La questione oggetto della sentenza qui trattata appare di rilevante importanza sia per le ricadute applicative sia perché viene affrontato un argomento raramente approfondito sia dalla giurisprudenza come dalla dottrina.
Non è così raro che nella pratica vengano radicati procedimenti nei quali il danneggiato/parte civile che ha subito una sentenza penale di assoluzione, proponga la medesima domanda risarcitoria ad altro soggetto che non aveva preso parte al processo penale.
La parte motiva del provvedimento di legittimità non è lineare, in quanto da un lato, tra i tre presupposti perché la sentenza penale di assoluzione abbia efficacia nel giudizio civile, si richiede che la domanda risarcitoria venga proposta dalla vittima all'imputato, oppure ad altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile, dall'altro, si riconosce l'estensibilità della sentenza penale di assoluzione al condebitore solidale, anche se quest'ultimo non aveva preso parte al processo.
Il principio di diritto, in ogni caso, appare condivisibile, anche in considerazione del contenuto letterale della norma.
Raffrontando l'art. 652 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno) e l'art. 654 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi) si può notare come solo nella seconda fattispecie il legislatore limiti l'efficacia della sentenza all'imputato, alla parte civile e al responsabile civile, specificando la necessità della costituzione o dell'intervento nel processo penale.
La circostanza, anche in considerazione dell'art. 12 delle preleggi, non può che confortare le conclusioni tratte dagli ermellini in relazione all'estendibilità del giudicato di assoluzione anche al corresponsabile non presente nel processo penale.
Il passaggio chiave per la soluzione del quesito posto alla Corte, appare l'affermazione che in riferimento alla posizione del convenuto, estraneo al processo penale, la norma a cui fare riferimento e che regolamenta l'efficacia di un giudicato intervenuto tra il creditore e un condebitore è l'art. 1306 c.c.: La sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori.
Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore; gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi
La ratio della predetta norma è sottesa a non rendere opponibile al terzo che non ha partecipato al processo, decisioni che possano essergli sconvenienti, senza che abbia potuto difendersi. Viene quindi, lasciato al debitore in solido l'onere di far valere o meno il giudicato nei confronti del creditore.
In forza delle predette premesse, pertanto, bene ha fatto la Cassazione a ritenere estendibile al condebitore solidale il giudicato di assoluzione dei medici.
Ma quid iuris se il convenuto nel processo civile di danno non è un responsabile solidale ma un soggetto terzo che non ha partecipato al processo penale. Poniamo caso che in una responsabilità per danni da cose in custodia il processo penale si svolga nei confronti di una persona fisica poi assolta (anche in questo caso perché il fatto non sussiste, per accertato caso fortuito) e successivamente il danneggiato verifichi che in realtà custode del bene sia un altro soggetto che non ha preso parte al processo penale e lo citi in giudizio.
Il nuovo convenuto potrà giovare del giudicato della sentenza penale di assoluzione in quanto il giudizio ha avuto ad oggetto lo stesso fatto generatore del danno dedotto davanti al tribunale civile, oppure si dovrà eseguire una nuova istruttoria, con il rischio che malgrado vi sia una sentenza non impugnata, emessa in seguito a dibattimento e con il danneggiato costituito parte civile, la sentenza civile diverga da quella penale?
In proposito giova riportare un precedente deciso dai Supremi Giudici: Cass. civ. sez. III, 22 giugno 2004, n. 11605 "La sentenza irrevocabile di assoluzione dell'imputato pronunziata in seguito a dibattimento, ha, ai sensi dell'art. 652 c.p.p. vigente (come dell'art. 25 di quello anteriore) efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste, ed esplica la medesima efficacia nel giudizio civile di risarcimento da questi proposto contro parti diverse da quella assolta in sede penale, ma fondato sui medesimi fatti, l'esclusione dei quali in sede penale comporta il rigetto della domanda risarcitoria in sede civile".
Nel caso preso in esame dalla summenzionata decisione, è stato riconosciuto valore di giudicato alla sentenza penale di assoluzione, malgrado il convenuto nella causa civile di danno, non avesse partecipato al processo penale e malgrado quest'ultimo non fosse un responsabile solidale.
La ragione dell'approdo è così motivata dagli ermellini: la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato anche rispetto all'azione risarcitoria che le stesse parti civili hanno promosso e coltivato contro (il terzo estraneo al processo penale), perché i fatti accertati dal giudice penale sono identici a quelli che gli attori hanno posto a fondamento della loro domanda contro (il terzo estraneo al processo penale).
In estrema sintesi, la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, fa stato anche nel processo civile nel quale è convenuto altro soggetto estraneo al processo penale (che non riveste né la figura del responsabile civile né del corresponsabile solidale) e ciò in quanto i fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria sono i medesimi valutati dal giudice penale.
Ragionando a contrario, il tribunale civile investito della nuova domanda risarcitoria nei confronti di altro soggetto ritenuto l'effettivo custode/responsabile del medesimo fatto/reato per il quale vi è stata sentenza penale di assoluzione passata in giudicato, dovrebbe valutare nuovamente il medesimo fatto/reato, malgrado questo sia l'elemento costitutivo della responsabilità di cui si chiede l'accertamento nei confronti del nuovo debitore, con possibilità di alimentare quel contrasto di giudicati che l'art. 652 c.p.p. vorrebbe scongiurare.
Del resto, come evidenziato anche nel commento all'art. 652 c.p.c. (Cian - Trabucchi, Commentario breve al Codice di Procedura Penale, 2005) si può osservare come con riguardo alle condizioni alle quali è subordinata l'efficacia della sentenza di assoluzione, la norma si occupi della sola posizione del danneggiato, senza prevedere alcun presupposto specifico per l'estensione del giudicato nei confronti delle parti destinate a essere convenute nella lite risarcitoria.
A ciò sia aggiunga che altro autore (Maria Angela Zumpano, Rapporti tra processo civile e processo penale, Torino, 2000, 311) ha osservato come la tutela di altri soggetti che non hanno preso parte al processo penale sia comunque salva, perché l'eventualità che a costoro derivino effetti non completamente vantaggiosi dalla sentenza di assoluzione, è senz'altro da escludere.
Alla luce di quanto sopra argomentato, si attendono ulteriori approfondimenti da parte degli studiosi del diritto, al fine di verificare la correttezza delle assunte determinazioni.