(1) Per i primi commenti sul
d.lgs n. 104 del 2022 si vedano, fra gli altri, F. Scarpelli, in Giustizia Civile.com “
Decreto Trasparenza: disciplinato il diritto del lavoratore (privato) a svolgere altra prestazione lavorativa”; L. Failla e P. Salazar, Guida al Lavoro, n. 40 del 14 ottobre 2022, “
Decreto trasparenza, obblighi informativi e trattamento dei dati personali”; M. Marucci, in Labor, 1° settembre 2022, “
Sulla moltitudine degli obblighi di informazione ai lavoratori introdotti con l'attuazione della normativa comunitaria relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili”; L. Valente, in lavoce.it, 22 agosto 2022, “
Il lavoro in UE: trasperente e prevedibile”.
(2) Il decreto legislativo prevede, in tal caso, come indicato dalla direttiva, un meccanismo di risoluzione rapida delle controversie mediante la possibilità di proporre di un tentativo di conciliazione ai sensi degli artt. 410 e 411 c.p.c. al collegio di conciliazione e arbitrato di cui agli artt. 412 412 ter c.p.c., nonché l'applicazione di una sanzione amministrativa da parte dell'Ispettorato Territoriale del lavoro a carico di coloro che abbiano adottato comportamenti di carattere ritorsivo o che comunque determinino degli effetti sfavorevoli nei confronti di coloro che abbiano presentato reclamo o proposto un ricorso, anche non in sede giudiziale, al fine di garantire il rispetto dei diritti previsti in capo al lavoratore dal decreto.
(3) Per praticità di lettura si riporta il testo della disposizione art. 14 d.lgs. n. 104/2022: “Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente e onere della prova.
1. Sono vietati il licenziamento e i trattamenti pregiudizievoli del lavoratore conseguenti all'esercizio dei diritti previsti dal presente decreto e dal decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, come modificato dal presente decreto. 2. Fatta salva la disciplina di cui all'articolo 2 della legge 15luglio 1966, n. 604, i lavoratori estromessi dal rapporto o comunque destinatari di misure equivalenti al licenziamento adottate nei loro
confronti dal datore di lavoro o dal committente possono fare espressa richiesta al medesimo dei motivi delle misure adottate. Il datore di lavoro o il committente fornisce, per iscritto, tali motivi entro sette giorni dall'istanza. 3. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5della legge 15luglio 1966, n. 604, qualora il lavoratore faccia ricorso all'autorità giudiziaria competente, lamentando la violazione del comma 1, incombe sul datore di lavoro o sul committente l'onere di provare che i motivi addotti a fondamento del licenziamento o degli altri provvedimenti equivalenti adottati a carico del lavoratore non siano riconducibili a quelli di cui al comma 1.”
(4) In questo senso si vedano, fra le altre, le sentenze della Corte di Giustizia 16 luglio 2020, C-658/18 UX (punti 88-94); 20 novembre 2018, C-147/17 Sindicatul Familia (punto 41; 26 marzo 2015, C-316/13 Fenoll (punto 25); 14 ottobre 2010, C-429/09 Union syndacale Solidaries (punto 29), nonché la più recente 7 aprile 2022, C.-236/20, RIDL, 2022, II, 482 con nota di B. De Mozzi.
(5) L'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia è stato recepito dalla Corte di Cassazione con la decisione del 20 luglio 2020 n. 15401. Nello stesso senso Trib. Napoli, 4 gennaio 2022, in RIDL, II, 195, con nota di R. Diamanti.
(6) Si vedano le menzionate decisioni dell'11 novembre 2015 nella causa 422/2014 e la successiva del 21 luglio 2017 nella causa C 429/2016.
(7) Sotto tale profilo si consideri come l'INPS, con le circolari n. 142 del 18 dicembre 2012 e 142 del 29 luglio 2015, interpretando le disposizioni di cui al d.lgs. n. 22 del 2015, abbia riconosciuto competere l'indennità NASPI, oltre che al lavoratore licenziato, al prestatore di lavoro che rifiuti un trasferimento ad oltre 50 chilometri di distanza o a una sede non raggiungibile in 80 minuti attraverso l'utilizzo di mezzi pubblici e che, per tale ragione, risolva il rapporto di lavoro. In tal modo equiparando, anche sotto questo profilo, la risoluzione del rapporto ad iniziativa del datore di lavoro a una rilevante modificazione di uno degli elementi essenziali del rapporto stesso quale la sede di lavoro, identificata appunto in un trasferimento ad oltre 50 chilometri.
(8) Com'è noto il testo originario dell'art. 2 della legge n. 6004/1966 non prevedeva la necessità di una contestale motivazione del licenziamento, ma la facoltà del lavoratore di richiedere, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso, i motivi del licenziamento, motivi che dovevano essere comunicati nei 7 giorni successivi. Il termine di 15 giorni per la richiesta potrebbe quindi ritenersi come termine ragionevole entro il quale la stessa deve essere inoltrata.
(9) E' noto come in ordine alla necessità o meno della motivazione, con riferimento al trasferimento del lavoratore, si era affermato in giurisprudenza un orientamento che riteneva il datore di lavoro tenuto, a pena di inefficacia del trasferimento stesso, a fornire la motivazione qualora il lavoratore la richiedesse, con un'applicazione analogica del disposto di cui all'art. 2 l. n. 604/1966 allora vigente. In questo senso Cass. 22 agosto 2013 n. 19425 e Trib. Milano 22 aprile 2016.
(10) Il riferimento è, fra l'altro, a Cass. 27 settembre 2018 n. 23338 citata nel testo e a Cass. n. 14206/13 nonché alle decisioni della Corte di Giustizia del 17 luglio 2008, C303/06 Colemann, del 10 luglio 2008 C-54/07 Feryn, del 16 luglio 2015 C-83/14 Chez).