Rimessa alla Consulta la legittimità costituzionale delle leggi-provvedimento che comprimono il diritto di difesa dell'interessato

Redazione Scientifica
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06 Febbraio 2023

Il TAR Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge-provvedimento n. 85 del 2022, la quale, pur recando il medesimo effetto dispositivo dell'atto amministrativo, è sottratta al sindacato dell'autorità giudiziaria, alla luce del combinato disposto tra gli artt. 7 e 29 c.p.a

Con ordinanza il TAR per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, del decreto-legge 7 luglio 2022, n. 85, convertito, con modificazioni, in legge 5 agosto 2022, n. 108, la cui disciplina è confluita nell'art. 7-ter del decreto-legge 16 giugno 2022, nella parte in cui ha disposto la risoluzione per grave inadempimento del concessionario della convenzione unica della gestione in concessione di una tratta della rete autostradale sottoscritta con l'amministrazione concedente, che, pertanto, è subentrata nella gestione temporanea del servizio, a mezzo della propria società in house.

Nel caso in esame la ricorrente società concessionaria, nell'ambito di separati giudizi, con un primo ricorso aveva chiesto l'annullamento di un decreto del Ministero concedente di “contestazione” del grave inadempimento, mentre con il secondo ricorso aveva impugnato il decreto ministeriale di “risoluzione” della convenzione unica di concessione e il successivo decreto interministeriale di “approvazione” del primo provvedimento amministrativo, assumendone l'illegittimità per violazione del diritto eurounitario e per l'illegittimità eurounitaria e costituzionale del decreto-legge n. 85/2022.

In particolare, il decreto interministeriale di approvazione è stato oggetto di “legificazione” operata con l'art. 2 del decreto-legge n. 85/2022, che ha disposto la “risoluzione” del rapporto concessorio in essere, affidando contestualmente la gestione temporanea dell'infrastruttura, alla società in house dell'amministrazione concedente.

Il TAR per il Lazio ha riconosciuto la propria giurisdizione esclusiva, a norma dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., ritenendo che il concedente abbia esercitato il potere autoritativo di risolvere discrezionalmente la convenzione unica.

Quanto al merito della vicenda e segnatamente ai profili di legittimità costituzionale, il TAR per il Lazio dubita della compatibilità della norma censurata con la disciplina delle c.d. leggi provvedimento, laddove, come nel caso di specie, la volontà risolutoria, le sue motivazioni e i conseguenti effetti, ossia la retrocessione/subentro al Ministero concedente della gestione del servizio, precedentemente recata in un provvedimento amministrativo già impugnato, è stata, poi, oggetto di una disposizione normativa di rango primario.

Ad avviso del Collegio la norma censurata, attraendo alla sfera legislativa la precedente determinazione amministrativa di risoluzione, si è sostituita al provvedimento con travalicamento di competenze dall'autorità amministrativa a quella legislativa. In violazione del principio di eguaglianza formale la norma-provvedimento ha prodotto la stessa modificazione unilaterale e individuale dei provvedimenti di contestazione e di risoluzione, ossia il subentro dell'amministrazione concedente e l'affidamento temporaneo del servizio in concessione alla propria società in house, diretto concorrente della società ricorrente.

Sul tema, la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, richiamata dal giudice remittente, in linea di principio, ha ritenuto che il legislatore possa attrarre a sé una materia che, in caso contrario, sarebbe stata rimessa alla autorità amministrativa.

Tuttavia, come affermato nelle recenti pronunce della Corte costituzionale, sebbene il divieto di riserva di amministrazione, per cui anche gli organi legislativi possono disporre con contenuti provvedimentali, si sia progressivamente mitigato, resta ineludibile che la legge-provvedimento sia oggetto di uno stringente controllo di legalità costituzionale, ispirato ad una rigida applicazione dei parametri di ragionevolezza e proporzionalità con particolare riferimento al suo specifico contenuto, onde escludere l'arbitrarietà e l'irragionevolezza della scelta del legislatore, in danno di soggetti determinati, rispetto al trattamento generale riservato dalla legge a tutti i consociati.

Successivamente, il Collegio dubita del rispetto dei parametri di ragionevolezza e proporzionalità della norma-provvedimento in esame, in relazione alla compressione del diritto di difesa della ricorrente, che trasferendosi dall'ambito della giustizia amministrativa a quello della giustizia costituzionale, preclude il sindacato riservato al giudice amministrativo sulla legittimità dei presupposti di fatto e sulle ragioni giuridiche che hanno condotto l'amministrazione a ritenere la gravità dell'inadempimento quale necessario presupposto del provvedimento di risoluzione del rapporto concessorio.

Sul punto il Consiglio di Stato ha chiarito che, sulla base del consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale e amministrativa, la legge-provvedimento non può essere impugnata né davanti al giudice amministrativo, che non può sindacare un atto formalmente legislativo, ancorché di contenuto dispositivo, né direttamente avanti alla Corte costituzionale, stante il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità, per cui l'unica tutela possibile è l'impugnazione del provvedimento, anche se di contenuto vincolato, che dia attuazione alla legge-provvedimento sospettata di incostituzionalità, per illegittimità derivata dalla stessa legge -provvedimento quale suo presupposto.

Il Collegio pone in rilievo la particolarità della fattispecie oggetto della controversia, in quanto non ci sono “atti applicativi” della norma-provvedimento censurata; ed infatti la legificazione della volontà amministrativa e delle sue motivazioni è “successiva” al primo decreto ministeriale di risoluzione, ma “contestuale” al secondo decreto interministeriale di approvazione della risoluzione.

Pertanto il Collegio solleva il dubbio della legittimità costituzionale per interferenza della legge-provvedimento con l'esercizio della funzione giurisdizionale, in ragione della impossibilità per la società ricorrente di coltivare la domanda di annullamento proposta, prima dell'emanazione del decreto-legge e del relativo giudicato amministrativo, residuando unicamente l'aspirazione ad esercitare il proprio diritto di difesa entro i limiti del giudizio di legittimità costituzionale.

In proposito il Collegio richiama la giurisprudenza della CEDU che ha affermato che il principio dello stato di diritto e la nozione di equo processo precludono, salvo che per urgenti motivi di interesse generale, l'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia con il proposito di influenzare la definizione giudiziaria di una controversia.

Tutto ciò premesso il TAR per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale di una norma di legge che: “pur recando il medesimo effetto dispositivo dell'atto amministrativo (del quale, anzi, viene espressamente richiamato, in una sorta di rinvio ob relationem, il contenuto motivazionale), nondimeno, viene a dimostrarsi sottratto alla sottoposizione al sindacato giurisdizionale, alla luce del combinato disposto tra gli artt. 7 e 29 c.p.a.”.