Prova digitale: la registrazione di conversazioni Whatsapp può costituire prova in dibattimento?

Redazione scientifica
26 Gennaio 2023

La Cassazione ritiene utilizzabili in giudizio, quali prove documentali, le registrazioni di una conversazione effettuate tramite WhatsApp, previo accertamento da parte del giudice della loro attendibilità e dell'assenza di manipolazioni.

La pronuncia trae spunto da una sentenza del Tribunale di Firenze che, in un processo avente ad oggetto una violenza sessuale, aveva reputato utilizzabile quale elemento di prova la registrazione effettuata dalla madre della presunta vittima di una conversazione avuta con l'imputato tramite WhatsaApp e trasmessa al P.M. spezzando a metà un file della durata complessiva di 4 ore.

Parte ricorrente afferma come, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la registrazione tramite WhatsApp possa costituire prova documentale ex art. 234 c.p.p. a condizione che vi sia l'acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente la registrazione, al fine di verificarne l'attendibilità, la provenienza e l'affidabilità (Cass. pen., sez. VI, 19 giugno 2017, n. 49016).

Nel caso di specie, non solo non vi era stata acquisizione, ma non era stato neanche possibile controllare l'integrità dei file, essendo questo frutto di un'attività di estrazione non monitorabile, effettuata da soggetti diversi. Né può costituire onere a carico della difesa l'acquisizione del file integrale a suo carico, secondo il principio per cui la colpevolezza può essere affermata solo “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

La Corte accoglie il ricorso, evidenziando la mancata acquisizione dei dispositivi fonte, l'assenza di perizia, la non corrispondenza tra la durata delle registrazioni e quella effettiva del colloquio. Evidenzia, soprattutto, come debbano essere effettuate differenti valutazioni per le registrazioni di conversazioni e le fotografie di messaggi quali elementi di prova: mentre, sull'utilizzo quale prova documentale delle fotografie (c.d. screenshot) delle conversazioni Whatsapp la giurisprudenza è concorde, pur dovendosi valutare sempre l'affidabilità della prova, sull'utilizzo delle registrazioni e delle trascrizioni di conversazioni vi sono numerose pronunce differenti.

In linea di principio, è pienamente utilizzabile la registrazione fonografica di una conversazione, svoltasi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un partecipante alla conversazione stessa, anche nel caso in cui la registrazione sia stata suggerita o richiesta dalla polizia giudiziaria, trattandosi di registrazione operata da un soggetto partecipe alla conversazione, ma estranea agli apparati investigativi, pienamente legittimata a testimoniare.

Vi è però anche una decisione della Cassazione che ritiene legittimo il provvedimento che rigetta l'istanza di acquisizione della trascrizione, in quanto, pur trattandosi della memorizzazione di un fatto storico (prova documentale ex art. 234 c.p.p.) la sua utilizzabilità è condizionata all'acquisizione del supporto telematico o figurativo contenente la relativa registrazione, con lo scopo di verificarne l'affidabilità, la provenienza e attendibilità (Cass. pen., sez. VI, 19 giugno 2017, n. 49016).

Altre pronunce sottolineano come la necessità dell'acquisizione del supporto telematico o figurativo debba essere valutata in concreto, tenendo conto della credibilità della persona offesa e dell'attendibilità delle sue dichiarazioni (Cass. pen., sez. V, 6 ottobre 2021, n. 2658). Oppure che, nel caso in cui venga accertata la manipolazione effettuata sulla registrazione, sia necessaria una valutazione specifica della sua capacità probatoria, sempre alla luce dell'attendibilità della persona offesa e alle ragioni della manipolazione.

La Cassazione, nel caso di specie, ritiene preferibile questo secondo orientamento dal momento che la categoria dell'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge è tassativa e le registrazioni di conversazioni effettuate da uno degli interlocutori possono ben costituire fonte di prova, di cui valutare l'affidabilità in concreto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso (art. 192 c.p.p.)

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