La Grande Camera della Corte EDU, nell'accogliere il ricorso presentato da Neringa Dangvydė Macatė e proseguito dalla madre dopo la sua morte, forniva alcune indispensabili indicazioni ermeneutiche sul tema del diritto di accesso dei minori a informazioni su relazioni sentimentali di natura omosessuale, che non può essere limitato sull'assunto, ritenuto indimostrato scientificamente, della nocività di tali notizie per il percorso evolutivo dei minorenni.
L'assenza di evidenze scientifiche idonee a dimostrare che l'accesso di soggetti minori a informazioni su relazioni sentimentali omosessuali fosse nocivo per il loro percorso evolutivo comportava che le misure adottate dall'editore del libro “Cuore d'ambra”, dopo l'intervento del Ministero della Cultura della Repubblica di Lituania e dell'Ispettore per l'etica dei giornalisti, avevano limitato illegittimamente la libertà di espressione dell'autrice, garantita dall'art. 10 CEDU.
Com'è noto, l'art. 10, par. 1, CEDU recita: «Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione». Tale disposizione, a sua volta, deve essere correlata con la previsione del secondo paragrafo dello stesso art. 10 CEDU, a tenore del quale: «L'esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere sottoposto a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'integrità territoriale o l'ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l'autorità e la imparzialità del potere giudiziario».
Secondo la Corte EDU, l'illegittima limitazione della libertà di espressione della ricorrente, riconosciuta dalla previsione dell'art. 10, par. 1, CEDU, era dimostrata dal fatto che il volume “Cuore d'ambra”, dopo la pubblicazione e l'intervento censorio del Ministero della Cultura della Repubblica di Lituania e dell'Ispettore per l'etica dei giornalisti, veniva ritirato dalle librerie, per essere rimesso in commercio a distanza di un anno, nel 2014, con un'etichetta editoriale che avvertiva i lettori che i contenuti dell'opera narrativa potevano risultare dannosi per i soggetti minori di quattordici anni.
L'etichettatura del volume, raccomandata dall'Ispettore per l'etica dei giornalisti ed eseguita dall'editore – l'Università Lituana di Scienze dell'Educazione – aveva determinato una significativa diminuzione del numero dei lettori, che, ragionevolmente, erano stati dissuasi dall'acquisto dell'opera per i propri figli, anche in considerazione dei pregiudizi diffusi nei confronti della comunità LGBT lituana. Del resto, era inevitabile che un numero consistente di genitori con figli della fascia di età prevista per il libro sarebbe stato dissuaso dal lasciarlo leggere ai propri congiunti minori, anche alla luce dei pregiudizi nei confronti della comunità LGBT lituana, resi evidenti dalla tormentata vicenda editoriale del libro di fiabe.
Al contempo, le modalità travagliate con cui il volume di Neringa Dangvydė Macatė era stato messo in circolazione nel mercato editoriale lituano avevano influito negativamente sulla reputazione della ricorrente, che pure era stimata nell'ambiente letterario come autrice di letteratura per l'infanzia; stima che, peraltro, era attestata dal fatto che l'iniziativa editoriale era stata realizzata grazie ai finanziamenti pubblici erogati dall'Università Lituana di Scienze dell'Educazione e dal Ministero della Cultura della Repubblica di Lituania.
Non era, in ogni caso, dubitabile che la vicenda editoriale, obiettivamente tormentata, del volume “Cuore d'ambra” possedeva un elevato effetto dissuasivo nei confronti di altri, eventuali, autori, che, analogamente alla ricorrente, in futuro, intendessero cimentarsi in narrazioni incentrate sui temi controversi, la cui trattazione sarebbe stata scoraggiata dalla soluzione adottata del Ministero della Cultura, che, secondo le autorità giudiziarie lituane, si riteneva giustificata dalle previsioni contenute nella Sezione 4 § 2 della Legge sulla protezione dei minori vigente nella Repubblica di Lituania.
D'altra parte, il clima di sfavore con cui la legislazione lituana guarda alle relazioni sentimentali omosessuali, oltre a essere attestato dalle disposizioni contenute nella Sezione 4 § 2 della Legge sulla protezione dei minori, già citata, è testimoniato dal fatto che sia la Carta costituzionale sia il Codice civile attualmente vigente prevedono soltanto il matrimonio di coppie eterosessuali. Inoltre, la legislazione lituana non riconosce legalmente le unioni tra soggetti appartenenti allo stesso sesso, rendendo ulteriormente evidente l'atteggiamento pregiudiziale che le istituzioni della Repubblica di Lituania assumono nei confronti delle relazioni sentimentali omosessuali.
In questa cornice, la Corte EDU affermava che le finalità perseguite dal Ministero della Cultura lituano limitavano illegittimamente l'accesso dei minori a informazioni riguardanti relazioni sentimentali omosessuali, sull'assunto scientifico, peraltro indimostrato, che tali notizie erano nocive per il percorso evolutivo dei bambini di età compresa tra i nove e i dieci anni di età, ai quali il volume “Cuore d'ambra”, nelle intenzioni dell'autrice, era destinato.
Tale nocività, invero, non era supportata da alcun dato scientifico, non risultando dimostrato che la narrazione di una relazione sentimentale omosessuale potesse avere un effetto negativo sullo sviluppo della personalità dei bambini. A sostegno di tali conclusioni, la Corte EDU evidenziava che non vi erano precedenti giurisprudenziali che consentivano di affermare che la menzione dell'omosessualità, sic et simpliciter, potesse avere un effetto negativo sul percorso evolutivo dei minori di età inferiore a dieci anni.
Senza considerare, per altro verso, che i programmi scolastici di numerosi Stati membri del Consiglio d'Europa, tra cui la stessa Repubblica di Lituania, prevedevano l'educazione al rispetto delle relazioni omosessuali e il divieto di sviluppare percorsi pedagogici fondati sulla discriminazione sessuale, che non potevano condizionare la formazione di un'adeguata coscienza civica dei minori, che doveva ispirarsi a valori egalitari.
La Corte EDU affermava ulteriormente che, nel caso di specie, le limitazioni del diritto di accesso dei minori alle informazioni sulle relazioni sentimentali omosessuali imposte dal Ministero della Cultura dimostravano che le autorità giudiziarie lituane, in linea con le previsioni normative contenute nella Sezione 4 § 2 della Legge sulla protezione dei minori, manifestavano un'evidente preferenza per i modelli familiari incentrati su rapporti eterosessuali rispetto a quelli incentrati su rapporti omosessuali.
In altri termini, le limitazioni del diritto accesso dei minori alle informazioni sulle relazioni sentimentali omosessuali, imposte dal Ministero della Cultura della Repubblica di Lituania in danno di Neringa Dangvydė Macatė, costituivano una dimostrazione che le istituzioni manifestavano una preferenza inammissibile per alcune tipologie di relazioni familiari, considerando i rapporti eterosessuali maggiormente accettabili socialmente e contribuendo, in questo modo, alla stigmatizzazione dei modelli familiari fondati su coppie dello stesso sesso.
Pertanto, le misure adottate dalle autorità ministeriali lituane nei confronti di Neringa Dangvydė Macatė erano incompatibili con i principi di uguaglianza, pluralismo e tolleranza, che devono ispirare l'attività istituzionale degli Stati membri del Consiglio d'Europa, come, in tempi recenti, ribadito dalla Corte EDU in alcune vicende processuali nelle quali risultava coinvolta la stessa Repubblica di Lituania (Corte EDU, Valaitis c. Lithuania, 17 gennaio 2023, n. 39375/19; Corte EDU, Abu Zubaydah c. Lituania, 31 maggio 2018, n. 46454/11).
Conseguiva a tali statuizioni, in accoglimento del ricorso proposto da Neringa Dangvydė Macatė davanti alla Corte EDU, il riconoscimento della violazione dell'art. 10 CEDU da parte della Repubblica di Lituania, che veniva condannata, ex art. 41 CEDU, a pagare alla madre della ricorrente, che aveva proseguito il giudizio dopo la morte della figlia, avvenuta nel 2020, la somma di 12.000,00 euro a titolo di danno morale, oltre al pagamento delle spese processuali.