La causa in oggetto veniva promossa con riferimento alla successione di Tizio, il quale aveva disposto dei propri beni con testamento, nominando erede la moglie Tizia e lasciando alle due figlie Caia e Sempronia la sola quota di riserva. Caia conveniva in giudizio la sorella, in contraddittorio con la madre, chiedendo la riduzione delle donazioni fatte in vita dal padre in favore di Sempronia.
Il Tribunale, dopo aver accertato l'entità dei beni relitti e dei beni donati, stabiliva la misura della quota di riserva e conseguentemente riconosceva all'attrice il diritto di incamerare la totalità dei beni relitti, condannando la donataria convenuta in riduzione a corrispondere, per equivalente, quanto ancora necessario per eguagliare la quota di riserva dell'attrice.
La Corte di Appello, nel confermare la decisione del Tribunale, riteneva tra l'altro inammissibile la produzione di nuovi documenti da parte dell'appellante, riconoscendo insussistente il requisito della non imputabilità della mancata produzione nel giudizio di primo grado, ex art. 345 c.p.c., e sottolineando che tali documenti, peraltro, non sarebbero stati utilizzabili per la ricostruzione del relictum.
Sempronia quindi ricorreva in Cassazione; con il primo motivo di ricorso sosteneva che la Corte di Appello aveva valutato l'inammissibilità delle nuove produzioni documentali in applicazione del testo attuale dell'art. 345 c.p.c., mentre avrebbe dovuto applicarsi il testo previgente, ratione temporis, che consentiva la produzione in appello dei documenti ritenuti indispensabili ai fini della decisione. Sempronia aveva interesse a far risultare una maggiore consistenza dei beni relitti in modo da circoscrivere l'esistenza della lesione cagionata dalle donazioni, ovvero a far emergere l'esistenza di altre eventuali donazioni in guisa da circoscrivere la riducibilità delle proprie.
La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione, in accoglimento del primo motivo. Ha quindi affidato al giudice del rinvio il compito di esaminare le nuove produzioni, alla luce del testo previgente dell'art. 345 c.p.c., per verificare se esse fornivano la prova di nuovi cespiti da includere nella riunione fittizia, al fine di poter ricalcolare la quota di riserva dell'attrice, consentendo il recupero di quanto occorrente a reintegrare la sua quota riservata in primo luogo sul relictum e poi tramite riduzione delle donazioni fatte alla sorella. All'uopo, la Corte ha precisato che queste ultime dovranno essere aggredite soltanto al netto di quanto la legittimaria avrebbe avuto diritto di prendere sulle donazioni eventualmente più recenti che – per scelta dell'attrice – non sono state attaccate con l'azione di riduzione.
La Suprema Corte, che sottolinea diverse criticità nel percorso argomentativo dei giudici di primo e secondo grado, trova anche occasione per ritornare sul tema della differente modalità della riduzione delle liberalità dirette ed indirette, riconfermando l'indirizzo risalente alla pronuncia della Cass. n. 11496/2010, che aveva subito un breve arresto con la sentenza n. 4523/2022.