Il Codice della crisi e l'autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori nel concordato preventivo

Mariacarla Giorgetti
01 Febbraio 2023

L'articolo si sofferma sul pagamento dei creditori anteriori nel concordato preventivo come regolato nel Codice della crisi d'impresa: muove dalla disciplina prevista nel vigore della legge fallimentare ed evidenzia come dall'ultima novella legislativa risulti confermata una differenza tra le due tipologie di concordato, conseguenza della disciplina del pagamento dei crediti anteriori al concordato stesso.
Il pagamento dei debiti pregressi nel vigore della legge fallimentare

Nel vigore della sola legge fallimentare l'assetto legislativo prevedeva che, fermi restando i crediti posteriori all'apertura del concordato preventivo, rispetto ai quali il debitore conserva l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa, per quelli sorti anteriormente al decreto di apertura della procedura il debitore non avrebbe potuto pagarli prima dell'omologazione. Ciò in considerazione del fatto che i pagamenti, se, da un lato, rappresentano una forma di adempimento alle obbligazioni comunque gravanti sul debitore, dall'altro, avrebbero potuto provocare un vulnus al rispetto del principio della par condicio creditorum, che pure necessita di essere preservato in simili circostanze.

La ratio alla base, quindi, è quella di tutelare i creditori a fronte del compimento, da parte del debitore, di operazioni potenzialmente pregiudizievoli per il patrimonio, tali da provocarne uno stato di dissesto irreversibile.

Si deve precisare che nella legge fallimentare non si rintraccia una norma che espressamente preveda un simile divieto.

Ciò nondimeno, esso è stato ricavato da parte della giurisprudenza dall'interpretazione dell'art. 168 l.fall. («Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore [al decreto] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore«) e, segnatamente, dal divieto che questa norma pone ai creditori di far luogo ad azioni esecutive: si riteneva, cioè, incoerente impedire al creditore di ottenere in via di esecutiva ciò che avrebbe potuto ottenere attraverso lo spontaneo adempimento da parte del debitore (cfr., per tutte, Cass. 12 gennaio 2007, n. 578, secondo la quale “l'art. 167 con la sua disciplina degli atti di straordinaria amministrazione comporta che il patrimonio dell'imprenditore in pendenza di concordato sia oggetto di un'oculata amministrazione perché destinato a garantire il soddisfacimento di tutti i creditori secondo la par condicio.

L'art. 168 nel porre il divieto di azioni esecutive da parte dei creditori, comporta implicitamente il divieto di pagamento di debiti anteriori perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata, possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento, essendo in entrambi i casi violato proprio il principio di parità di trattamento dei creditori. L'art. 184 ancora nel prevedere che il concordato sia obbligatorio per tutti i creditori anteriori, implica che non possa darsi l'ipotesi di un pagamento di debito concorsuale al di fuori dei casi e dei modi previsti dal sistema”).

Orbene, l'art. 168 l.fall. non prevedeva alcuna possibilità di deroga, nemmeno attraverso un'autorizzazione del giudice (cfr., ex multis, Trib. Modena 24 febbraio 2014: “I debiti sorti prima dell'apertura della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell'art. 168 l. fall., non sono mai estinguibili al di fuori del concorso, sicché dal mancato pagamento di essi non possono conseguire effetti di tipo sanzionatorio, ancorché previsti da norme di diritto pubblico, dovendo a tal fine valutarsi il comportamento tenuto dal debitore con riguardo alla intenzionalità dell'inadempimento, correlata alla situazione di giuridica impossibilità di esecuzione del pagamento”), eccezion fatta per un'ipotesi, peraltro di rigida applicazione, quale è quella disciplinata dall'art. 182-quinquies l.fall. (che richiama alla mente l'ipotesi di cui all'artt. 18 D.Lgs. n. 170/99, in materia di amministrazione straordinaria, che subordina i pagamenti di crediti anteriori, successivamente alla dichiarazione dello stato d'insolvenza, all'autorizzazione del G.D.).

Tale disposizione prevede, invero, un'eccezione comunque giustificata dalla necessità di consentire la prosecuzione dell'attività aziendale. In particolare, previa autorizzazione del Tribunale, si prevede, per l'ipotesi di concordato con continuità aziendale (rispetto al quale si veda ora l'art. 84 CCI), la possibilità di pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, a condizione che un professionista qualificato attesti il carattere essenziale di tali operazioni al fine della prosecuzione dell'attività di impresa e al soddisfacimento dell'interesse dei creditori. Si intendono per tali tutte quelle ipotesi in cui consentire il pagamento del debito pregresso risulti comunque funzionale alla prosecuzione dell'attività (cfr. Trib. Bergamo 18 marzo 2019, con nota di F. CLEMENTE, T. FUMAGALLI, Concordato in bianco e autorizzazione al pagamento di debiti pregressi: essenzialità ad ampio raggio, in questo portale): esemplificando, tutte quelle situazioni in cui il mancato pagamento potrebbe avere effetti negativi sull'attività aziendale e quindi sul soddisfacimento dell'interesse dei creditori (pressocché analoga è la deroga – in quanto veniva interpretata come richiedente il requisito della “essenzialità” – ex D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in L. 21 febbraio 2014, n. 9, sempre relativa alle ipotesi di procedure in continuità aziendale, la quale, intervenendo sull'art. 118, comma 3-bis, D.Lgs. 163/2006, c.d. Codice dei contratti pubblici, aveva introdotto la possibilità per la stazione appaltante di effettuare, previa autorizzazione del tribunale, i pagamenti per le prestazioni eseguite dai subappaltatori anche per i contratti di appalto ancora in essere nel vigore di una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale).

D'altra parte, se, sotto tale profilo, tale eccezione può considerarsi idonea a ricomprendere un ventaglio ampio di situazioni, a fare da contraltare, e dunque a limitarne l'ambito applicativo a priori, è il suo essere comunque circoscritta al solo caso di concordato in continuità aziendale, restandone, quindi, escluse le ipotesi di liquidazione in senso stretto (cfr., ex plurimis, D. FINARDI, G. SANDRINI, La deroga alla par condicio creditorum nel concordato in continuità aziendale: il pagamento di debiti pregressi, in Il caso.it, 2015, 9), sul presupposto che, nel caso di concordato in continuità aziendale, la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, così come il rischio di impresa, restano in capo al debitore.

L'autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori nel CCI

L'art. 100 CCI, appunto rubricato “Autorizzazione al pagamento dei debiti pregressi”, ha recepito l'ipotesi di deroga al divieto posto originariamente dall'art. 168 l.fall., prevedendo che, previa autorizzazione del tribunale, pena l'inefficacia dell'operazione (cfr. Trib. Lucca 27 gennaio 2017, n. 216, secondo cui in caso di concordato preventivo sfociato in fallimento il curatore può ottenere la declaratoria di inefficacia del pagamento non autorizzato di un credito sorto anteriormente al deposito del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo.

V. anche Trib. Padova, 4 luglio 2013, secondo cui è da sanzionarsi con la revoca dell'ammissione alla procedura il debitore che abbia effettuato un uso distorto “dello strumento concordatario e degli effetti protettivi collegati al deposito della domanda, dal momento che il divieto di azioni esecutive e cautelari, che serve ad assicurare all'imprenditore il tempo necessario per approntare un piano ragionevole e fattibile per il superamento della crisi, viene invece utilizzato per soddisfare a suo piacimento alcuni suoi creditori a discapito degli altri”), il debitore, con la domanda di accesso alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, può chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare i crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi.

La norma vuole porsi in linea di continuità con la legge fallimentare, valorizzando la deroga al principio della par condicio creditorum di cui già all'art. 182-quinquies l.fall. (eppure si legge nella relazione illustrativa al decreto che la norma “autorizza un vulnus al principio della par condicio creditorum giustificato dall'opportunità di consentire al debitore di indurre i fornitori strategici di beni e servizi indispensabili per la gestione dell'impresa, che potrebbero legittimamente rifiutarsi di aderire alla richiesta di ulteriori forniture, con la prospettiva di ottenere anche l'immediato e integrale pagamento di quelle pregresse”), tanto è vero che, anche in questo caso, il legislatore ha mantenuto il limite del concordato in continuità aziendale – perché solo in questo caso può sorgere la necessità di effettuare il pagamento di prestazioni “essenziali” per la continuazione dell'attività – e il riferimento alla “essenzialità” dell'operazione, appunto, debitamente attestata da un professionista, come requisiti di applicazione dell'istituto, salvo che si tratti di pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione successivo al soddisfacimento dei creditori.

In queste ipotesi, infatti, è escluso che vi possa essere un pregiudizio per i creditori e quindi viene meno la necessaria attestazione del professionista.

Ora, c'è da chiedersi se la norma debba intendersi in senso tassativo o se possa essere utilizzata anche al di là del caso di concordato in continuità aziendale e se possa trattarsi di pagamento a favore di creditori diversi da quelli espressamente indicati dalla norma (per un'interpretazione restrittiva Cfr. D. POSCA, J. V. D'AMICO, con il contributo di S. GAZHELI, A. FORMICOLA, L. POLITO, Le nuove procedure di gestione della crisi, 2020).

In realtà, tale possibilità sarebbe da escludersi sulla base di un'interpretazione letterale della disposizione, che risulta alquanto specifica nel definire il proprio ambito di applicazione, considerato che è palese che il legislatore abbia subordinato il pagamento dei crediti pregressi alla presentazione della domanda di concordato preventivo solo in caso di continuità aziendale e in caso di prestazioni e servizi essenziali per l'impresa.

È appena il caso di ricordare come il primo comma dell'art. 100 CCI sia stato novellato dal d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83.

Infatti, mentre la precedente formulazione permetteva all'imprenditore di corrispondere, ai propri lavoratori dipendenti, unicamente il pagamento della retribuzione dovuta per l'ultima mensilità antecedente al deposito della domanda di concordato, il nuovo testo legittima il pagamento di tutte le retribuzioni mensili dovute prima di tale data, così ampliando la protezione riconosciuta alla categoria dei crediti da lavoro dipendente (cfr. P. MORSELLI, G. NEBULONI, Effetti della presentazione della domanda di concordato preventivo, in Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, a cura di M. C. GIORGETTI, A. BONAFINE, III ed., Pisa, 2022, 206).

In ogni caso, sia tale fattispecie, sia quella disciplinata al comma secondo (in base al quale “Quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, la disciplina di cui al comma 1 si applica, in deroga al disposto dell'articolo 154, comma 2, al rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il tribunale lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. Il professionista indipendente attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori”. Essa è comunque subordinata al fatto che il debitore abbia versato la quota di capitale e interessi scaduta alla data di deposito della domanda di concordato o che sia già stato autorizzato dal tribunale in tal senso), sono subordinate alla previa autorizzazione da parte del Tribunale e all'intervento di un professionista qualificato, cui è demandato il compito di accertare possa l'essenzialità delle prestazioni e il carattere vantaggioso per la procedura.

Quanto al riferimento ai lavori dipendenti, si deve evidenziare come, accanto alla novellazione dell'art. 100 CCI, il legislatore sia altresì intervenuto sul disposto dell'art. 182-quinquies, comma 5,l.fall., di cui sopra, al fine di chiarie la sussumibilità nel concetto di “prestazioni di servizi” anche delle prestazioni dei dipendenti dell'imprenditore.

La norma prevede, infatti, che il tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni per le mensilità antecedenti “ai lavoratori addetti all'attività di cui è prevista la continuazione” [e pare pertinente segnalare la decisione del Tribunale Bergamo 8 settembre 2021, secondo la quale “Il mancato versamento dei contributi previdenziali dovuti per il periodo antecedente al deposito della domanda di concordato con previsione di continuità aziendale, anche in caso di ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., non preclude la possibilità di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del DURC “regolare” in relazione a tale periodo”.

La questione riguarda la possibilità, per il debitore che proponga domanda di concordato in continuità aziendale, di ottenere da parte degli enti previdenziali il rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva ( “DURC”). Esso attesta che il contribuente è in regola con il versamento dei contributi previdenziali, pur avendone omesso in tutto o in parte il versamento nel periodo antecedente al deposito della domanda di concordato. Il problema si pone perché il mancato versamento di contributi, di norma, osta al rilascio del DURC “regolare”, che invece è presupposto per la stipulazione di determinati contratti, come quello di appalto, con soggetti pubblici. Cfr. la decisione annotata da L. A. COSATTINI, Concordato in continuità: nulla osta al rilascio del DURC nonostante il mancato versamento di contributi pregressi, in questo portale, 20 dicembre 2021].

In realtà, l'intervento non appare cristallino, considerato che il legislatore non ha esplicitato se sia necessaria l'attestazione dell'essenzialità dell'operazione da parte del professionista, sulla stregua di quanto previsto per il pagamento dei creditori antecedenti per prestazioni di beni o servizi.

Tuttavia, a deporre in senso negativo è la sostanziale diversità tra l'attività lavorativa dei dipendenti e le “prestazioni di servizi” di cui trattasi: basti considerare che un fornitore, laddove non veda corrisposto il proprio onorario per prestazioni anteriori, potrebbe interrompere il servizio senza gradi ripercussioni, cosa che non può dirsi del lavoratore dipendente.

Quanto detto induce a ritenere che la essenzialità dell'operazione debba riguardare soltanto le prestazioni di servizi in senso stretto e che solo in questi casi sia necessaria l'attestazione del professionista qualificato (cfr. D. PORTINARO, L'autorizzazione al pagamento dei debiti pregressi nei confronti dei dipendenti, in questo portale, 16 novembre 2021).

Osservazioni conclusive

Da quanto sopra osservato emerge come dall'ultima novella legislativa derivi, anzi ne risulti confermata, una non trascurabile differenza tra le due tipologie di concordato, conseguenza della disciplina del pagamento dei crediti anteriori al concordato stesso.

Infatti, solo nel caso di concordato in continuità è ammesso il pagamento dei debiti pregressi, comunque subordinato all'autorizzazione del tribunale, alla essenzialità dell'operazione attestata dal professionista e, non ultimo, al vantaggio per i creditori, come identificato all'art. 84 nella “utilità specificamente individuata”, intendendosi con ciò non necessariamente un utile, ma quantomeno un migliore soddisfo conseguente dalla continuità dell'impresa (F. D'ANGELO, Il concordato con continuità aziendale nel nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza, in D.F., 2020, I, 22).

Deve invero osservarsi come le novità introdotte dal CCI, anche come novellato nel 2022, rispetto alla Legge fallimentare, non abbiano affatto stravolto la materia, presentandosi, invece, piuttosto marginali.

Diversamente, più significativa si presenta la modifica che solo indirettamente si riflette sulla disciplina del pagamento dei crediti anteriori, qual è quella dell'art. 84 CCI.

S'intende, cioè, che, pur non intervenendo direttamente sulla materia legata al pagamento di tali crediti, il CCI, essendo intervenuto sull'art. 84, in qualche modo interessa anche la disciplina relativa al pagamento di quei crediti: la norma precisa, infatti, che il vantaggio dei creditori può essere rappresentato dalla prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa, così mostrando di attribuire rilevanza anche a benefici indiretti derivanti dal risanamento dell'impresa (cfr. P. BOSTICCO, Le modifiche al concordato in continuità nel nuovo Codice della crisi alla luce del “decreto correttivo bis”, in questo portale, 16 giugno 2022) e, come si è detto, il “vantaggio” è uno tra i requisiti ai quali risulta subordinata – sempre nel concordato in continuità aziendale – la possibilità del pagamento dei crediti anteriori al concordato.

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