L'abolizione dei titoli nobiliari non giustifica il cambiamento del cognome

Giuseppina Pizzolante
06 Febbraio 2023

Il divieto delle autorità nazionali di utilizzo del cognome originario, in precedenza titolo nobiliare, determina una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, in quanto i cognomi sono componenti essenziali di autoidentificazione e autodefinizione dell'individuo.

Sebbene gli Stati godano di un ampio margine di discrezionalità in merito alla regolamentazione dei nomi, questi ultimi sono componenti essenziali di autoidentificazione e autodefinizione dell'individuo. I diversi interessi in gioco comprendono, da un lato, il diritto dei ricorrenti a portare un nome e, dall'altro, l'interesse pubblico a garantire l'uguaglianza democratica e la sicurezza pubblica.

La giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Sayn-Wittgenstein) non può essere applicata in un caso come quello all'esame poiché affronta la questione del diritto al nome dal punto di vista dell'articolo 21 TFUE (libertà di circolazione nello spazio UE) e non dal punto di vista dell'articolo 8 CEDU. Così la rimozione del prefisso “von” dai cognomi dei ricorrenti avviata dalle autorità nazionali, ai sensi dell'Abolition of Nobility Act del 1919, dopo lunghi ed accettati periodi di uso, e il rifiuto di rilasciare una carta d'identità con il cognome originario non sono proporzionati allo scopo perseguito.

Ignorando, in particolare, l'interesse dei ricorrenti a mantenere un cognome con il quale si identificano e che hanno portato per lunghi periodi di tempo, le autorità nazionali non hanno definito un giusto equilibrio con il diritto al rispetto della vita privata e familiare realizzandosi una violazione dell'articolo 8 CEDU.

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