L'obbligo degli Stati membri del Consiglio d'Europa di adottare misure efficaci nel perseguire i crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale

Alessandro Centonze
07 Febbraio 2023

La Corte EDU ha rilevato che la riapertura delle indagini sull'Affaire Valaitis da parte dell'autorità giudiziaria lituana, che veniva disposta dopo l'iniziale chiusura determinata da accertamenti investigativi sommari, si inseriva in un'inversione di tendenza della politica criminale attuata dalla Repubblica di Lituania nel perseguire i crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale, ritenuta meritoria dai giudici strasburghesi.
Abstract

Con la pronuncia giurisdizionale in esame la Corte EDU ha esaminato la vicenda processuale attivata su impulso di Jonas Valaitis, che aveva accusato le autorità giudiziarie della Repubblica di Lituania di non avere adottato misure giuridiche efficaci per proteggerlo dalle aggressioni verbali subite a causa di un articolo giornalistico, pubblicato su un quotidiano telematico nazionale, lrytas.lt, che affrontava tematiche omosessuali.

Nel caso di specie, le discriminazioni patite da di Jonas Valaitis si erano concretizzate in un'azione di incitamento persecutorio, realizzata nei suoi confronti attraverso l'utilizzo dei social network lituani, che si sviluppava a seguito di un articolo giornalistico che faceva riferimento a un finalista omosessuale del concorso canoro televisivo, denominato The Voice, che aveva fatto pubblicamente coming out sul suo orientamento sessuale.

La Corte EDU ha rilevato che la riapertura delle indagini sull'Affaire Valaitis da parte dell'autorità giudiziaria lituana, che veniva disposta dopo l'iniziale chiusura determinata da accertamenti investigativi sommari, si inseriva in un'inversione di tendenza della politica criminale attuata dalla Repubblica di Lituania nel perseguire i crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale, ritenuta meritoria dai giudici strasburghesi.

A conferma dell'inversione di tendenza della politica criminale delle istituzioni lituane nel perseguire i crimini d'odio fondati sulla discriminazione sessuale, la Corte EDU ha evidenziato che, nel caso di specie, non era emerso che le attività d'indagine attivate su denuncia di Jonas Valaitis non avevano consentito l'incriminazione degli autori delle aggressioni verbali poste in essere sui social network a causa dell'atteggiamento pregiudiziale dell'autorità giudiziaria, determinato dalle tematiche omosessuali affrontate nell'articolo giornalistico del ricorrente.

Ne discendeva che, sebbene le indagini non avessero portato all'incriminazione degli autori degli attacchi telematici subiti da Jonas Valaitis, concretizzatisi in ventuno commenti postati sui social network, non si era concretizzata la violazione dell'art. 13 CEDU, lamentata dal ricorrente in combinato disposto con l'art. 14 CEDU, con il conseguente respingimento del suo atto di impugnazione.

Il caso sottoposto al vaglio della Corte EDU

Con questa importante pronunzia giurisdizionale la Corte EDU, ancora una volta, è tornata sul tema del perseguimento dei crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale, fornendo alcuni utili chiarimenti sulle misure giuridiche attuabili per contrastare tali condotte illecite. Questi comportamenti, infatti, si pongono in contrasto con gli ideali di rispetto e di accettazione degli individui, senza discriminazioni determinate dal loro orientamento sessuale, su cui si fonda la Convenzione EDU.

Si consideri che il ricorrente, Jonas Valaitis, è un giornalista lituano, che aveva pubblicato un articolo sul quotidiano telematico lrytas.lt, in cui parlava di un finalista di un concorso canoro televisivo, intitolato The Voice, che, facendo coming out, si era dichiarato pubblicamente omosessuale.

In conseguenza del coming out dell'artista lituano, sui social network venivano postati ventuno commenti, con cui, utilizzandosi toni verbali particolarmente aggressivi, si insultavano sia l'autore dell'articolo giornalistico controverso, sia gli omosessuali, intesi come categoria soggettiva, che alcuni autori dei post suggerivano di fare uccidere ad Auschwitz.

Inizialmente, le autorità giudiziarie lituane, pur essendosi attivate a tutela di Jonas Valaitis, conducevano delle attività d'indagine sommarie, all'esito delle quali escludevano che i commenti all'articolo giornalistico pubblicato dal ricorrente sul quotidiano lrytas.lt costituissero condotte persecutorie o incitamenti alla violenza, richiamando le analoghe conclusioni dell'Ispettore per l'etica giornalistica, che era stato debitamente compulsato. In questa prima fase della vicenda processuale in esame, l'Ispettore per l'etica giornalistica della Repubblica di Lituania svolgeva un ruolo decisivo per la chiusura provvisoria delle indagini da parte dell'autorità giudiziaria, che veniva causata dalle conclusioni raggiunte, sul punto, da tale organismo istituzionale.

Successivamente, a seguito di alcune condanne irrogate dalla Corte EDU alla Repubblica di Lituania per analoghe vicende giurisdizionali, intervenute in epoca coeva ai fatti di cui si controverte, le indagini venivano riaperte dall'autorità giudiziaria e, grazie agli accertamenti investigativi condotti dalle Forze dell'Ordine lituane, veniva identificata una parte degli autori dei ventuno commenti discriminatori postati sui social network, nei cui confronti, però, non veniva esercitata l'azione penale.

In particolare, nei confronti di una parte dei soggetti identificati non si procedeva penalmente per effetto della loro collaborazione con l'autorità giudiziaria, che ne imponeva il proscioglimento condizionale; nei confronti di un'altra parte dei soggetti identificati dalle Forze dell'Ordine non si procedeva, perché non erano stati acquisiti elementi probatori che ne consentiva l'incriminazione; infine, per la parte residua degli autori dei commenti discriminatori in questione l'indagine veniva sospesa, non risultando tali soggetti identificabili per le modalità di utilizzo criptato della rete informatica.

Infine, il mancato perseguimento degli autori dei ventuno commenti discriminatori postati sui social network da parte dell'autorità giudiziaria lituana induceva Jonas Valaitis ad adire la Corte EDU, ritenendo che nei suoi confronti si fosse concretizzata la violazione dell'art. 14 CEDU, di cui si invocava l'applicazione in combinato disposto con l'art. 13 CEDU, che garantisce il diritto all'effettività della tutela giurisdizionale dei cittadini degli Stati membri del Consiglio d'Europa. Tali violazioni, peraltro, apparivano ancora più pregiudizievoli per la posizione del ricorrente, alla luce dell'elevato disvalore dei crimini d'odio fondati sulla discriminazione sessuale che lo avevano coinvolto.

Il ruolo dell'Ispettore per l'etica dei giornalisti nell'ordinamento della Repubblica di Lituania nell'Affaire Valaitis

Appare, a questo punto, opportuno fornire alcuni chiarimenti, indispensabili per inquadrare la vicenda processuale in esame, sull'Ispettore per l'etica dei giornalisti, che è un'autorità amministrativa indipendente della Repubblica di Lituania, i cui componenti sono eletti dal parlamento nazionale su indicazione della Commissione dei giornalisti e degli editori. Infatti, la portata dell'intervento dell'Ispettore per l'etica dei giornalisti nell'Affaire Valaitis appare poco comprensibile per il lettore se non si inquadra correttamente tale organismo istituzionale nel contesto ordinamentale lituano.

Occorre, infatti, ribadire che nella prima fase della vicenda processuale in questione, l'Ispettore per l'etica giornalistica della Repubblica di Lituania svolgeva un ruolo decisivo per la chiusura provvisoria delle indagini da parte dell'autorità giudiziaria, in senso sfavorevole a Jonas Valaitis. Tale chiusura, infatti, veniva causata dalle conclusioni raggiunte dall'autorità amministrativa indipendente lituana, che escludeva che nei confronti del ricorrente si fossero concretizzati dei crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale.

Tanto premesso, deve precisarsi che l'Ispettore per l'etica giornalistica della Repubblica di Lituania, che è un organismo istituito dopo l'indipendenza del Paese baltico dall'Unione Sovietica, si occupa prevalentemente della protezione dei diritti soggettivi individuali, in connessione con l'attività giornalistica svolta sui mezzi di comunicazione di massa (P. Kenney, Il peso della libertà. L'Europa dell'Est dal 1989, (2006), trad. it., EDT, Torino, 2008).

Le funzioni fondamentali di questa autorità amministrativa indipendente consistono nel decidere i reclami presentati dai cittadini che ritengono di avere subito delle violazioni del diritto all'onore, alla dignità personale e alla reputazione, per effetto di notizie diffuse dai mezzi di comunicazione di massa lituani. Avverso queste pronunzie amministrative è possibile proporre un rimedio giurisdizionale, che deve essere attivato entro il termine di trenta giorni dal deposito della decisione contro cui si ricorre.

Deve, inoltre, rilevarsi che l'Ispettore per l'etica dei giornalisti svolge anche compiti di più ampio respiro istituzionale, che riguardano la protezione dei principi della comunicazione e dell'informazione nella Repubblica di Lituania, sulla cui osservanza vengono eseguiti controlli periodici, finalizzati a garantire il corretto sviluppo dei rapporti tra mezzi di comunicazione di massa e attività giornalistica, dei quali viene fornito riscontro in una relazione depositata con cadenza biennale.

L'Ispettore per l'etica dei giornalisti, infine, vigila sul diritto alla riservatezza e alla vita privata degli individui, tutelati da possibili aggressioni di tali valori da parte dei mezzi di comunicazione di massa lituani nello svolgimento dell'attività giornalistica; compito istituzionale, quest'ultimo, in conseguenza del quale l'autorità amministrativa indipendente baltica veniva coinvolta nella gestione dell'Affaire Valaitis, determinando l'iniziale interruzione delle indagini attivate su denuncia del ricorrente.

La decisione della Corte EDU

La Corte EDU, decidendo il ricorso proposto da Jonas Valaitis, ha ritenuto che i ventuno commenti di incitamento discriminatorio al suo articolo giornalistico, pubblicato sul quotidiano telematico nazionale, lrytas.lt, che erano stati postati sui social network lituani, erano connotati da un elevato disvalore e imponevano di esaminare la questione prospettata dal ricorrente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 14 CEDU.

L'elevato disvalore della vicenda processuale in esame era determinato dalla gravità dell'azione di incitamento discriminatorio attuata nei confronti del ricorrente tramite i social network lituani, che si era sviluppata a seguito di un articolo giornalistico che faceva riferimento a tematiche omosessuali.

La Corte EDU, in particolare, ha osservato che, dopo una sua precedente pronuncia, intervenuta in una vicenda processuale similare (Corte EDU, Beizaras e Levickas c. Lituania, 14 gennaio 2020, n. 41288/15), l'autorità giudiziaria lituana avevano riesaminato il caso di Jonas Valaitis – le cui indagini, in un primo momento, erano state interrotte, anche alla luce delle indicazioni fornite dall'Ispettore per l'etica dei giornalisti –, rilevando che la libertà di espressione degli individui poteva essere limitata, laddove, come nel caso in esame, si fosse concretizzata in azioni di incitamento discriminatorio fondate sull'orientamento sessuale delle persone, che imponevano l'adozione di misure giuridiche efficaci, sia sul piano preventivo sia sul piano repressivo.

In questa cornice, la Corte EDU ha ritenuto che, in Lituania, si registrava una positiva inversione di tendenza, essendosi potenziata l'azione di contrasto ai crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale, attraverso l'adozione di misure giuridiche idonee a consentire al sistema penale di prevenire e perseguire le condotte omofobiche. A conferma di tale inversione di tendenza, commentata favorevolmente dai giudici strasburghesi, si richiamavano le statistiche giudiziarie fornite dalle istituzioni lituane, che mostravano un sensibile aumento del numero di reati perseguiti nel settore dei crimini d'odio fondati su discriminazioni sessuali, evidenziandosi che il mutamento di politica criminale registrato aveva comportato che gli atteggiamenti di intolleranza omofobica erano contrastati con maggiore efficacia rispetto al passato.

La riapertura delle indagini che traevano origine dalla denuncia di Jonas Valaitis, dunque, costituiva una dimostrazione del cambiamento di atteggiamento delle istituzioni lituane nel perseguimento dei crimini d'odio incentrati sulla discriminazione sessuale, frutto del mutamento di politica criminale di cui si è detto, che rendeva evidente che, in Lituania, l'azione di contrasto alle discriminazioni contro le minoranze sessuali stava raggiungendo livelli di tutela adeguati al disvalore elevato dei relativi reati.

La Corte EDU, al contempo, ha rilevato che, dopo la riapertura delle indagini e lo svolgimento di adeguate verifiche investigative, la mancata persecuzione degli autori dei commenti discriminatori nei confronti di Jonas Valaitis e degli omosessuali, intesi come categoria soggettiva, non concretizzava una violazione dell'art. 13 CEDU, che riconosce l'effettività della tutela giurisdizionale – che era stata certamente assicurata nel caso di specie –, ma non garantisce la persecuzione dei singoli reati connotati da un movente omofobico. Né poteva essere diversamente, atteso che il dovere di condurre indagini rispettose dei parametri convenzionali stabiliti dalla previsione dell'art. 13 CEDU impone l'adeguatezza degli strumenti investigativi attivati, ma non assicura i risultati delle verifiche condotte dall'autorità giudiziaria, alla quale non può essere imposta la persecuzione dei crimini d'odio fondati sulla discriminazione sessuale.

Né tantomeno, nel caso di specie, era emerso che le indagini svolte dall'autorità giudiziaria lituana erano sfociate in un esito insoddisfacente per il ricorrente a causa dell'atteggiamento pregiudiziale delle istituzioni per le tematiche omosessuali affrontate nell'articolo pubblicato sul quotidiano telematico nazionale lrytas.lt. Il riconoscimento di un atteggiamento pregiudiziale nei confronti di Jonas Valaitis, infatti, postulava l'acquisizione della prova che l'eventuale inerzia dell'autorità giudiziaria lituana era stata determinata dalle tematiche omosessuali affrontate nell'articolo giornalistico in questione; acquisizione probatoria non raggiunta nel caso di specie.

Per queste ragioni, la Corte EDU ha ritenuto che, nel caso in esame, non si era concretizzata la violazione dell'art. 13 CEDU, di cui si invocava l'applicazione in combinato disposto con l'art. 14 CEDU, non essendo emerso un atteggiamento pregiudiziale dell'autorità giudiziaria lituana per effetto delle tematiche omosessuali affrontate nell'intervento giornalistico di Jonas Valaitis.

Conclusioni

La pronuncia che si commenta deve essere segnalata favorevolmente, atteso che la persecuzione delle condotte illecite connotate da una matrice omofobica impone la predisposizione di adeguati strumenti giuridici di contrasto, preventivi e repressivi, la cui, eventuale, assenza non può giustificare l'assimilazione di questi comportamenti a condotte illecite sprovviste di causali omofobiche, a maggior ragione quando ci si trova di fronte a “campagne di odio” alimentate dall'utilizzo di social network, come, da ultimo, ribadito dalla Corte EDU, in un caso noto all'opinione pubblica internazionale(Corte EDU, Oganezova c. Armenia, 17 maggio 2022, n. 72961/2012).

Pertanto, non è possibile assimilare i reati caratterizzati da un movente omofobico alle condotte illecite prive di tale connotazione discriminatoria, non potendosi stabilire alcuna equivalenza strutturale tra fattispecie differenti sul piano della causale criminosa, che è determinante per l'inquadramento dei crimini d'odio fondati sulla discriminazione sessuale delle vittime.

L'elevato disvalore di questa tipologia di reati, al contempo, impone un'adeguata attivazione dell'autorità giudiziaria nazionale, non potendosi tollerare atteggiamenti istituzionali di acquiescenza o di connivenza rispetto alle condotte discriminatorie che si stanno considerando, lasciando prive di tutela le vittime di azioni illecite di elevato disvalore; atteggiamento, questo, che, in passato, avevano manifestato le istituzioni lituane, venendo condannate dalla Corte EDU in vicende giurisdizionali analoghe a quelle che si stanno considerando (Corte EDU, Beizaras e Levickas c. Lituania, 14 gennaio 2020, cit.).

In altri termini, l'emersione di un movente omofobico della condotta illecita impone l'attivazione di adeguati strumenti giuridici, preventivi e repressivi, idonei a chiarire il movente discriminatorio e a sanzionare i responsabili delle condotte illecite, che devono essere contrastati alla luce delle loro peculiari connotazioni causali, così come affermato dai Giudici di Strasburgo (Corte EDU, M.C. e A.C. c. Romania, 12 aprile 2016, n. 12060/12).

Deve, infine, evidenziarsi che, presupposta l'attivazione di efficaci misure giuridiche, la mancata persecuzione dei crimini d'odio fondati sulla discriminazione sessuale non concretizza, di per se stessa, una violazione dell'art. 13 CEDU. Tale disposizione normativa, infatti, impone l'effettività della tutela giurisdizionale, ma non assicura l'esercizio dell'azione penale nei confronti degli autori dei crimini, a maggior ragione quando non emerge un atteggiamento pregiudiziale dell'autorità giudiziaria procedente – in questo caso quella lituana – come conseguenza delle tematiche omosessuali affrontate nella manifestazione del pensiero contro cui si concretizza l'azione discriminatoria.

Alessandro Centonze

Bibliografia

Decisioni della Corte EDU

Corte EDU, Macatè c. Lithuania, 10 novembre 2022, n. 61435/2019; Corte EDU, Oganezova c. Armenia, 17 maggio 2022, n. 72961/2012; Corte EDU, Beizaras e Levickas c. Lituania, 14 gennaio 2020, n. 41288/15; Corte EDU, Abu Zubaydah c. Lituania, 31 maggio 2018, n. 46454/11; Corte EDU, M.C. e A.C. c. Romania, 12 aprile 2016, n. 12060/12; Corte EDU, Identoba e altri c. Georgia, 12 maggio 2015, n. 73235/12; Corte EDU, Begheluri e altri c. Georgia, 7 ottobre 2014, n. 28490/02; Corte EDU, Costello-Roberts c. Regno Unito, 25 marzo 1993, serie A n. 247-C.

Bibliografia

P. Kenney, Il peso della libertà. L'Europa dell'Est dal 1989, (2006), trad. it., EDT, Torino, 2008; M. Mazza, La Costituzione della Lituania (1992), in Codice delle Costituzioni, a cura di M. Ganino, CEDAM, Padova, 2013, III, pp. 111 ss.