La riforma Cartabia e le sue prime applicazioni

Ferdinando Brizzi
23 Gennaio 2023

Alcune considerazioni sulla pressoché coeva Cass. pen., sez. II, 4 novembre 2022, (dep. 19 gennaio 2023), n. 2100.

L'incipit del documento di Magistratura democratica merita di essere integralmente ripreso per la sua chiarezza espositiva e la totale condivisibilità dei contenuti:L'entrata in vigore della riforma penale continua a suscitare reazioni molto accese tanto nell'opinione pubblica, quanto tra gli operatori giudiziari. Prevalgono i toni allarmistici e sta affermandosi l'idea che la riforma indebolirà la risposta statuale contro il crimine, impedirà di arrestare pericolosi delinquenti e minerá la certezza della pena. Sotto questi profili le critiche investono, in particolare, due aspetti della riforma: l'ampliamento delle ipotesi in cui alcuni reati contro la persona e contro il patrimonio diventano perseguibili a querela di parte e l'introduzione nell'ordinamento di un catalogo di pene sostitutive, da irrogare in alternativa alla reclusione. Crediamo che queste reazioni siano spesso condizionate da un approccio alla “questione penale” influenzato da alcune precomprensioni, che è forse ragionevole mettere ogni tanto in discussione. Noi rimaniamo legati ad un'idea di diritto penale in cui la pena – ossia l'inflizione di una privazione di libertà al condannato – costituisce un “male” che si giustifica solo con la necessità di proteggere beni di rilievo costituzionale, in cui la risposta sanzionatoria deve essere calibrata sulla gravità del fatto di reato, sul rilievo del bene giuridico protetto dall'ordinamento e sull'intensità della offesa procurata dalla condotta delittuosa. Per questo crediamo che l'estensione del regime di perseguibilità a querela di un rilevante numero di figure di reato non necessariamente ponga in discussione la “tenuta” del sistema penale. Crediamo piuttosto che rimettere alla persona offesa la scelta sulla perseguibilità di un certo reato – quando essa ha ad oggetto un bene giuridico disponibile e, comunque, leso in modo non irreversibile – possa rispondere all'interesse della giustizia. Si è censurato il fatto che, in tal modo, si impedisce l'arresto degli autori di reato. Questa critica, però, trascura il fatto che – là dove la persona offesa proponga querela (anche oralmente) – l'arresto è comunque consentito. E si trascura altresì il fatto che, in ogni caso, il processo penale, nel suo ordinario svolgimento, dovrebbe essere celebrato con un imputato che si presenta davanti ai tribunali in stato di libertà. Si è censurato – per alcune figure di reato in particolare – il fatto che il bene giuridico protetto imporrebbe necessariamente la perseguibilità d'ufficio dei comportamenti criminali. Tuttavia, la concreta esperienza giudiziaria evidenzia che – nel perimetro di figure di reato gravissime in astratto – talora si manifestano fatti sociali che, pur illeciti, sono di gravità complessivamente modesta (tale da rendere non irragionevole rimettere la scelta sulla perseguibilità del reato alla persona offesa): vi sono sequestri di persona di gravità e consistenza indiscutibile; ma ve ne sono altri che hanno ad oggetto episodi di privazione della libertà personale non connotati da violenza e protrattisi per lassi di tempo comunque circoscritti a pochi minuti; vi sono violazioni di domicilio (magari in ambito familiare o condominiale) che – apparentemente preoccupanti nell'immediatezza del fatto – vedono poi i protagonisti della vicenda raggiungere una ricomposizione dei rapporti che rende non necessaria (e forse nemmeno comprensibile) una risposta penale.

A fronte delle quotidiane invettive che investono la riforma Cartabia, definita da un noto quotidiano ancora in data 26 gennaio 2023 quale “schiforma”, le parole di Magistratura rendono il giusto merito a tutti quei professionisti che hanno collaborato con l'allora Ministro della giustizia per approdare al testo del d.lgs. 150/2022.

Conforta, per altro, in tal senso proprio il ragionamento giuridico seguito dai magistrati della Cassazione nella sentenza in commento. la Cassazione ha ritenuto che le modificazioni apportate dalla riforma Cartabia – nella parte in cui hanno ampliato l'area dei reati perseguibili a querela includendovi anche i casi di cui agli artt. 640, 61 n. 7 c.p. – nell'ambito di una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata (art. 3 Cost., art. 7 Conv. EDU, art. 49 CDFUE) fossero da ritenere applicabili, considerato che in tale finestra temporale possono produrre effetti in bonam partem, ai fini penali, in favore dei ricorrenti dopo la pubblicazione della disciplina in questione, condividendosi, dunque, il principio già enunciato da Cass. pen., sez. I, n. 39977/2019, A., CED Cass. 276949-01, nel senso che pur non essendo posto in discussione il chiaro portato dell'art. 73 Cost. e dell'art. 10 delle preleggi, si è rilevato che la funzione di garanzia per i consociati e la necessità di apportare adeguate misure attuative per come evidenziato dagli atti parlamentari sopra citati, non possono determinare il perdurante dovere del giudice di applicare una disposizione penale ormai modificata in senso favorevole per i ricorrenti per effetto di una successiva disposizione penale, già oggetto di pubblicazione e rinviata quanto alla sua efficacia sia a fine di conoscenza, che, successivamente, per realizzare le necessarie dotazioni e misure attuative della stessa, dovendosi escludere che in tale snodo il giudice abbia solo l'alternativa di rinviare la decisione o di ignorare la nuova disciplina, giungendo ad una decisione che determinerebbe il passaggio in giudicato del provvedimento nei confronti dei ricorrenti (Cass. pen., sez. I, n. 53602/2017, C., CED Cass. 271639-01), che, dunque, pur in presenza di una remissione di querela ritualmente accettata non potrebbero rientrare nel campo previsionale e nell'ambito dei principi di cui all'art. 2, comma quarto, c.p., che nel suo inciso finale individua il limite alla portata della disposizione più favorevole nella pronuncia di sentenza irrevocabile.

In tal senso, appare condivisibile, per la S.C., anche l'osservazione proposta da parte della dottrina, che ha chiarito come la ratio di garanzia collegata alla decorrenza del termine di vacatio Iegis, ovvero la conoscibilità, alla quale si aggiunge nel caso in esame la predisposizione di misure attuative adeguate per come evidenziato dalla relazione illustrativa al d.l. n. 162/2022 e dalle attività parlamentari in sede di conversione dello stesso, è un indispensabile presupposto per l'applicazione di norme penali sfavorevoli, non anche nel caso in cui, in un'ottica di pieno espletamento anche delle garanzie defensionali, si tratti di norma favorevole agli imputati come nel caso in esame.

Le parole della Cassazione non fanno che confermare quanto affermato nel documento di Magistratura democratica: nel caso di specie era intervenuta remissione della querela ed accettazione della stessa quindi appare alquanto condivisibile rimettere alla persona offesa la scelta sulla perseguibilità di un certo reato ed anticipare l'effetto più favorevole di tale riforma.

E, proprio nel solco indicato dal documento di magistratura Democratica si pone l'ulteriore sentenza in commento: il 18 gennaio 2023 l'Ufficio dei giudici per le indagini preliminari di Milano ha emesso, in un caso di condanna con rito abbreviato per il delitto di atti persecutori, un dispositivo che costituisce la prima applicazione, da parte dell'Ufficio, delle pene sostitutive introdotte dal d.lgs. 150/2022, in questo caso della detenzione domiciliare sostitutiva prevista dall'articolo 56 della legge 689/1981 nella versione post-riforma. Il Giudice ha valorizzato, del nuovo articolo 545-bis c.p.p., la scelta normativa di rendere soltanto facoltativa, e non obbligatoria, l'acquisizione dall'Ufficio di esecuzione penale esterna delle necessarie informazioni sulle condizioni di vita dell'imputata e del programma di trattamento, che infatti “possono” e non “devono” essere acquisiti, in base ai commi 1 e 2 dell'articolo, “quando non è possibile decidere immediatamente”. Al fine di acquisire tutti gli elementi per decidere immediatamente dopo la lettura del dispositivo (senza interlocuzione con l'U.E.P.E. e quindi senza disporre il necessario rinvio, consentito nel limite di sessanta giorni), la Giudice si è mossa in due direzioni. La prima è stata quella di acquisire tutte le necessarie informazioni sulle condizioni di vita, familiari, sociali ed economiche dell'imputata dalla sua Difesa, che ha del resto tutto l'interesse a farsi parte diligente per ottenere, in caso di condanna a pena detentiva breve, una pronta sostituzione con una pena sostitutiva. La seconda è stata quella di acquisire dall'Ufficio di Sorveglianza il catalogo delle prescrizioni standard utilizzate per la detenzione domiciliare di cui all'articolo 47-ter dell'Ordinamento Penitenziario, ovviamente sempre suscettibili di una personalizzazione in relazione alle esigenze del caso concreto (in questo caso, ad esempio, trattandosi di una condanna per atti persecutori, sono stati inseriti il divieto di avvicinarsi e di comunicare con la persona offesa e l'obbligo di partecipare a un percorso di recupero per autori di reati violenti nell'ambito delle relazioni strette, presso il Centro italiano per la promozione della mediazione). In questo modo, al momento del passaggio in giudicato della sentenza, le prescrizioni previste dal Giudice della cognizione in sede di pena sostitutiva andranno tendenzialmente a raccordarsi con quelle del Tribunale di Sorveglianza, che potrà ratificarle ovvero procedere, se necessario in relazione a elementi nuovi o sopravvenuti, a integrarle o modificarle. Tra le prescrizioni viene inserito l'obbligo di attenersi al programma di trattamento che verrà effettivamente elaborato dall'U.E.P.E. al momento dell'effettiva presa in carico, con l'irrevocabilità della sentenza.

Val la pena concludere queste brevi riflessioni con le parole riprese da altro documento dell'esecutivo di Magistratura democratica, datato 20 gennaio 2023: Pensiamo che questa prassi, che potrebbe essere positivamente implementata in protocolli d'intesa tra gli Uffici interessati e l'Avvocatura, abbia il merito di perseguire realmente e con efficacia l'obiettivo di dare concreta e rapida attuazione al nuovo sistema delle pene sostitutive e all'ispirazione non carcero-centrica che lo sorregge.