Disciplina del “termine lungo” di impugnazione: convergenza delle diverse formulazioni nel C.p.a. e nel C.p.c.

Redazione Scientifica
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08 Febbraio 2023

Il Consiglio di stato si pronuncia sulla diversa formulazione della disciplina del “termine lungo” di impugnazione contenuta, rispettivamente, nell'articolo 92, comma 3, del c.p.a. e nell'art. 327 del c.p.c.

Il collegio, nel dichiarare l'appello ricevibile, all'esito dell'esame dell'eccezione di tardività della notifica in appello, secondo cui il gravame sarebbe stato tardivo per superamento del termine “lungo” di sei mesi, ha approfondito un aspetto della questione della modalità di calcolo dei termini per l'appello correlato alla diversità di formulazione della disciplina del “termine lungo” di impugnazione contenuta nell'art. 92, comma 3, c.p.a. rispetto a quella dell'art. 327 c.p.c.

Le due disposizioni, invero, delineano due prospettive simmetriche, volte a descrivere la medesima regola anche se con formulazioni diverse.

L'art. 92, comma 3, c.p.a., con proposizione positiva, stabilisce che gli atti di impugnazione ordinaria “devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”, ponendo così l'accento sulla nozione di onere di impugnazione nel termine decadenziale.

L'art. 327 c.p.c. statuendo, invece, con la forma verbale negativa, che le impugnazioni ordinarie “non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”, è incentrato sul concetto di “decadenza” del potere di impugnazione, che viene meno una volta spirato il termine lungo.

A giudizio del collegio, pertanto, vi è convergenza delle discipline dei due processi, civile e amministrativo, tanto più necessaria quando si tratta di delineare i principi generalissimi sul calcolo dei termini per la proposizione delle azioni o delle impugnazioni.