Efficacia extrapenale della sentenza di assoluzione
08 Febbraio 2023
Massima
Nella controversia civile di responsabilità sanitaria, promossa dal danneggiato al fine di ottenere la condanna della struttura sanitaria al risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità contrattuale esclusivamente fondata sull'art. 1228 c.c. per il fatto colposo dei medici dei quali si sia avvalsa nell'adempimento della propria obbligazione di cura, la sentenza - pronunciata all'esito di dibattimento nel processo penale al quale abbia partecipato (o sia stata messo in condizione di parteciparvi) soltanto il danneggiato come parte civile e divenuta irrevocabile - che abbia assolto i medici con la formula "perché il fatto non sussiste", in forza di accertamento effettivo sulla insussistenza del nesso causale tra la condotta degli stessi sanitari e l'evento iatrogeno in danno del paziente in relazione ai medesimi fatti oggetto del giudizio civile di danno, esplica, ai sensi dell'art. 652 c.p.p., piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed è opponibile, ai sensi dell'art. 1306, comma 2, c.c., dalla convenuta struttura sanitaria, debitrice solidale con i medici assolti in sede penale, all'attore danneggiato, ove l'eccezione sia stata tempestivamente sollevata in primo grado e successivamente coltivata. Il caso
Dopo un intervento chirurgico, un signore decede. La moglie del de cuius radica, nei confronti dei medici, il processo penale nel quale si costituisce parte civile; gli imputati vengono assolti “perché il fatto non sussiste” e la sentenza passa in giudicato. Successivamente, la medesima congiunta promuove l'azione civile risarcitoria nei confronti dell'azienda sanitaria – che non era stata parte nel processo penale - dove era stato eseguito l'intervento. Il Tribunale rigetta la domanda in applicazione dell'art. 652 c.p.p. La Corte d'Appello, accertata la responsabilità dei sanitari, riforma la sentenza e condanna l'azienda sanitaria a risarcire il danno, in quanto la sentenza penale di assoluzione non produce effetto nei confronti delle parti non costituite.
Ricorre in cassazione l'azienda sanitaria, formulando due motivi. La questione
Se la sentenza penale di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, ai sensi dell'art. 652 c.p.p. produce effetto nel giudizio civile di danno anche nei confronti di parti diverse da quelle assolte in sede penale. Le soluzioni giuridiche
L'estensore della sentenza oggetto del presente commento, dopo aver riportato i due motivi d'impugnazione proposti dall'azienda sanitaria, sintetizza i principi che governano la materia del giudicato penale di assoluzione e della sua efficacia nel giudizio civile di danno: autonomia e separazione fra il giudizio civile e quello penale; eccezione di cui all'art. 652 c.p.p. che prevede l'efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento (perché il fatto non sussiste, perché l'imputato non lo ha commesso, perché il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o di una facoltà legittima) nel giudizio civile di danno a condizione che il danneggiato si sia costituto parte civile o sia stato messo nella condizione di costituirsi; per “fatto” deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica, configurato dalla condotta, dall'evento e dal nesso di causalità materiale; inapplicabilità in via analogica della norma e interpretazione restrittiva; al giudice civile è precluso procedere ad una diversa ricostruzione del fatto, mentre può accertare l'elemento soggettivo.
La Corte, quindi, osserva come esercitare l'azione civile nel processo penale sia una scelta del danneggiato che non può non essere consapevole delle conseguenze collegate alla funzione e alla struttura del predetto processo.
Sono tre, quindi, secondo la Corte di legittimità, le condizioni perché la sentenza penale di assoluzione possa spiegare effetto di giudicato nel giudizio civile di danno: 1) la sentenza venga pronunciata in seguito a dibattimento; 2) il danneggiato si sia costituito parte civile; 3) in sede civile la domanda di risarcimento sia stata proposta dalla vittima nei confronti dell'imputato, ovvero di altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile.
La Corte, quindi, rileva la differenza della disciplina dell'art. 652 c.p.p. rispetto a quella di cui all'art. 622 c.p.p. (Annullamento della sentenza ai soli effetti civili), evidenziando come nella seconda ipotesi, l'annullamento con rinvio al giudice civile per la sola decisione sul risarcimento del danno, pur restando ferma la statuizione penale, determini la separazione del rapporto penale da quello civile. Unicamente per detta ragione, pertanto, la Corte d'Appello civile sarà legittimata a rivalutare i fatti secondo le regole civilistiche. In questo contesto, la Corte afferma che il decisum di Cass. civ., n. 8035/2016 - che consente al giudice civile di giungere ad un diverso accertamento della sussistenza del "fatto" sotto il profilo di un differente apprezzamento del nesso di causalità materiale tra condotta ed evento - è in armonia con i principi della materia sopra ricordati, poiché la decisione dà risalto, al tempo stesso, ad un carente apprezzamento di fatti non ricompresi nel giudicato penale e alla mancata diversa valutazione degli effetti giuridici ai fini propri del giudizio civile dei fatti accertati in sede penale.
Terminato l'escursus sui principi regolatori della materia, l'estensore affronta il caso specifico, puntualizzando l'effettiva portata del giudicato esterno della sentenza penale di assoluzione dei medici (il provvedimento passato in giudicato, aveva escluso il nesso causale tra il censurabile comportamento dei medici e la morte del paziente).
Si evidenzia, quindi, l'intervenuto giudizio di assoluzione “perché il fatto non sussiste” in forza di sentenza emessa all'esito di dibattimento, passata in giudicato, fondata su un accertamento in concreto circa la insussistenza del nesso causale tra un comportamento pur colposo e l'evento morte, con costituzione di parte civile del danneggiato attore.
Tenuto conto delle predette circostanze, l'estensore rileva come la sentenza penale svolga certamente i suoi effetti nel giudizio civile di danno, inibendo al giudice civile di rimettere in discussione l'accertamento di "fatto" esitato in sede penale e in forza delle regole proprie di quel giudizio (anche, dunque, sull'apprezzamento più rigoroso del nesso di causalità materiale), che è divenuto accertamento ostativo all'accoglimento nel merito della domanda risarcitoria che si fondi sul medesimo "fatto".
L'estensore della sentenza affronta, pertanto, il primo quesito sottopostogli: se il giudicato penale di assoluzione possa avere effetti, seppur riflessi, anche su parti diverse a quelle che abbiano partecipato al giudizio penale.
In primo luogo, viene osservato che la corte di merito, nel rivalutare la vicenda, aveva concluso per la responsabilità della struttura sanitaria in ragione della responsabilità del personale medico e non per ragioni tecnico-organizzative. La responsabilità per il fatto dei medici, pertanto, non è inquadrabile ex art. 1218 c.c., bensì ex art. 1228 c.c. (responsabilità per il fatto degli ausiliari).
Presupposto per il predetto profilo di responsabilità è l'accertamento della colpa dei medici, in assenza della quale, non è ravvisabile la responsabilità dell'ente.
La corte di legittimità ricorda come il fatto che i titoli della responsabilità dei medici (extracontrattuale) e della struttura (contrattuale) siano differenti, non osti all'applicazione dell'istituto della solidarietà ex art. 2055 c.c.
Ciò precisato, l'estensore anticipa la conclusione alla quale addiverrà, affermando che l'assenza di coincidenza soggettiva tra le parti del giudizio penale e quelle del giudizio civile di danno non è dirimente […] per escludere l'efficacia extrapenale del giudicato di assoluzione dei medici ausiliari dell'Ospedale in favore di quest'ultima struttura sanitaria.
Infatti, in riferimento alla posizione del terzo, i limiti soggettivi di efficacia del giudicato sono disciplinati dall'art. 1306 c.c. che nell'ambito della solidarietà passiva, prevede che il giudicato intervenuto tra il creditore ed uno dei condebitori solidali possa essere fatto valere dagli altri debitori nei confronti del creditore.
Gli ermellini evidenziano, altresì, la necessità che il terzo estraneo al processo penale eccepisca tempestivamente l'eccezione di voler giovare della sentenza penale di assoluzione.
Terminata l'esposizione delle ulteriori premesse, la corte di legittimità così sintetizza la ragione dell'efficacia del giudicato penale nei confronti dell'azienda ospedaliera: sotto il profilo sostanziale, il fatto colposo dei medici è elemento costitutivo della responsabilità della struttura stessa, così che il giudicato che esclude la colpevolezza degli ausiliari può essere opposto dalla struttura che non ha partecipato al processo penale, al danneggiato ai sensi dell'art. 652 c.p.p.
In conclusione, la Corte afferma che la sentenza pronunciata all'esito di dibattimento nel processo penale divenuta irrevocabile, ai sensi dell'art. 652 c.p.p. esplica piena efficacia di giudicato ostativo di un diverso accertamento di quegli stessi fatti ed è opponibile dalla convenuta struttura sanitaria, all'attore danneggiato. Osservazioni
La questione oggetto della sentenza qui trattata appare di rilevante importanza sia per le ricadute applicative sia perché viene affrontato un argomento raramente approfondito sia dalla giurisprudenza come dalla dottrina.
Non è così raro che nella pratica vengano radicati procedimenti nei quali il danneggiato/parte civile che ha subito una sentenza penale di assoluzione, proponga la medesima domanda risarcitoria ad altro soggetto che non aveva preso parte al processo penale.
La parte motiva del provvedimento di legittimità non è lineare, in quanto da un lato, tra i tre presupposti perché la sentenza penale di assoluzione abbia efficacia nel giudizio civile, si richiede che la domanda risarcitoria venga proposta dalla vittima all'imputato, oppure ad altro soggetto che abbia comunque partecipato al giudizio penale nella veste di responsabile civile, dall'altro, si riconosce l'estensibilità della sentenza penale di assoluzione al condebitore solidale, anche se quest'ultimo non aveva preso parte al processo.
Il principio di diritto, in ogni caso, appare condivisibile, anche in considerazione del contenuto letterale della norma.
Raffrontando l'art. 652 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno) e l'art. 654 c.p.p. (Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi) si può notare come solo nella seconda fattispecie il legislatore limiti l'efficacia della sentenza all'imputato, alla parte civile e al responsabile civile, specificando la necessità della costituzione o dell'intervento nel processo penale.
La circostanza, anche in considerazione dell'art. 12 delle preleggi, non può che confortare le conclusioni tratte dagli ermellini in relazione all'estendibilità del giudicato di assoluzione anche al corresponsabile non presente nel processo penale.
Il passaggio chiave per la soluzione del quesito posto alla Corte, appare l'affermazione che in riferimento alla posizione del convenuto, estraneo al processo penale, la norma a cui fare riferimento e che regolamenta l'efficacia di un giudicato intervenuto tra il creditore e un condebitore è l'art. 1306 c.c.: La sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori.
Gli altri debitori possono opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore; gli altri creditori possono farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi può opporre a ciascuno di essi
La ratio della predetta norma è sottesa a non rendere opponibile al terzo che non ha partecipato al processo, decisioni che possano essergli sconvenienti, senza che abbia potuto difendersi. Viene quindi, lasciato al debitore in solido l'onere di far valere o meno il giudicato nei confronti del creditore.
In forza delle predette premesse, pertanto, bene ha fatto la Cassazione a ritenere estendibile al condebitore solidale il giudicato di assoluzione dei medici.
Ma quid iuris se il convenuto nel processo civile di danno non è un responsabile solidale ma un soggetto terzo che non ha partecipato al processo penale. Poniamo caso che in una responsabilità per danni da cose in custodia il processo penale si svolga nei confronti di una persona fisica poi assolta (anche in questo caso perché il fatto non sussiste, per accertato caso fortuito) e successivamente il danneggiato verifichi che in realtà custode del bene sia un altro soggetto che non ha preso parte al processo penale e lo citi in giudizio.
Il nuovo convenuto potrà giovare del giudicato della sentenza penale di assoluzione in quanto il giudizio ha avuto ad oggetto lo stesso fatto generatore del danno dedotto davanti al tribunale civile, oppure si dovrà eseguire una nuova istruttoria, con il rischio che malgrado vi sia una sentenza non impugnata, emessa in seguito a dibattimento e con il danneggiato costituito parte civile, la sentenza civile diverga da quella penale?
In proposito giova riportare un precedente deciso dai Supremi Giudici: Cass. civ. sez. III, 22 giugno 2004, n. 11605 "La sentenza irrevocabile di assoluzione dell'imputato pronunziata in seguito a dibattimento, ha, ai sensi dell'art. 652 c.p.p. vigente (come dell'art. 25 di quello anteriore) efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato quanto all'accertamento che il fatto non sussiste, ed esplica la medesima efficacia nel giudizio civile di risarcimento da questi proposto contro parti diverse da quella assolta in sede penale, ma fondato sui medesimi fatti, l'esclusione dei quali in sede penale comporta il rigetto della domanda risarcitoria in sede civile".
Nel caso preso in esame dalla summenzionata decisione, è stato riconosciuto valore di giudicato alla sentenza penale di assoluzione, malgrado il convenuto nella causa civile di danno, non avesse partecipato al processo penale e malgrado quest'ultimo non fosse un responsabile solidale.
La ragione dell'approdo è così motivata dagli ermellini: la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato anche rispetto all'azione risarcitoria che le stesse parti civili hanno promosso e coltivato contro (il terzo estraneo al processo penale), perché i fatti accertati dal giudice penale sono identici a quelli che gli attori hanno posto a fondamento della loro domanda contro (il terzo estraneo al processo penale).
In estrema sintesi, la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, fa stato anche nel processo civile nel quale è convenuto altro soggetto estraneo al processo penale (che non riveste né la figura del responsabile civile né del corresponsabile solidale) e ciò in quanto i fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria sono i medesimi valutati dal giudice penale.
Ragionando a contrario, il tribunale civile investito della nuova domanda risarcitoria nei confronti di altro soggetto ritenuto l'effettivo custode/responsabile del medesimo fatto/reato per il quale vi è stata sentenza penale di assoluzione passata in giudicato, dovrebbe valutare nuovamente il medesimo fatto/reato, malgrado questo sia l'elemento costitutivo della responsabilità di cui si chiede l'accertamento nei confronti del nuovo debitore, con possibilità di alimentare quel contrasto di giudicati che l'art. 652 c.p.p. vorrebbe scongiurare.
Del resto, come evidenziato anche nel commento all'art. 652 c.p.c. (Cian - Trabucchi, Commentario breve al Codice di Procedura Penale, 2005) si può osservare come con riguardo alle condizioni alle quali è subordinata l'efficacia della sentenza di assoluzione, la norma si occupi della sola posizione del danneggiato, senza prevedere alcun presupposto specifico per l'estensione del giudicato nei confronti delle parti destinate a essere convenute nella lite risarcitoria.
A ciò sia aggiunga che altro autore (Maria Angela Zumpano, Rapporti tra processo civile e processo penale, Torino, 2000, 311) ha osservato come la tutela di altri soggetti che non hanno preso parte al processo penale sia comunque salva, perché l'eventualità che a costoro derivino effetti non completamente vantaggiosi dalla sentenza di assoluzione, è senz'altro da escludere.
Alla luce di quanto sopra argomentato, si attendono ulteriori approfondimenti da parte degli studiosi del diritto, al fine di verificare la correttezza delle assunte determinazioni. Riferimenti
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