Recupero dei crediti d'imposta non spettanti: alle Sezioni Unite la soluzione dei dubbi sui termini di decadenza dal potere di accertamento

Aldo Natalini
31 Gennaio 2023

La Sezione tributaria della Cassazione, rilevato un persistente contrasto giurisprudenziale al proprio interno con riguardo ai termini per il recupero dei crediti d'imposta non spettanti (se seguono le regole ordinarie o gli otto anni previsti per quelli inesistenti) trasmetteva gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione per la rimessione alle Sezioni unite.
Massima

In tema di recupero di credito d'imposta vantato ex art. 8 della L. n. 62/2001, va rimessa alle Sezioni Unite civili della Cassazione la risoluzione della questione - oggetto di contrasto giurisprudenziale - se, ai fini dell'applicazione del termine di decadenza ottennale previsto dall'art. 27, comma 16, del D.L. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2/2009, anche alla luce delle successive riforme e, in particolare, dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997, introdotto dall'art. 15 del d.Lgs. n. 158/2015, rilevi o meno la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente, con la conseguenza che, dovendo intendersi con tale ultima espressione solo il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è “reale”) e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972, in caso di credito “non spettante” debba trovare invece applicazione il più ridotto termine di decadenza quadriennale ex art. 43 del d.P.R. n. 600/1973.

Il caso

Una società tipografica specializzata nel “roto-offset” acquistava due macchine rotative da utilizzare in via esclusiva per la produzione di prodotti editoriali in lingua italiana, beneficiando così del credito d'imposta di cui alla L. n. 62/2001. Successivamente, avendo impiegato dette rotative anche per altri prodotti editoriali non in lingua italiana, veniva dichiarata decaduta dal beneficio.

L'Ufficio emetteva quindi avviso di accertamento per gli anni di imposta 2006 e 2007 con recupero, per intero, del credito d'imposta fruito.

La società impugnava l'atto ma restava soccombente in entrambi i gradi di merito.

I giudici regionali, in particolare, respingevano l'appello della contribuente evidenziando anzitutto che il Mise aveva disconosciuto l'agevolazione e che le rotative acquistate non erano state utilizzate per intero per la produzione editoriale in lingua italiana, con conseguente decadenza dal diritto all'agevolazione.

Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la società contribuente che, tra le varie doglianze, invocava la decadenza quadriennale dai poteri di accertamento, versandosi al più in ipotesi di credito fiscale “non spettante” (e non già di credito “inesistente”), alla luce di un recente filone giurisprudenziale inaugurato da Cass., Sez. 5, n. 34444/2021; deduceva, altresì, la spettanza del credito di imposta in contestazione poiché i macchinari acquistati erano stati effettivamente utilizzati in conformità al finanziamento mentre tra i motivi di revoca – tassativamente individuati all'art. 3 del D.P.C.M. n. 143/2002 – non rientrerebbe l'uso parzialmente diverso dei beni acquistati; in ogni caso, la revoca avrebbe dovuto disporsi in proporzione all'agevolazione concessa e non spettante, non già per intero.

La questione

In tema di compensazione di crediti fiscali non spettanti, ai fini del risolvendo contrasto giurisprudenziale viene in rilievo la questione dei termini di decadenza dal potere di accertamento in ragione del distinguo tra credito d'imposta inesistente e credito d'imposta non spettante:

  • nel primo caso, troverebbe applicazione l'art. 27, comma 16, del d.l. n. 185/2008, secondo il quale per la riscossione di crediti inesistenti, utilizzati in compensazione, l'atto di recupero deve essere notificato entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo;
  • nel caso, invece, di credito non spettante, in tutto o in parte (come nel caso di specie), il riferimento normativo è quello di cui all'art. 1, comma 4, del D.P.C.M. n. 143/2002 e, quindi, si renderebbe applicabile l'art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973, con conseguente indicazione del termine di decadenza entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Le soluzioni giuridiche

Sulla questione della decadenza dai poteri di accertamento dell'Amministrazione finanziaria in tema di crediti di imposta non spettanti si registrano due filoni giurisprudenziali.

L'orientamento tradizionale maggioritario (nel solco di Cass., Sez. 5, n. 10112/2017; Cass., Sez. 5, n. 19237/2017, Cass., Sez. 5, n. 24093/2020; Cass., Sez. 5, n. 354/2021; Cass., Sez. 5, n. 31419/2022) non distingue affatto tra credito “non spettante” e credito “inesistente” reputando applicabile, indifferentemente, il (maggior) termine di decadenza di otto anni, nel rilievo – riaffermato anche da ultimo – che «l'art. 27, comma 16, del D.L. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 2/2009, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d'imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l'“inesistenza” del credito a categoria distinta dalla “non spettanza” dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico-giuridico), ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l'investimento che ha generato il credito d'imposta, indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 per il comune avviso di accertamento». (così Cass., Sez. 5, n. 25436/2022: fattispecie in cui la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva distinto, ai fini dell'individuazione del termine entro il quale notificare l'atto di recupero, tra crediti inesistenti e crediti non spettanti, applicando il termine ordinario di decadenza di cui all'art. 57 del d.P.R. n. 633/1972 in luogo di quello di cui all'art. 27 cit.; in senso conforme, Cass., Sez. 5, n. 31419/2022).

Secondo un filone più recente rimasto minoritario (e richiamato, nella specie, dalla società contribuente), in tema di compensazione di crediti fiscali l'applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall'art. 27, comma 16, D.L. n. 185/2008, convertito, con modificazioni, in L. n. 2/2009, presuppone l'utilizzo non già di un mero credito “non spettante”, bensì di un credito “inesistente”, per tale ultimo dovendo intendersi il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli formali di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972» (così Cass., Sez. 5, n. 34444/2021).

Questo indirizzo – non recepito dalla giurisprudenza più recente e ripreso, da ultimo, unicamente da Cass., Sez. 5, n. 31429/2022 – propone un'interpretazione adeguatrice dell'originario tessuto normativo, letto alla luce delle successive riforme e sostiene che, nel contesto della rideterminazione del quadro sanzionatorio circa l'indebita compensazione di crediti, rileva il “nuovo” art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997 (introdotto dall'art. 15 del D.Lgs. n. 158/2015) il quale si spinge dettare la definizione normativa di credito “inesistente”, in una dimensione – anche fenomenicamente – priva di elementi giustificativi, se non anche con connotazioni di fraudolenza (come pure può evincersi dal contenuto della Relazione illustrativa al D.L. n. 185/2008), tale essendo il credito fiscale che non è “reale” (o “non vero”), ossia quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli automatizzati sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso o in possesso dell'anagrafe tributaria.

Osservazioni

Le Sezioni Unite civili sono chiamate a stabilire se i termini per il recupero dei crediti non spettanti seguono le regole ordinarie decadenziali o gli otto anni previsti per quelli inesistenti.

Peraltro, l'interpretazione che sarà resa è destinata ad incidere sulla prassi degli Uffici perché molti atti di recupero emessi negli anni scorsi (soprattutto in materia di crediti ricerca e sviluppo) sono riferiti a crediti non spettanti (ancorché sanzionati come crediti inesistenti) ed il Fisco fa riferimento per lo più al termine ottennale, piuttosto che al termine ordinario decadenziale.

Laddove il massimo Consesso di legittimità dovesse optare, in ipotesi di credito “non spettante” (in tutto o in parte), per l'applicazione del termine di decadenza quadriennale in applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 4, del D.P.C.M. n. 143/2002 e 43, comma 1, del d.P.R. n. 600/1973, detto (minor) termine di cui si avvantaggerebbe il contribuente potrebbe essere raddoppiato (4+4) solo in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza (cfr. Cass. n. 22337/2018; Cass. n. 11620/2018; Cass. n. 26037/2016; Cass. n. 16728/2016; Cass. n. 11171/2016; Cass. n. 22587/2012), in tal caso ricollegandosi il raddoppio dei termini di decadenza alla non immediata riscontrabilità da parte del fisco, mediante i controlli formali o automatizzati, del carattere indebito della compensazione, la maggior durata giustificandosi, all'evidenza, solo per i casi in cui sia necessaria una più complessa attività istruttoria.