I richiamati sospetti di incostituzionalità gravitavano intorno alla delicata e mai del tutto sopita questione inerente all'incidenza della recidiva sul regime di procedibilità del delitto di truffa (sul tema, Melchionda, Recidiva e regime di procedibilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1987, 63). Questione alla “rivitalizzazione” della quale, nel caso di specie, avevano contribuito le modifiche normative intervenute in materia ad opera del d.lg. 10 aprile 2018, n. 36, nonché la successiva presa di posizione sull'argomento da parte delle sezioni unite della Cassazione (Cass. pen., sez. un., 24 settembre 2020, n. 3585, in C.E.D. Cass., rv.280262-01. Sulla sentenza: Ambrosetti, Recidiva e procedibilità d'ufficio: un'inattesa svolta delle Sezioni unite non esente da critiche, in Dir. pen. proc., 2021, 1324; Rocchi, La recidiva non è più una circostanza aggravante sui generis ai fini della procedibilità, in Giur. it., 2021, 1448).
Occorre, infatti, ricordare che, prima dell'intervento del d.lg. 10 aprile 2018, n. 36, l'art. 640, comma 3, c.p. prevedeva la procedibilità a querela del delitto di truffa, salvo che ricorresse una delle circostanze aggravanti descritte dal comma 2 dell'art. 640 c.p. o altra circostanza aggravante. E, come ricordato dal giudice a quo, nel vigore di tale formulazione della disposizione, la giurisprudenza di legittimità escludeva la recidiva dal novero delle circostanze in grado di modificare il regime di procedibilità.
In seguito, per effetto delle modificazioni avutesi ad opera dell'art. 8, d. lgs. 10 aprile 2018, n. 36, l'art. 640, comma 3, c.p., da una parte, teneva ferma la perseguibilità a querela della truffa e, d'altra parte, prevedeva la procedibilità d'ufficio nella ipotesi nella quale ricorresse una delle circostanze di cui al precedente capoverso o la circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 7, c.p. Ma l'art. 649-bis c.p., aggiunto dall'art. 11 del medesimo decreto, precisava che, per i fatti procedibili a querela previsti dagli artt. 640, comma 3, 640-ter, comma 4, e per i fatti di cui all'art. 646, comma 2, o aggravati dalle circostanze di cui all'art. 61, comma 1, n. 11, si procedesse d'ufficio qualora ricorressero circostanze aggravanti ad effetto speciale, ovvero se la persona offesa fosse incapace per età o per infermità o se il danno arrecato alla persona offesa fosse di rilevante gravità.
Il generico richiamo alle circostanze aggravanti ad effetto speciale, contenuto nell'art. 649-bis c.p., aveva immediatamente riproposto vecchie incertezze interpretative riguardanti la natura giuridica della recidiva (in argomento, Rocchi, La recidiva, cit., 1449). E tali incertezze erano state sottoposte all'attenzione delle sezioni unite della Suprema Corte, le quali, nel 2020, affermavano che il riferimento alle circostanze aggravanti ad effetto speciale presente nell'art. 649-bis c.p., ai fini della perseguibilità d'ufficio, riguardava anche la recidiva qualificata (aggravata, pluriaggravata e reiterata), di cui all'art. 99, comma 4, c.p. (Cass. pen., sez. un., 24 settembre 2020, n. 3585, cit.).
Dunque, in tale contesto normativo e giurisprudenziale, il giudice a quo avrebbe dovuto ritenere perseguibili d'ufficio i tre delitti di truffa contestati all'imputato. Da qui, i quesiti di incostituzionalità innanzi richiamati.