Le scelte difensive sotto il profilo penale - con riferimento alla fase di merito e non a quella cautelare – si differenziano, ovviamente, a seconda che si debba affrontare un processo per reati dichiarativi o, invece, per quelli di omesso versamento (non foss'altro perché, per questi ultimi, il dato evidenziato dal punto di vista amministrativo è, per così dire, automaticamente rilevante in ambito penale e ciò per il semplice motivo che deriva da controlli automatizzati).
Ne consegue che – come vedremo poco oltre – nei reati omissivi è particolarmente difficile contestare l'esistenza del fatto storico.
Per quanto attiene ai reati dichiarativi è il caso di ricordare che è sempre utile distinguere quelli caratterizzati da frode (ovverosia quelli previsti e puniti dagli artt. 2 e 3 d.lgs. n. 74/00) dalle altre fattispecie delittuose ovverosia la infedeltà dichiarativa e l'omessa presentazione della dichiarazione (previste e punite dagli artt. 4 e 5).
In merito alle frodi è opportuno evidenziare altresì che l'ipotesi più frequente per il penalista è quella di organizzare una difesa rispetto alla contestazione di dichiarazione fraudolenta per uso di fatture false o altri documenti per operazioni inesistenti.
La ragione è molto semplice: rispetto alla dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, non vi sono le soglie di punibilità e, tutto sommato, rispetto alla suddetta ipotesi, vi sono anche minori criticità applicative da parte dei pubblici accusatori non foss'altro perché, spesso e volentieri, le frodi sono comunque ricollegabili alle fatture.
Prendiamo quindi, ad esempio, le difese utilizzabili per confutare la sussistenza del reato previsto dall'art. 2.
Si tratta, sostanzialmente, di difese convenzionali e per convenzionali si debbono intendere quelle difese tecniche che ogni penalista deve necessariamente avere nel proprio bagaglio culturale.
Più precisamente, e senza pretesa di essere esaustivi, le difese potranno riguardare:
- inidoneità probatoria dell'accusa;
- dimostrazione dell'effettività delle operazioni di cui alle fatture ritenute come oggettivamente inesistenti;
- riferibilità delle operazioni di cui alle fatture ritenute come soggettiva-mente inesistenti;
- non configurabilità del reato per mera non congruità del corrispettivo (argomento importante qualora la contestazione sia fondata sulla pretesa incongruità del prezzo pagato rispetto al valore del bene ceduto e su questo aspetto, in particolare, si leggano con attenzione due sentenze, non troppo datate, Cass. pen., n. 1464/2016 e Cass. pen., n. 22108/2014, sempre, ovviamente, della Terza Sezione Penale);
- irrilevanza penale delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini delle imposte sui redditi;
- irrilevanza della diversità del soggetto cessionario rispetto all'effettivo fruitore del bene o del servizio;
- difetto dell'elemento psicologico (è opportuno ricordare che per la sussistenza del delitto di cui trattasi è necessaria la prova del dolo specifico di evasione e quindi dal punto di vista difensivo si dovrà eccepire la reale sussistenza dell'operazione oppure la perfetta buona fede del cessionario);
- estinzione del debito tributario e degli accessori quali sanzioni e interessi (l'estinzione di cui trattasi è senz'altro un utile strumento difensivo sul quale, come vedremo, vi sono ulteriori riflessioni da svilupparsi che potremo meglio delineare allorquando, poco oltre, si tratterà della portata e degli effetti dell'art. 13 d.lgs. n. 74/00).
È vero peraltro che la giurisprudenza offre interpretazioni evolutive delle quali si deve tener conto.
Fino a poco tempo fa, infatti, allorquando si affrontava l'argomento dell'inesistenza delle operazioni, si richiamava la classica tripartizione:
- inesistenza oggettiva (se l'operazione indicata non è mai stata compiuta come nel caso di fatture provenienti dalle cosiddette cartiere);
- inesistenza soggettiva (se uno o entrambi i soggetti indicati sono diversi da quelli tra cui si è effettivamente svolta l'operazione);
- inesistenza per sovrafatturazione (quando il corrispettivo è indicato in maniera superiore a quello corrisposto e cioè, per esempio, quando si hanno fattura gonfiate per sponsorizzazioni sportive, ricerche di mercato, consulenze).
Orbene dobbiamo tener conto che la giurisprudenza (l'ultima è stata pubblicata lunedì 28/11/22, Cass. pen., sez. III, n. 45114/22) aggiunge un'altra ipotesi di inesistenza: quella cosiddetta ‘giuridica'.
Quest'ultima ipotesi si delinea nel caso di inesistenza ricollegabile ad un rapporto effettivamente intercorso tra le parti ma inquadrato con un negozio giuridico formalmente diverso da quello aderente alla realtà sostanziale.
Sempre con riferimento all'art. 2, un'ulteriore considerazione può farsi in merito ad una tecnica difensiva processuale ovverosia l'eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale che è chiamato a giudicare della dichiarazione fraudolenta quando i responsabili dell'emissione delle fatture fase sono giudicati (o giudicabili) da altro e diverso Tribunale.
In questo caso la competenza territoriale per l'art. 2, di cui trattasi, è ovviamente quella dell'art. 8 e quindi è senz'altro da eccepire.
Occorre ricordare che trattandosi di un'incompetenza per territorio dovrà essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima dell'udienza preliminare e, nel caso in cui venga respinta, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, c.p.p.
L'eccezione è senz'altro fondata non foss'altro perché, al di là di alcune pronunce della Suprema Corte in tal senso, vi è soprattutto un dato normativo inequivocabile e cioè quello concernente il disposto combinato degli artt. 12 e 16 c.p.p.: la competenza per territorio per i procedimenti connessi appartiene al Giudice competente per il reato più grave o, in caso di pari gravità, al Giudice competente per il primo reato (ovvio che il primo sia l'emissione della fattura falsa).
Per completare la breve analisi sui reati dichiarativi caratterizzati da frode rimangono da valutare le possibili difese nel caso di contestazione di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 d.lgs. n. 74/00).
Abbiamo già evidenziato che tale ipotesi viene contestata con minor frequenza rispetto all'altra dichiarazione fraudolenta prevista e punita dall'art. 2.
Alcune difese previste per l'art. 2, come per esempio quella concernente il difetto dell'elemento psicologico o l'estinzione del debito tributario, sono, ovviamente, esperibili anche in questo caso prova ne sia che la causa di non punibilità prevista dall'art. 13, comma 2, è applicabile anche in questa seconda ipotesi di dichiarazione fraudolenta.
È vero tuttavia che la struttura del reato di cui trattasi impone, necessariamente, al difensore di valutare altri aspetti.
In particolare quelli concernenti il mancato superamento della cosiddetta soglia di punibilità al di sotto della quale non si potrà parlare di illecito di natura penalistica.
A tal proposito giova ricordare che per la sussistenza del delitto di cui all'art. 3 è necessario il superamento di una doppia soglia di punibilità, riferita all'imposta evasa e anche all'ammontare degli elementi attivi sottratti all'imposizione.
In particolare l'imposta evasa, sempre con riferimento a taluna delle singole imposte contemplate, dovrà essere superiore ad € 30.000,00 e, congiuntamente, l'ammontare degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, dovrà essere superiore, in misura proporzionale, al 5% dell'ammontare degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, in valore assoluto, superiore ad € 1.500.000,00.
È appena il caso di evidenziare che la difesa, se possibile anche mediante ricorso a consulenze tecniche di parte, potrà dimostrare che le suddette soglie, o anche soltanto una di esse, non sono state superate.
L'altra possibile difesa riguarda la contestazione tesa a dimostrare che non vi siano state operazioni simulate richiamate dalla norma incriminatrice con riguardo alla condotta.
Inoltre il difensore potrà sempre contestare che il proprio assistito non si sia avvalso di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'Amministrazione Finanziaria.
Si tratta infatti dell'altro profilo rilevante ai fini della condotta della norma incriminatrice.
Tre ulteriori considerazioni da tener senz'altro presenti:
- innanzitutto le condotte considerate di abuso del diritto e cioè quelle prive di sostanza economica che, nel rispetto formale delle norme, realizzano vantaggi fiscali indebiti non possono definirsi simulate ai sensi e per gli effetti dell'art. 10-bis l. n. 212/2000;
- in secondo luogo la condotta si considera commessa se i documenti falsi sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti ai fini di prova nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria;
- infine che non costituiscono mezzi fraudolenti le mere violazioni degli obblighi di fatturazione e annotazione degli elementi attivi.
Relativamente ai delitti dichiarativi diversi da quelli commessi con frode, si segnala brevemente quanto segue.
Intanto la pena prevista per la dichiarazione infedele (da 2 a 4 anni e 6 mesi) e per le omesse dichiarazioni (da 2 a 5 anni anche nel caso dell'omessa dichiarazione del sostituto d'imposta) sono assai inferiori rispetto a quanto evidenziato in precedenza.
Per quanto attiene alla dichiarazione infedele occorre ricordare che è prevista una doppia soglia di punibilità che si deve congiuntamente realizzare.
Più precisamente l'evasione deve essere superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad € 100.000,00. Inoltre l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, deve essere superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore ad € 2.000.000,00.
Anche in questo caso, quindi, una difesa esperibile è senz'altro quella di dimostrare il mancato superamento delle soglie di punibilità.
La norma incriminatrice, fermo restando che alcune delle difese, come il difetto dell'elemento psicologico e l'estinzione del debito tributario sono richiamabili anche in questo caso, offre ulteriori possibilità difensive.
Innanzitutto giova ricordare che non si tiene comunque conto ai fini dell'applicazione della norma:
- della non corretta classificazione;
- della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali;
- della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza;
- della non inerenza e della non deducibilità di elementi passivi reali.
Infine, ulteriore difesa possibile è quella prevista dal comma 1-ter, il quale, fuori dai casi sopra indicati, sancisce l'irrilevanza, ai fini della punibilità, delle valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Degli importi compresi in tale percentuale, peraltro, non si tiene conto della verifica del superamento delle soglie di punibilità, anch'esse sopra richiamate.
Per quanto attiene alle due fattispecie di omessa dichiarazione previste dall'art. 5, comma 1 e 5, comma 1-bis, ovverosia ivi compresa l'omessa dichiarazione del sostituto d'imposta, le difese attuabili possono riassumersi nel modo che segue:
- difetto dell'elemento psicologico (con l'accortezza di considerare che nell'ipotesi di omessa dichiarazione del sostituto d'imposta di cui al comma 1-bis, è previsto il dolo generico);
- estinzione del debito tributario;
- inesistenza dell'obbligo di presentazione della dichiarazione (sia quella annuale, sia quella del sostituto d'imposta);
- mancato superamento della soglia di punibilità (prevista per entrambe le ipotesi delittuose).