Rapporto tra accesso e tutela della privacy: distinzione tra riservatezza semplice e rafforzata

08 Febbraio 2023

Per il rapporto tra accesso difensivo e tutela della riservatezza occorre distinguere tra riservatezza semplice, per cui l'interesse difensivo prevale, e quella rafforzata per cui occorre effettuare un bilanciamento secondo criteri di necessarietà, di indispensabilità e parità di rango.
Massima

L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza.

Quanto al rapporto tra “accesso difensivo” e tutela della riservatezza occorre distinguere tra:


- la riservatezza “semplice”, afferente la tutela dei dati finanziari ed economici, in ordine alla quale l'interesse difensivo va tendenzialmente ritenuto prevalente;


- la riservatezza “rafforzata”, nell'ambito della quale vanno annoverati sia i dati “sensibili”, quali le origini razziali, le convinzioni politiche e religiose, le vicende giudiziarie, che i dati “super-sensibili”, come la salute e l'orientamento sessuale, rispetto ai quali l'interesse difensivo deve di volta in volta essere bilanciato secondo i criteri di necessarietà, di indispensabilità e di parità di rango.

Il caso

La controversia esaminata dal Consiglio di Stato ha ad oggetto un'azione proposta ex art. 116 c.p.a. per l'annullamento della determinazione recante il diniego alla istanza di accesso formulata ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241/1990 s.m.i.

Nel caso in esame viene esaminato il profilo della valutazione che l'Amministrazione è chiamata ad operare, dovendo quest'ultima svolgere un'attenta valutazione in ordine all'istanza di accesso ai documenti ed alla sussistenza del necessario collegamento tra gli atti richiesti e le esigenze difensive espresse.

Nell'ambito del rapporto tra "accesso difensivo" e tutela della riservatezza, la pronuncia in via preliminare opera una distinzione tra:

a) la riservatezza "semplice" (categoria in cui rientra proprio la tutela ai dati finanziari ed economici espressi nell'istanza di accesso), in ordine alla quale l'interesse difensivo è ritenuto tendenzialmente prevalente;

b) la riservatezza "rafforzata", nell'ambito della quale vanno annoverati dati "sensibili" (es. origini razziali e convinzioni politiche e religiose nonché eventuali vicende giudiziarie) e dati "supersensibili" (es. salute e orientamento sessuale), rispetto ai quali l'interesse difensivo deve di volta in volta essere bilanciato secondo criteri di necessarietà, di indispensabilità e parità di rango.

Poste tali coordinate ermeneutiche la sentenza qualifica le ragioni di privacy allegate dall'amministrazione per motivare il diniego come di rilevanza "semplice" per cui l'interesse difensivo dell'istante è destinato a prevalere sulle opposte esigenze di riservatezza.

La questione

Una prima questione riguarda la sussistenza dei requisiti essenziali minimi previsti dagli artt. 22 ss. l. n. 241/1990 per la presentazione di un'istanza di accesso difensivo, stante il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione "finale" controversa.

La seconda questione affrontata concerne il profilo della valutazione che l'Amministrazione deve effettuare in ordine alle istanze di accesso ai documenti e alla sussistenza di un certo collegamento tra atti richiesti e l'interesse difensivo dedotto.

La terza questione giuridica affrontata dalla sentenza riguarda, infine, il rapporto tra l'"accesso difensivo" e la tutela della riservatezza, al fine di determinare il criterio di prevalenza tra gli opposti interessi in gioco.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio si sofferma, in primo luogo, sull'art. 22, comma 2, l. n. 241/1990 nella parte in cui stabilisce che: "L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza".

In particolare, la funzione dell'accesso trova una compiuta definizione nel successivo comma 3, il quale stabilisce il principio generale di accessibilità agli atti, ad eccezione di quelli indicati all'art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6 (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 25 settembre 2020, n. 19); nell'ultimo comma, l'art. 24 indica un'autonoma funzione dell'accesso e la costruisce come una eccezione rispetto all'elenco delle esclusioni dal diritto di accesso che danno la rubrica all'articolo in parola, precisando che deve "comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale".

In secondo luogo, viene richiamata la sentenza dell'Adunanza plenaria n. 4/2021, al fine di chiarire che, su un piano generale, in relazione all'accesso difensivo di cui alla legge n. 241/1990, l'amministrazione detentrice dei documenti deve verificare che vi sia "uno stretto collegamento" tra gli atti richiesti e le difese da apprestare in un processo già pendente o eventualmente da instaurare, fermo restando il limite per quest'ultima di esprimere valutazioni ulteriori circa l'influenza o la decisività del documento ai fini della risoluzione della controversia.

Quanto, poi, al rapporto tra "accesso difensivo" e tutela della riservatezza, occorre in via preliminare distinguere tra:

- la riservatezza "semplice" (categoria in cui rientra proprio la tutela ai dati finanziari ed economici), in ordine alla quale l'interesse difensivo è ritenuto tendenzialmente prevalente;

- la riservatezza "rafforzata", nell'ambito della quale vanno annoverati dati "sensibili" (es. origini razziali e convinzioni politiche e religiose nonché eventuali vicende giudiziarie) e dati "supersensibili" (es. salute e orientamento sessuale), rispetto ai quali l'interesse difensivo deve di volta in volta essere bilanciato secondo criteri di necessarietà, indispensabilità e parità di rango.

Applicando tali coordinate ermeneutiche la pronuncia qualifica l'interesse difensivo all'accesso agli atti richiesti come diretto, concreto e attuale e l'istanza avanzata meritevole di accoglimento, dal momento che le ragioni di privacy allegate dall'amministrazione per motivare il diniego sono di rilevanza "semplice" tanto da determinare che l'interesse difensivo dell'istante risulti prevalente rispetto alla tutela della riservatezza.

Osservazioni

L'esame delle questioni giuridiche indicate consente di svolgere alcune osservazioni.

L'accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 è riferito al «diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi», intendendosi per «interessati … tutti i soggetti … che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso»; in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata.

La disciplina dell'accesso risulta ispirata ai seguenti principî:

a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l'accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990 e s.m.i.);

b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione (art. 22, comma 1, lettera d), con formula replicata dall'art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184/2006);

c) circoscrivere le qualità dell'interesse legittimante a quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l'interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l'astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale.

Secondo i noti insegnamenti dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2021, il legislatore ha ulteriormente circoscritto l'oggetto della situazione legittimante l'accesso difensivo rispetto all'accesso "ordinario", esigendo che la stessa, oltre a corrispondere al contenuto dell'astratto paradigma legale, sia anche collegata al documento al quale è chiesto l'accesso (art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990), in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l'ostensione, e per l'ottenimento del quale l'accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite.

Questa esigenza è soddisfatta, sul piano procedimentale, dal successivo art. 25, comma 2, della l. n. 241/1990, ai sensi del quale "la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata".

Da tanto si ricava che le finalità dell'accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell'istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all'amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione "finale" controversa.

A tal fine, la sentenza in commento ricostruisce la disciplina del bilanciamento tra interesse all'accesso difensivo dell'istante e la tutela della riservatezza del controinteressato richiamando l'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, nella parte in cui richiede un giudizio valutativo di tipo comparativo di composizione degli interessi confliggenti facenti capo al richiedente e, rispettivamente, al controinteressato, modulato in ragione del grado di intensità dei contrapposti interessi ed improntato ai tre criteri della necessarietà, dell'indispensabilità e della parità di rango.

Nel caso esaminato, non vengono in rilievo né i "dati sensibili", quali definiti dall'art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio e, cioè, dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, né i dati "giudiziari" di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, né i dati cc.dd. supersensibili di cui all'art. 60 del d.lgs. n. 196/2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona), bensì i dati personali rientranti nella tutela della riservatezza cd. finanziaria ed economica della parte controinteressata.

Ebbene, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della "necessità" ai fini della "cura" e della "difesa" di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali, di cui si è detto, dell'accesso documentale di tipo difensivo.