All'art. 68 del TUIR, in punto di determinazione del valore, viene aggiunto un nuovo comma 9-bis, per il quale le plusvalenze su cripto-attività sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito, ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate, e il costo o il valore di acquisto.
Viene altresì sancita la rilevanza delle minusvalenze, che vengono sommate algebricamente alle plusvalenze e, in caso siano superiori a queste ultime, per un importo superiore ai 2.000 euro, l'eccedenza è riportata in deduzione integralmente dall'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto.
Quanto agli acquisti per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione. Nel caso di acquisto per donazione si fa riferimento al costo del donante. Il costo o valore di acquisto va documentato, statuisce la novella, con elementi certi e precisi a cura del contribuente. In mancanza, il costo è pari a zero.
I proventi derivanti dalla detenzione di cripto-attività percepiti nel periodo d'imposta sono assoggettati a tassazione senza alcuna deduzione, così come avviene per (gli altri) redditi di capitale.
La quantificazione della base imponibile su cui applicare la tassazione risulta quindi da un confronto tra:
(i) il corrispettivo percepito nel caso di cessione ovvero il valore normale di quelle permutate
(ii) il costo o valore di acquisto, con la precisazione che, in caso di successione, rileva il valore definito o dichiarato in sede di successione e, nel caso di donazione, il costo per il donante.
L'onere di documentazione, invero non agevole da assolvere (soprattutto per quelle transazioni cosiddette “on-chain”, dove non vi è proprio documentazione) considerato anche il riferimento ad elementi certi e precisi, è, si diceva, in capo al contribuente. La puntualizzazione normativa, piuttosto penalizzante, per cui va considerato un costo pari a zero nel caso in cui non si riesca a documentare (discriminante, peraltro, anche rispetto alla previsione sui metalli preziosi, dove la plusvalenza è prevista pari al 25% del corrispettivo, e a quella sulle valute estere, dove viene utilizzata la media mensile più bassa nell'anno) va interpretata con ragionevolezza. In particolare, occorre ammettere il ricorso anche ad elementi presuntivi, e magari a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, per evitare di imporre una probatio diabolica.
Viene introdotta, anche per le criptovalute – altra circostanza qualificante rispetto all'equiparazione normativa alle attività finanziarie - la possibilità di optare per i tre diversi regimi della “dichiarazione”, del “risparmio amministrato” e del “risparmio gestito”.
L'opzione per il risparmio amministrato è riferita ai rapporti intrattenuti con gli operatori non finanziari di cui alle lettere i) e i-bis) del comma 5 dell'art. 3 del d.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ovvero i prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio digitale. Si tratta di un regime di tassazione applicato direttamente dall'intermediario, previsto dall'articolo 6 del d.Lgs. n. 461/97, che può essere utilizzato soltanto in caso di intermediario residente. Quando, invece, si opera, come nella maggior parte dei casi, con intermediario non residente, il regime del risparmio amministrato trova applicazione solo quando, alternativamente, l'intermediario non residente si sia identificato direttamente in Italia oppure abbia una stabile organizzazione nel nostro Paese.
È opportuno precisare che, con il regime del risparmio amministrato, non varia la percentuale di tassazione sulle plusvalenze, tuttavia il vantaggio è che la tassazione viene applicata e trattenuta dallo stesso intermediario. Ciò significa che il contribuente è esonerato dall'obbligo di includere i redditi diversi di natura finanziaria nella propria dichiarazione dei redditi derivanti dall'impiego di valute virtuali. Gli intermediari in cripto, in altre parole, vengono qui equiparati agli altri intermediari finanziari.
Nel caso di portafogli cripto integralmente minusvalenti, non v'è obbligo dichiarativo, tuttavia, può essere comunque opportuno compilare il Quadro RT del modello Redditi PF anche in caso di realizzazione di sole minusvalenze, vista la possibilità di riporto agli esercizi successivi.
Non sembra che le plusvalenze su cripto attività possano essere compensate con minusvalori su altri asset finanziari. Inoltre, pare assai problematico inserire nelle ipotesi di compensazioni eventuali minusvalori maturati su cripto-attività non finanziarie.