-ter, comma 7, c.p.p., con riferimento alla posizione dei difensori, analogamente a quanto già previsto dall'abrogato comma 4 dell'art. 146-bis, disp. att., prevede che questi si colleghino dai rispettivi uffici o da altro luogo idoneo, fermo restando il diritto degli stessi difensori e dei sostituti di essere presenti nel luogo in cui si trova l'assistito. Coerentemente con le indicazioni della giurisprudenza della Corte EDU in tema di equità del processo, si prevede, inoltre, che siano adottati strumenti tecnici idonei a garantire il diritto dei difensori e dei loro sostituti di consultarsi riservatamente tra loro e con l'assistito. L'art. 133-ter, comma 8, c.p.p., conformemente a quanto già previsto dall'abrogato comma 6 dell'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen., prevede che un soggetto individuato tra gli ausiliari in servizio presso l'ufficio giudiziario attrezzato per il collegamento audiovisivo o un ufficiale di polizia giudiziaria designato tra coloro che non svolgono, né hanno svolto, attività di investigazione o di protezione nei confronti dell'imputato, è presente nel luogo ove si trovano le persone che compiono l'atto o che partecipano all'udienza a distanza, ne attesta l'identità e redige verbale delle operazioni svolte.
Quanto alla partecipazione a distanza della persona detenuta all'esterno, al fine di armonizzare le disposizioni previgenti in tema di partecipazione a distanza con la disciplina generale introdotta all'art. 133-ter c.p.p. è stato modificato il rinvio contenuto nell'art. 205-ter disp. att. cod. proc. pen. sostituendosi il riferimento agli artt. 146-bis e 147-bis con il rinvio alla disciplina generale contenuta all'art. 133-ter c.p.p. Pertanto, “per quanto non espressamente disciplinato dagli accordi internazionali”, si applica la disciplina contenuta nell'art. 133-ter c.p.p. appena illustrata. Riferimenti
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