La giurisprudenza appare divisa riguardo alla soluzione del quesito sottoposto al giudice nel caso in esame.
Secondo un consolidato orientamento, non sussiste il legittimo impedimento a comparire nel caso in cui l'imputato, sottoposto alla misura dell'obbligo di soggiorno in un Comune diverso da quello in cui si celebra il processo, non abbia chiesto l'autorizzazione al giudice competente per partecipare all'udienza. Occorre, infatti, perché il legittimo impedimento possa essere valutato dal giudice che l'imputato manifesti la sua volontà di essere presente in udienza, attraverso specifica richiesta di autorizzazione. In difetto di ciò, l'Autorità Giudiziaria non può sostituirsi alla volontà dell'imputato con l'adozione di provvedimenti autorizzativi non espressamente richiesti da questi, non potendo il silenzio dell'interessato essere interpretato come una richiesta implicita a partecipare. Al contrario, tale silenzio sarebbe sostanzialmente espressione della volontà di non partecipare all'udienza o di rinunciare a comparire sicché il Giudice, pur a conoscenza della esistenza di una situazione di obiettivo impedimento a partecipare al processo, non dovrebbe fare alcunché e potrebbe legittimamente procedere in assenza (Cass. pen., sez. V, 4 luglio 2019, n. 42749, Fall. Società Deiulemar, Rv. 277537; nello stesso senso, tra le altre, Cass. pen., sez. V, 25 marzo 2014, n. 20726, Bevilacqua, Rv. 262823). In altri termini, il diritto di partecipare al processo sarebbe "tutelabile" solo in presenza di una espressa richiesta di partecipazione da parte dell'interessato, il cui silenzio, invece, sarebbe sostanzialmente espressione della volontà di non partecipare all'udienza, autorizzando a procedere in assenza.
Secondo un diverso orientamento interpretativo, invece, qualora l'imputato sia detenuto o agli arresti domiciliari o, comunque, sottoposto a limitazione della libertà personale che non gli consenta la presenza in udienza, poiché in tali casi è in re ipsa la presenza di un legittimo impedimento, il giudice, in qualunque modo e in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche senza una richiesta dell'imputato deve d'ufficio rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell'imputato, a meno che, ovviamente, non vi sia stato un rifiuto dell'imputato stesso di assistere all'udienza (Così Cass. pen., sez. Un., 24 giugno 2010, n. 35399 F., Rv. 247835; Cass. pen., sez. Un., 26 settembre 2006, n. 37483, Arena, Rv 234599 – 234600; Cass. pen., sez. II, 10 febbraio 2016, n. 8098, Moccia, Rv. 266217; Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 2014, n. 19130, Di Rocco, Rv 263490; Cass. pen., sez. VI, 10 dicembre 2013, n. 2300, Deda, Rv. 258246).
E' questo l'orientamento cui si uniforma la Corte di cassazione nel caso in esame, rifacendosi a principi ribaditi anche più recentemente dalle Sezioni Unite (v. Cass. pen., sez. un., 30 settembre 2021, n. 7635, Costantino, Rv. 282806, in motivazione).
In particolare, la Corte evidenzia che in un sistema di matrice accusatoria, la partecipazione dell'imputato al 'suo' processo è condizione indeffettibile per il regolare esercizio della giurisdizione; essa afferisce al diritto di difesa e perciò non è confiscabile, potendo al più essere oggetto di rinuncia da parte del titolare, rinuncia che – come insegna la giurisprudenza sovranazionale (Corte edu, 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia § 28; Corte edu, GC, 25 novembre 1990, Zana c. Turchia, §70; Corte edu, 23 novembre 2003, Poitromol c. Francia, §31; Corte edu, 24 marzo 2005, Stoichkov c. Bulgaria, §55) - non può essere presunta, ma deve essere oggetto di una inequivoca manifestazione di volontà. In altri termini, l'assenza di per sè può costituire espressione della abdicazione del diritto a partecipare solo ove non risulti in alcun modo l'esistenza di un impedimento e possa essere ricondotta univocamente ad una libera rinuncia dell'imputato ad esercitare il suo diritto. Si tratta di situazione che non sussisteva nel caso di specie in cui il giudice procedente aveva contezza di un impedimento dell'imputato a partecipare al processo a causa del provvedimento cautelare e non era stata manifestata da parte dell'interessato, in maniera inequivoca, la volontà di rinunciare a presenziare. In tale situazione, il giudice era tenuto ad esercitare, di ufficio e senza ulteriori sollecitazioni da parte dell'imputato, tutti i poteri che l'ordinamento gli conferisce al fine di assicurare la partecipazione dell'imputato non rinunciante. Una difforme interpretazione, fondata sul disconoscimento della natura assoluta dell'impedimento, in quanto superabile da una manifestazione di interesse da parte dell'imputato, non tiene conto del fatto che questa attivazione da parte dell'interessato, pur possibile, non è imposta dalla legge, che non pone a carico dell'imputato di attivarsi presso il giudice della cautela. Si tratta di principi che – come ha cura di ricordare il giudice del caso in esame - pur formulati dalle Sezioni Unite nell'ambito di un giudizio in cui l'impedimento a comparire derivava dall'essere l'imputato agli arresti domiciliari, sono destinati a valere qualunque sia la misura cautelare che impedisce all'imputato di partecipare al processo. Viene, infatti, in ogni caso in rilievo un impedimento assoluto che non cessa di essere tale in ragione della mancata espressa attivazione dell'interessato e, dunque, della mancata espressa manifestazione di interesse a partecipare. La situazione di diritto fondamentale dell'imputato di partecipare al "suo" processo" non degrada, in altri termini, ad interesse perseguibile a sua iniziativa, non essendo imposta dalla legge alcuna attivazione da parte dell'interessato.
Nel caso di specie, l'imputato era in una situazione di impedimento legittimo a comparire, derivante dall'applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora con divieto di allontanarsi dal Comune senza autorizzazione del giudice e detta situazione era nota al Giudice; la circostanza che l'imputato non avesse chiesto di essere autorizzato a recarsi in udienza non poteva essere ritenuta come una indiretta manifestazione di disinteresse a presenziare ovvero come una rinuncia a partecipare, e, dunque, il Giudice, era tenuto ad assicurare la presenza dell'imputato. Il giudice ha, invece, proceduto pronunciando una decisione, confermata anche dal giudice d'appello, nonostante l'involontaria assenza dell'imputato, in violazione del suo diritto di partecipazione. Considerato che tale violazione inficia gli atti del processo e il suo esito, la Corte ha accolto il ricorso e disposto l'annullamento della sentenza con rinvio degli atti al giudice di primo grado.