Agevolazione prima casa su immobile acquistato in regime di separazione dei beni

Francesco Brandi
06 Febbraio 2023

In tema di agevolazioni prima casa, il riferimento alla residenza di famiglia, che consente di ottenere l'agevolazione ove uno solo dei coniugi abbia posto la residenza nell'immobile agevolato opera solo per i coniugi in comunione legale, mentre non può trovare applicazione all'acquisto del diritto di abitazione operato, in comproprietà, dai coniugi in separazione dei beni.

Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 3123 del 2 febbraio 2023, con cui ha rigettato il ricorso di alcuni contribuenti.

Agevolazioni prima casa su immobile in comunione legale. Il contribuente usufruisce dei benefici fiscali sulla prima casa anche se uno solo dei coniugi trasferisce la residenza nell'immobile. Sul punto la Cassazione ha infatti precisato che in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 118/1985, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che il cespite acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in senso contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che congiunto dello stesso (cfr. Cass. 16604/2018 e 16635/2013).

Confermato, dunque, il più recente orientamento di legittimità (Cassazione nn. 25889 e 16355/2015 e 13334/2016) secondo cui, ai fini dell'agevolazione prima casa, nell'ipotesi di acquisto compiuto da due coniugi in regime di comunione legale, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi. Trattasi invero di un'interpretazione estensiva del dato letterale, che trova la sua ratio nella tutela costituzionale della famiglia di cui all'articolo 29 della Costituzione, in base al quale «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio».

In detta prospettiva costituzionalmente orientata, pertanto, assume rilievo il requisito della residenza della famiglia (rispetto a quella dei singoli coniugi) cui ancorare la fruibilità del beneficio prima casa. Considerato che l'articolo 144 c.c. consente ai coniugi di concordare tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un'altra entità, quale la famiglia. Per cui ove l'immobile acquistato sia adibito a soddisfare le esigenze della famiglia, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non a una comune sede anagrafica ma alla coabitazione.

Caso concreto. Il caso riguarda l'acquisto, di una casa da parte dei coniugi, unitamente ai figli - i primi quali titolari del diritto di abitazione, ciascuno per il 50% indiviso, e i secondi della nuda proprietà, ancora ciascuno per il 50% indiviso - avvenuto in regime di comunione ordinaria. In particolare, l'Agenzia delle entrate aveva emesso l'avviso di liquidazione e irrogazione sanzioni a causa del mancato trasferimento della residenza nel Comune dell'abitazione, da parte di uno dei coniugi, entro i 18 mesi dal rogito, con conseguente decadenza dai benefici «prima casa».

La Cassazione ha precisato che, la condizione affinché il coniuge non residente possa comunque godere del beneficio è che l'acquisto ricada nella comunione legale, solo in tal caso può dunque venire in rilievo il concetto di «residenza della famiglia».

Infatti, in tema di imposta di registro e dei relativi benefici per l'acquisto della prima casa, ai fini della fruizione degli stessi, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile va riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza anagrafica in tale Comune, e ciò in ogni ipotesi in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell'articolo 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso (cfr. Cass. nn. 22557/2022, 11225/2020).

Tuttavia, nel caso in esame, l'acquisto del diritto assume una connotazione «egoistica» (o «individualistica») in capo a ciascuno dei coniugi, e i bisogni della famiglia non sono riferiti al diritto del nucleo familiare in quanto tale: a quest'ultimo si attribuisce rilevanza in via meramente indiretta, cioè per il tramite del titolare del diritto di abitazione, che resta il «protagonista» della fattispecie. Sarebbe dunque errato estendere il principio prima richiamato in tema di acquisto in comunione al caso di specie ove è stato acquistato, in regime di separazione dei beni, un diritto di abitazione, seppur da parte di entrambi i coniugi, con destinazione univoca e complessiva dell'abitazione a residenza familiare.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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