La sentenza in commento, nel ribadire che il reato di bancarotta fraudolenta documentale non possa avere ad oggetto il bilancio, segnala invece come eventuali omissioni nel bilancio, sussistendone i presupposti, possano integrare la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario.
Prima della riforma della fattispecie di bancarotta fraudolenta societaria, prevista dall'art. 223 comma 2 n. 1 l.fall., i rapporti tra questa fattispecie e quella di bancarotta fraudolenta documentale non avevano sollevato particolare interesse, attesa l'identità strutturale di entrambe le fattispecie che, ai fini della consumazione non richiedevano il verificarsi dell'evento, trattandosi di fattispecie di pericolo.
L'art. 4 d.lgs. 11 aprile 2002 n. 61, nel riformulare il reato di bancarotta societaria (art. 223 comma 2 n. 1 l.fall.), ha introdotto un elemento di distinzione fondamentale rispetto alla bancarotta fraudolenta documentale, rappresentato dal dissesto, quale evento cagionato da uno dei reati societari, richiamati dall'art. 223 l.fall.
È intuibile, quindi, la necessità di distinguere l'una ipotesi dall'altra, soprattutto perché la bancarotta fraudolenta documentale, mantenendo la sua natura di reato di pericolo, si perfeziona con la messa in opera di una delle modalità previste dall'art. 216 comma 1 n. 2 l.fall., cioè sottraendo, distruggendo o falsificando in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori i libri e le altre scritture contabili o tenendole in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, senza che sia richiesto che da questa condotta debba scaturire un evento-dissesto.
L'obbligo della documentazione contabile, richiamato dall'art. 2214 c.c., svolge una funzione determinante sia durante la vita dell'impresa, sia soprattutto nella fase in cui, intervenuto il fallimento, è necessario ricostruire i vari aspetti che hanno caratterizzato la gestione sociale ed in particolare "la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari". Anche questa norma, tutelando la trasparenza contabile, intende tutelare soprattutto gli interessi patrimoniali dei creditori, al fine di evitare che la spoliazione dei beni, attuata dall'imprenditore durante la vita dell'impresa, possa realizzarsi.
L'art. 2214 c.c. descrive i libri obbligatori e le scritture contabili su cui può cadere la bancarotta fraudolenta documentale, prevedendo come obbligatori il libro giornale ed il libro degli inventari, nonché le altre scritture "relativamente obbligatorie" (Pedrazzi, Reati fallimentari, in Manuale di diritto penale dell'impresa, Bologna, 2003, 138) richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa, oltre a conservare per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Ma non basta, perché accanto alle scritture contabili obbligatorie, la legge penale fallimentare prende in considerazione anche le scritture contabili facoltative, quali in particolare il registro delle fatture emesse, il libro matricola, il libro paga, le scritture ausiliari di magazzino.
La fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale descrive nella prima parte una serie di ipotesi alternativamente previste, quali la sottrazione, la distruzione, la falsificazione (da intendersi in chiave ideologica), delle scritture contabili che guardano alle modalità della condotta (Pedrazzi, Reati fallimentari, cit., 140), mentre nella seconda parte pone l'accento sul risultato dell'impedimento della ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.
La norma richiede un dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare un pregiudizio ai creditori.
Come osserva efficacemente Pedrazzi (Pedrazzi, Reati fallimentari, cit., 141) «lo scopo di recare pregiudizio ai creditori non può che riferirsi ad un falso contabile strumentale ad un disegno di spoliazione dei creditori, la bancarotta documentale deve cioè perseguire attraverso l'offesa alla trasparenza contabile un risultato ultimo di sottrazione di attività o di gonfiamento di passività, anticipando finalisticamente una bancarotta patrimoniale». Ad analogo risultato mira la tenuta delle scritture contabili in guisa da non rendere possibili la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, i cui destinatari sono gli organi della procedura fallimentare, cui compete tale ricostruzione.
Se è vero che la nozione di comunicazione sociale, cui fa riferimento nell'ambito della bancarotta societaria il reato di falso in bilancio, non si identifica con quella di libri o altre scritture contabili, nella prassi giudiziaria accade con sempre maggiore frequenza che fatti, che in realtà integrano il reato di false comunicazioni sociali, vengono ad essere, abusivamente, collocati – come nel caso della sentenza in commento - nella fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, soprattutto in casi di falsificazione di fatture per operazioni inesistenti, che vengono utilizzate dall'amministratore per ottenere anticipazioni presso il sistema bancario.
In realtà se le fatture ideologicamente false vengono registrate nel registro delle fatture e quindi vengono a far parte o meglio alimentano i ricavi del conto economico che, come recita l'art. 2423 c.c., è una delle componenti, al pari dello stato patrimoniale e della nota integrativa, del bilancio, la falsità penalmente rilevante non può che essere quella regolata dal reato di false comunicazioni sociali.
Anche perché - giova ripeterlo - lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, cui si richiama l'art. 216 comma 1 n. 2 l.fall., si riferisce necessariamente a quei falsi contabili, finalizzati esclusivamente a porre in essere la spoliazione dei beni sociali, che il falso, strumentalmente, tende a conservare nella disponibilità dell'imprenditore fallito, sottraendoli invece a quella degli organi della procedura concorsuale (Bricchetti-Targetti, Bancarotta e reati societari, Milano, 2003, 86 ss.).
Quando, invece, come nei casi richiamati, la falsità, che pure interessa le scritture contabili per poi essere recepita nel bilancio, ha lo scopo di fornire una rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società diversa da quella reale per ottenere credito o addirittura evadere il fisco, non può fermarsi alle scritture contabili, dando vita in caso di fallimento al reato di bancarotta fraudolenta documentale, ma viene ad essere assorbita, in virtù di una naturale progressione, nel reato di falso in bilancio o in quello di frode fiscale (Nuvolone, Il diritto penale del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 1955, 455).
Con l'inevitabile conseguenza che gli amministratori della società dichiarata fallita, che abbiano posto in essere una serie di falsità nelle scritture contabili che a loro volta sono state recepite nel bilancio, determinandone la falsità, dovranno rispondere solo di bancarotta fraudolenta societaria, in quanto il reato di falso in bilancio abbia cagionato o concorso a cagionare il dissesto.
Peraltro si ritiene in dottrina (Cocco, Disciplina del fallimento, in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di Palazzo-Paliero, Padova, 2002, 1271) che «se il falso in scritture contabili si concreta nel falso in una delle comunicazioni sociali contemplate dagli artt. 2621-2622 c.c. e causi sia il dissesto che l'impossibilità di ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari... deve escludersi il concorso formale tra i due reati e la sola norma applicabile è l'art. 223 comma 1 l.fall. in relazione all'art. 216 n. 2 giacché l'art. 223 comma 1 n. 1 pare porre una tutela sussidiaria al primo». La soluzione è da condividere, perché da un lato conferma la prevalenza dell'art. 223 II co. n. 1 nell'ipotesi di conflitto apparente, nel senso che, se il falso in bilancio ha provocato solo il dissesto e non anche l'impossibilità di ricostruire il patrimonio ed il movimento degli affari, è solo il reato di bancarotta fraudolenta societaria (art. 223 comma 2 n. 1 l.fall.) che dovrà trovare applicazione, dall'altro non sembra che nella pratica il caso prospettato si verifichi con frequenza.