Il delitto di “lesioni personali stradali gravi o gravissime”, di cui all'art. 590-bis c.p., è stato introdotto nel codice penale, accanto a quello di “omicidio stradale” (art. 589-bis c.p.), dalla l. 23 marzo 2016 n. 41.
La disposizione risulta articolata in 3 livelli sanzionatori di intensità a verificazione progressiva, in ragione del grado di colpa crescente attribuita su base presuntiva e predeterminata, a seconda della violazione della specifica norma di comportamento prevista dal titolo V C.d.S.; di talché, accanto all'ipotesi base, di cui al comma 1, si affiancano l'ipotesi lata, di cui ai commi 4 e 5, e l'ipotesi latissima, di cui ai commi 2 e 3.
La giurisprudenza
Stante il fatto che il riferimento alle lesioni gravi e gravissime determinate dalla violazione della disciplina della circolazione stradale è stato espunto dall'art. 590, per essere inserito in quello dell'art. 590-bis c. 1, si è posto il problema relativo alla qualificazione giuridica di tale nuova norma.
La questione non risponde soltanto a un'astratta esigenza dogmatico-accademica, ma assume rilevanza eminentemente pratica ai fini dell'individuazione del regime di procedibilità.
Infatti, laddove l'art. 590-bis c.p. dovesse essere qualificato quale autonoma fattispecie di reato - stante la mancanza di alcuna previsione in merito - sarebbe caratterizzato dalla procedibilità d'ufficio; diversamente, laddove dovesse essere configurato quale contenitore di un catalogo di circostanze aggravanti a efficacia speciale della fattispecie base di cui all'art. 590 comma 1 c.p., il delitto, ai sensi dell'ultimo comma di tale norma, sarebbe punibile a querela di parte.
A favore della prima soluzione milita, oltre che la rubrica della nuova legge “introduzione ... del reato di lesioni personali stradali” - recante anche un differente nomen juris - anche il fatto che l'art. 590-quater c.p. qualifica espressamente come circostanze solo le ipotesi recate dai commi da 2 a 6 dell'art. 590-bis c.p.
In tal senso, fin dall'inizio, oltre alla prevalente dottrina, si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. IV, 15 settembre 2017, n. 42346).
Restava, tuttavia, qualche perplessità circa la qualificazione in detti termini, da un lato, per il fatto che le lesioni lievi e lievissime, commesse con violazione della normativa sulla circolazione stradale, restano disciplinate dall'art. 590 c. 1 c.p., dall'altro, per la tecnica di formulazione della disposizione a causa della sua “specialità per specificazione” rispetto alla norma de qua.
In tal senso, certa giurisprudenza di merito (G.I.P. Milano, 4/5/2017) ha disposto l'archiviazione della notitia criminis in ordine al reato di cui all'art. 590-bis c.p., relativo a un'ipotesi di lesioni stradali con prognosi di 60 giorni, per difetto di querela. Dopo aver richiamato la nota giurisprudenza (Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002 n. 26351) concernente il tema del discrimen tra essentialia e accidentalia delicti, e ricordato che non può ritenersi rilevante il tenore della rubrica della norma, perché rubrica legis lex non est, il Giudice meneghino offre un approfondito esame della normativa, dalla quale si evincerebbero numerosi argomenti militanti a favore dell'opzione ermeneutica che «suggerisce di intendere l'art. 590-bis c.p. come un'elencazione di circostanze».
La complessa questione è stata definitivamente risolta in favore dell'autonomia del titolo di reato di cui all'art. 590-bis c.p. rispetto a quello di cui all'art. 590 c.p. (Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2018 n. 27425); immediata conseguenza è stata la consegna di migliaia di procedimenti penali per lesioni stradali, già sub condicio, alla competenza ex officio del Tribunale.
Le questioni di costituzionalità
Come noto, il comma 16 dell'art. 1 l. 23 giugno 2017 n. 103 aveva delegato il Governo ad adottare decreti legislativi per la “de-procedibilizzazione”, per quanto qui rileva, dei reati contro la persona puniti con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, a eccezione del caso in cui la persona offesa sia incapace per età o per infermità.
Sembrava, allora, che all'interno del perimetro di de-quotazione della procedibilità potesse rientrare appieno l'ipotesi base prevista dal comma 1 dell'art. 590-bis c.p. - che punisce con la reclusione da 3 mesi a 1 anno, le lesioni gravi e da 1 a 3 anni, quelle gravissime.
Tuttavia, con il d.lgs. 10 aprile 2018 n. 36 il legislatore delegato, ritenuto di equiparare la malattia allo stato di “incapacità” (art. 583 comma 1 n. 1), ostativo alla trasformazione ai sensi della delega, ha scelto di non procedere in tal senso.
Conseguentemente, ritenuto che l'incompleta e parziale inattuazione dei principi e criteri direttivi offerti dal legislatore delegante risultasse in grado di integrare un “eccesso di delega in minus”, è stata sollevata questione di costituzionalità tesa a operare una reductio ad legitimitatem del decreto legislativo.
Con sentenza n. 223/2019, la Consulta ha ritenuto la questione ammissibile. Nel merito, il Giudice delle leggi osserva che la formula utilizzata dal delegante circa l'eccezione relativa all'incapacità della persona offesa, risulta ambigua. La tutela rafforzata della procedibilità d'ufficio, nei confronti di chi risulti vulnerabile a causa della propria incapacità, ben può ricorrere anche nel caso di cui all'art. 590-bis c.p., dove le conseguenze pregiudizievoli per la salute possono rendere più difficoltosa l'iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni. D'altronde, la previsione della procedibilità a querela del delitto de quo, si sarebbe posta in contraddizione con la scelta compiuta appena due anni prima, di prevedere la procedibilità d'ufficio per tutte le ipotesi di lesioni stradali, in considerazione del particolare allarme sociale determinato dalle condotte da contrastare con la nuova incriminazione. In conclusione, la Corte ha ritenuto che il decreto legislativo abbia adottato una interpretazione non implausibile e non distonica rispetto ai criteri della legge delega.
Successivamente, il Giudice delle leggi con la sentenza n. 248/2020, nel dichiarare inammissibili e infondate analoghe questioni di costituzionalità, sottolineato come non possa negarsi «che quanto meno le ipotesi base del delitto di lesioni stradali colpose, previste dal primo comma dell'art. 590-bis c.p., appaiono normalmente connotate da un minor disvalore sul piano della condotta e del grado della colpa», ha sollecitato il legislatore a «una complessiva rimeditazione sulla congruità dell'attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall'art. 590-bis c.p.».
Il d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150
Recependo il monito della Consulta, l'art. 2 comma 1 lett. c) d.lgs. 150/2022, in ottemperanza al criterio di delega di cui all'art. 15 comma 1 lett. a) l. 134/2021, ha introdotto un comma 9 nell'art. 590-bis che rende il delitto procedibile a querela, a condizione che non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti, previste dai commi da 2 a 6.
Si tratta, in sostanza dell'ipotesi recata dal comma 1, che riguarda, a differenza delle altre, non solo i conducenti di veicoli a motore, ma “chiunque” violi le norme sulla disciplina della circolazione stradale, ivi compresi ciclisti, pedoni, ma anche i dirigenti degli enti proprietari o concessionari delle strade che, ai sensi dell'art. 14 C.d.S., devono provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.
D'altronde, a fronte di condotte consistenti in occasionali disattenzioni, in cui ci si può imbattere anche senza essere dei criminali incalliti, la persona offesa è spesso disinteressata alla punizione del responsabile, perché già risarcita dalle compagnie di assicurazione, di talché la pena diverrebbe inutile (oltre che disumana).
Si tratta, peraltro, di procedimenti che riguardano fatti frequentissimi, devoluti alla cognizione del Tribunale monocratico, e talvolta di difficile e complesso accertamento, avviati per applicare pene del tutto modeste e per lo più non eseguibili.
L'introduzione della procedibilità a querela costituisce, quindi, un fondamentale filtro in grado di portare il giudice penale a confrontarsi con quelle rare ipotesi (e.g. in caso di lesioni di particolare gravità, o di risarcimento non riconosciuto) in cui è realmente richiesto il suo intervento.
Rientra nella procedibilità a querela anche l'ipotesi attenuata prevista dal comma 7, che prevede la diminuzione di pena fino alla metà, qualora l'evento - secondo un rapporto di causalità materiale affievolita - “non sia di esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole”, mentre le ipotesi di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, espressamente qualificate come circostanze aggravanti dall'art. 590-quater c.p., rimangono procedibili d'ufficio.
La procedibilità a querela, in assenza di aggravanti, va infine tenuta ferma anche nell'ipotesi di pluralità di eventi lesivi, prevista dall'ottavo comma dell'art. 590-bis c.p., per il quale si applica la pena per la violazione più grave aumentata fino al triplo, entro la soglia massima di pena non superiore a 7 anni. Si tratta di un'ipotesi speciale di concorso formale di reati connotata, in deroga al sistema del cumulo materiale e giuridico di cui agli artt. 71 e ss. c.p., dall'unificazione quoad poenam dei singoli reati, i quali devono essere separatamente considerati, anche ai fini del regime di procedibilità a querela, che pertanto non viene meno in caso di pluralità di eventi lesivi (Cass. pen., sez. IV, 7 marzo 2017, n. 20340), sempre che non ricorra una o più delle predette circostanze aggravanti.