L'esame delle questioni giuridiche indicate consente di svolgere alcune osservazioni.
L'accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 è riferito al «diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi», intendendosi per «interessati … tutti i soggetti … che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso»; in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata.
La disciplina dell'accesso risulta ispirata ai seguenti principî:
a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l'accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990 e s.m.i.);
b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione (art. 22, comma 1, lettera d), con formula replicata dall'art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184/2006);
c) circoscrivere le qualità dell'interesse legittimante a quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l'interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l'astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale.
Secondo i noti insegnamenti dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2021, il legislatore ha ulteriormente circoscritto l'oggetto della situazione legittimante l'accesso difensivo rispetto all'accesso "ordinario", esigendo che la stessa, oltre a corrispondere al contenuto dell'astratto paradigma legale, sia anche collegata al documento al quale è chiesto l'accesso (art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990), in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l'ostensione, e per l'ottenimento del quale l'accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite.
Questa esigenza è soddisfatta, sul piano procedimentale, dal successivo art. 25, comma 2, della l. n. 241/1990, ai sensi del quale "la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata".
Da tanto si ricava che le finalità dell'accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell'istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all'amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione "finale" controversa.
A tal fine, la sentenza in commento ricostruisce la disciplina del bilanciamento tra interesse all'accesso difensivo dell'istante e la tutela della riservatezza del controinteressato richiamando l'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, nella parte in cui richiede un giudizio valutativo di tipo comparativo di composizione degli interessi confliggenti facenti capo al richiedente e, rispettivamente, al controinteressato, modulato in ragione del grado di intensità dei contrapposti interessi ed improntato ai tre criteri della necessarietà, dell'indispensabilità e della parità di rango.
Nel caso esaminato, non vengono in rilievo né i "dati sensibili", quali definiti dall'art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio e, cioè, dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, né i dati "giudiziari" di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, né i dati cc.dd. supersensibili di cui all'art. 60 del d.lgs. n. 196/2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona), bensì i dati personali rientranti nella tutela della riservatezza cd. finanziaria ed economica della parte controinteressata.
Ebbene, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell'art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della "necessità" ai fini della "cura" e della "difesa" di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali, di cui si è detto, dell'accesso documentale di tipo difensivo.