Dal Regolamento 2157/2001 emerge che la costituzione della società europea presuppone la presenza di almeno due imprese operanti in diversi Stati membri e risponde allo scopo di coordinarne l'attività comune tramite una struttura sociale unitaria. Anche nel caso di costituzione della SE mediante trasformazione di una singola s.p.a., ai sensi dell'art.4, par. 4, della direttiva 2001/86 (è la fattispecie concreta esaminata dalla Corte di Giustizia nella sentenza in esame), pur essendo unica la società promotrice, è richiesto che questa abbia un'affiliata soggetta alla legge di altro Stato membro.
Sotto il profilo tipologico, la SE è una società per azioni , come si evince testualmente dall'art.2 del Regolamento n.2157/2001, che al primo comma recita: “Le società per azioni indicate nell'allegato 1, costituite secondo la legge di uno Stato membro e aventi la sede sociale e l'amministratore centrale nella comunità, possono costituire una società europea mediante fusione se almeno due di esse sono soggette alla legge di Stati membri differenti”. In senso conforme, il successivo comma 4, che prevede la costituzione di una società europea per trasformazione di una società per azioni di uno Stato membro.
Alla società per azioni fanno immediato riferimento, del resto, taluni aspetti qualificanti, quali la personalità giuridica, l'autonomia patrimoniale perfetta, il frazionamento del capitale, prescritto, nel minimo, in € 120.000 (com'era per la s.p.a italiana, ex art.2327 cod. civ. prima dell'emendamento riduttivo ad € 50.000, introdotto dal d. l.24 giugno 2014 n.91, convertito in l.11 agosto 2014 n.116); salvo l'obbligo di un capitale più elevato se previsto in legislazioni nazionali per l'esercizio di particolari attività (ad es., quella bancaria o assicurativa).
Elemento fortemente distintivo della SE è, oltre l'attività transfrontaliera, il necessario coinvolgimento dei lavoratori: già oggetto, nel 1997, di una relazione finale ad hoc del gruppo di esperti "Sistemi europei di partecipazione dei lavoratori" (relazione Davignon) e disciplinato appositamente con la direttiva n. 2001/86/CEdel Consiglio, che espressamente riporta in rubrica la sua funzione integrativa del Regolamento 8 ottobre 2001 n.2157. E proprio la forma di coinvolgimento dei lavoratori, frutto, infine, di una soluzione di compromesso, è stata, a lungo, di ostacolo all'approvazione dello statuto della SE.
Sotto il profilo procedurale, la direttiva prevede che la negoziazione prenda avvio dalla pubblicazione del progetto di costituzione, o di fusione, o di creazione di una società europea capogruppo, o di trasformazione o costituzione di una società europea affiliata (art.3). Gli amministratori devono fornire ai rappresentanti dei lavoratori le informazioni relative al numero dei dipendenti impiegati nelle società promotrici, nelle affiliate o nelle dipendenze interessate.
La negoziazione viene condotta da una delegazione speciale ad hoc, rappresentativa dei lavoratori delle società partecipanti e dagli organi competenti di queste ultime. Le parti possono giungere alla sottoscrizione di un accordo scritto che disciplini le modalità di coinvolgimento dei lavoratori nella società europea; ma possono anche decidere di applicare la disciplina di riferimento prevista dalla legislazione nazionale. L'accordo può contemplare procedure di informazione e consultazione, o l'istituzione di un organo di rappresentanza dei lavoratori; o ancora, la partecipazione dei lavoratori agli organi societari. In nessun caso è consentita, come detto, la riduzione dei diritti di informazione, consultazione o partecipazione dei lavoratori in caso di trasformazione (art.4, par.4, direttiva n.2001/86 CE).
L'organo di vigilanza o di amministrazione della SE e i rappresentanti dei lavoratori operano con spirito di cooperazione nell'osservanza dei loro diritti e obblighi reciproci (art.9 direttiva n.2001/86/CE); e per evitare il cd. sviamento di procedura, gli Stati membri adottano le misure appropriate, conformemente alla normativa comunitaria, per impedire che una SE sia costituita al fine di privare i lavoratori dei diritti in materia di coinvolgimento o di negare loro tali diritti (art.11 direttiva 2001/86/CE).
Nonostante questo ordito normativo variegato sembra da escludere che la SE costituisca un nuovo tipo societario.
Storicamente, un precedente, nell'ambito della disciplina in esame, può considerarsi la direttiva 94/45/CEE del 22 settembre 1994 (poi abrogata dall'art.17 della direttiva 2009/38/CE), riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo - CAE: direttiva, recepita in Italia con il decreto legislativo 2 aprile 2002 n.74 (a sua volta, abrogato dall'art.19 d.lgs. 22 giugno 2012 n.133). La principale differenza tra la direttiva sui CAE e quella sulla società europea consisteva nell'applicazione di quest'ultima a tutte le imprese, di qualsiasi dimensione, costituite in forma di SE; e non solo alle imprese di dimensione europea, come la direttiva del 1994.
In sintesi, il legislatore comunitario ha inteso creare uno schema societario che agevoli la costituzione di imprese a carattere transnazionale, per lo sviluppo di iniziative economiche su scala europea.
Ma, come è stato notato in dottrina (Fiorio, Lo statuto della società europea: la struttura della società ed il coinvolgimento dei lavoratori, in Giur. it 2003, 1020), a causa della renitenza del legislatore comunitario a fornire un complesso di norme uniformi, l'obiettivo è stato mancato; e la società europea così istituita si rivela un ibrido nazional-comunitario.
I rinvii alla disciplina nazionale concernono, infatti, punti nevralgici del diritto societario, quali la costituzione, la disciplina del capitale, la struttura societaria, lo scioglimento dalla società. Il risultato è stato una normativa disomogenea nei diversi Stati-membri: cosicché si è parlato, paradossalmente, di una società europea italiana, una francese, una tedesca ecc.