Osservatorio antimafia - La pendenza del controllo giudiziario non è causa di sospensione del giudizio sull'informazione antimafia interdittiva

15 Febbraio 2023

Adunanza Plenaria: la pendenza del controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l'informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall'art. 32, comma 10, del decreto legge n. 89/2014.

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato – con sentenze nn. 6, 7 e 8 del 2023 – ha chiarito i rapporti tra il giudizio di impugnazione dell'informazione antimafia interdittiva e il controllo giudiziario c.d. volontario, o a domanda, previsto dall'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011, affermando la tesi dell'autonomia dei procedimenti.

La questione sul se il giudice amministrativo possa decidere i ricorsi contro l'interdittiva antimafia nel caso in cui l'impresa abbia chiesto ed ottenuto la misura del controllo giudiziario è stata oggetto di diversi orientamenti giurisprudenziali.

Secondo una prima ricostruzione (c.d. tesi della pregiudizialità processuale), condivisa dall'ordinanza di rimessione n. 4578 del 2022, l'ammissione dell'impresa al controllo giudiziario costituirebbe una “causa necessaria di sospensione impropria del giudizio amministrativo” e, in alternativa, “andrebbe disposto il rinvio dell'udienza di discussione (se fissata) in tempi coordinati con quelli della misura preventiva”.

In tal senso, gli effetti del controllo giudiziario presupporrebbero la pendenza del giudizio di impugnazione contro l'interdittiva, non solo al momento in cui l'impresa domanda al Tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario – come prevede testualmente l'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 – ma per tutta la durata di quest'ultimo.

Da tale angolo visuale, il vincolo genetico della procedura di controllo giudiziario, consistente nella pendenza del ricorso contro l'interdittiva antimafia, assumerebbe le caratteristiche di una condizione di procedibilità dell'intera procedura, che intanto può essere definita in quanto non sia definitivamente accertata la legittimità dell'interdittiva, e quindi non sia respinto il ricorso contro di essa.

Questa tesi viene argomentata sulla base dell'effetto sospensivo di cui all'art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159/2011, in forza del quale il provvedimento che dispone il controllo giudiziario determina la sospensione degli effetti di incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione derivante dall'informazione antimafia a carattere interdittivo.

In quest'ottica, come evidenziato dall'ordinanza di rimessione n. 4578 del 2022, il carattere provvisorio di siffatto effetto sospensivo postulerebbe che il giudizio di impugnazione dell'informazione antimafia non venga definito. Nell'eventualità di un rigetto del ricorso, infatti, l'interdittiva si consoliderebbe e con essa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, sicché sarebbe travolto l'effetto sospensivo derivante dall'ammissione dell'impresa al controllo giudiziario.

Più in generale, la soluzione della sospensione necessaria sembra fondarsi sull'esigenza di evitare una decisione di carattere eventualmente sfavorevole sull'impugnazione contro l'interdittiva; decisione che si suppone possa vanificare l'obiettivo di risanamento dell'impresa infiltrata dal fenomeno mafioso.

Pertanto, al fine di assicurare la definizione della procedura prevista dal citato art. 34-bis, in conformità all'obiettivo di risanamento delle imprese soggette ad infiltrazioni della criminalità organizzata, l'interesse alla definizione del giudizio di impugnazione nei confronti dell'interdittiva dovrebbe recedere e la sospensione necessaria del processo sarebbe lo strumento attraverso cui regolare i rapporti tra i due istituti in esame: il giudizio amministrativo andrebbe necessariamente sospeso in pendenza del procedimento del controllo giudiziario.

Per converso, altre due ordinanze di rimessione (nn. 5615 e 5624 del 2022) hanno aderito alla tesi della autonomia dei procedimenti, nel senso che la connessione tra il giudizio impugnatorio e il controllo giudiziario opera esclusivamente nel momento genetico-applicativo di quest'ultimo, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del giudizio impugnatorio stesso.

Un altro orientamento giurisprudenziale sostiene, invece, che il provvedimento del Tribunale di prevenzione penale di accoglimento dell'istanza di ammissione al controllo giudiziario determini “l'improcedibilità del ricorso al giudice amministrativo e l'estinzione dell'interesse alla sua decisione”, anche ai fini meramente risarcitori, poiché la richiesta di ammissione al controllo giudiziario rappresenterebbe acquiescenza rispetto all'interdittiva.

Senonché, ribadita l'autonomia degli accertamenti di competenza dell'autorità prefettizia in sede di rilascio delle informazioni antimafia e del Tribunale della prevenzione penale, l'Adunanza Plenaria n. 6 del 2023 ha escluso, a fortiori, la tesi dell'acquiescenza.

Parimenti, l'Adunanza Plenaria – con le sentenze in esame – ha ritenuto non condivisibile la tesi della pregiudizialità processuale e ciò sulla base di una pluralità di argomenti.

In primo luogo, rileva il principio di legalità: la ricostruzione che prospetta la sospensione necessaria del giudizio amministrativo risulta, infatti, priva di base testuale, non si fonda su alcuna disposizione di legge. Invero, l'art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 si limita a prevedere che l'impresa interessata abbia impugnato l'interdittiva quando chiede di essere sottoposta al controllo giudiziario, mentre non richiede che il giudizio di impugnazione penda per tutta la durata di tale controllo.

In secondo luogo, la tesi in questione non è praticabile sul piano logico-sistematico.

L'interdittiva svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell'economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, sulla base di accertamenti di competenza dell'autorità prefettizia rivolti al passato. Nel condividere questa funzione preventiva del sistema di informazione antimafia, il controllo giudiziario persegue, altresì, una finalità “dinamica” di risanamento dell'impresa interessata dal fenomeno mafioso, per cui richiede una prognosi favorevole del Tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione che ha dato luogo all'interdittiva, oltre al presupposto dell'occasionalità dell'agevolazione mafiosa.

Tale funzione è destinata ad operare “non solo in presenza di ipotesi di condizionamento mafioso, ma anche e con maggior impellenza laddove quest'ultimo non sia più in contestazione”. In altri termini, quand'anche l'interdittiva non sia annullata all'esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo e, quindi, si accerti in chiave retrospettiva l'esistenza di infiltrazioni mafiose nell'impresa, non per questo può ritenersi venuta meno l'esigenza di risanare la stessa. “Al contrario, questa esigenza si pone in massimo grado una volta accertato in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso”.

Lo stesso art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159/2011 conferma la tesi dell'autonomia dei procedimenti, giacché nessuno degli effetti ivi previsti presuppone che il giudizio sull'interdittiva rimanga pendente durante la procedura di controllo giudiziario.

La regola della sospensione degli effetti dell'incapacità a contrattare derivanti dall'interdittiva antimafia è, infatti, strumentale al buon fine del controllo giudiziario, nel senso di consentire all'impresa di continuare ad operare nella prospettiva finale di un superamento della situazione che ha in origine dato luogo al provvedimento antimafia.

Nella medesima direzione si pone la sospensione del termine fissato dall'art. 92, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 per gli adempimenti prodromici al rilascio dell'informazione antimafia. Ad avviso dell'Adunanza Plenaria, “l'effetto in questione si giustifica per il venir meno dell'esigenza facente capo all'autorità prefettizia di verificare l'esistenza di tentativi di infiltrazione finantoché pende il controllo giudiziario, a tale finalità preventiva ugualmente preposto”.

“Una volta accertata l'esistenza di infiltrazioni mafiose, quand'anche in via definitiva, si permette nondimeno all'impresa di risanarsi, sotto il controllo dell'autorità giudiziaria penale”.

In breve, gli effetti contemplati dal citato art.34-bis, comma 7 sono del tutto compatibili con l'eventuale inoppugnabilità dell'interdittiva, all'esito del rigetto della relativa impugnazione. Il fatto che il condizionamento mafioso sia stato definitivamente accertato con effetto di giudicato, stante il rigetto dell'impugnazione contro l'atto prefettizio, non impedisce l'operatività del controllo giudiziario.

“Depone in questo senso – oltre al dato testuale della legge, già di per sé decisivo – proprio la funzione risanatrice del controllo giudiziario” poc'anzi evidenziata.

Peraltro, dall'esame della giurisprudenza della Corte di Cassazione non si evince l'esistenza di un rapporto di pregiudizialità processuale tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il controllo giudiziario ulteriore a quello previsto al momento genetico ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di sicurezza. Dalla giurisprudenza di legittimità “non è possibile trarre una presa di posizione specifica ed espressa sulla necessità che il giudizio di impugnazione, pendente quando il controllo giudiziario viene chiesto, non venga definito prima che quest'ultimo non sia concluso”.

Sul piano funzionale, le pronunce in commento sottolineano che l'espediente della sospensione del giudizio amministrativo giungerebbe a snaturare sia la funzione del processo, da strumento di tutela delle situazioni giuridiche soggettive ed attuazione della legge a mero strumento per l'attivazione di ulteriori mezzi di tutela, sia la funzione della sospensione del processo (art. 79, comma 1, c.p.a. e art. 295 c.p.c.).

L'istituto della sospensione del processo rappresenta uno strumento preventivo rispetto al rischio di giudicati contrastanti e si fonda sul presupposto della pregiudizialità-dipendenza di cui all'art. 295 c.p.c., da considerarsi tassativo nella misura in cui la sospensione determina una potenziale lesione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo (art. 2, comma 2, c.p.a.).

La sospensione del giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia per tutta la durata del controllo giudiziario porrebbe impropriamente a carico del processo la realizzazione di obiettivi di politica legislativa, esorbitanti dai compiti del giudice, nella sua soggezione alla legge (art. 101, comma 2, Cost.). “Si determinerebbe così un'applicazione dell'istituto eccedente il presupposto della pregiudizialità-dipendenza previsto dall'art. 295 c.p.c.”.

La tesi della sospensione necessaria comporterebbe, inoltre, “un'aporia sul piano logico”, nella misura in cui essa si fonda sull'esigenza non già di impedire decisioni contrastanti, bensì una decisione di carattere sfavorevole sull'impugnazione contro l'interdittiva, sull'erroneo presupposto che tale eventualità possa vanificare obiettivi di risanamento dell'impresa. Nella prospettiva dei fautori della pregiudizialità processuale, la sospensione del processo finisce dunque per essere intesa come rimedio rispetto a potenziali decisioni sfavorevoli.

Non sussistono, in definitiva, i presupposti previsti dall'art. 295 c.p.c.

Da ultimo, l'Adunanza Plenaria n. 7 del 2023 ha ravvisato ulteriori elementi contrari alla tesi della sospensione necessaria nel fatto che il sistema delle misure preventive di competenza prefettizia si sia di recente arricchito di strumenti di risanamento dell'impresa analoghi al controllo giudiziario, quali le “misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale” (art. 94-bis d.lgs. n. 159/2011).

L'analogia del presupposto delle suddette misure con quello del controllo giudiziario denota l'identità di funzione tra questi due strumenti, il che giustifica il disposto normativo di cui all'art. 94-bis comma 3, che stabilisce la cessazione delle misure amministrative nel caso in cui sia disposto il controllo giudiziario, con conseguente prevalenza legislativa attribuita a quest'ultimo istituto.

Nessuna disposizione è stata invece prevista per regolare i rapporti tra l'interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, a conferma – con argomentazione a contrario – dell'assenza di condizionamenti reciproci.

In conclusione, alla luce delle considerazioni ermeneutiche fin qui tracciate, l'Adunanza Plenaria ha affermato che “la pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 non è causa di sospensione del giudizio di impugnazione contro l'informazione antimafia interdittiva”. L'ammissione al controllo giudiziario non impedisce, dunque, che vada definito senza ritardo il giudizio amministrativo avverso l'interdittiva, trattandosi di procedimenti autonomi.

Analoghe considerazioni conducono al medesimo principio di diritto con riguardo al rapporto tra il controllo giudiziario e il commissariamento dell'impresa appaltatrice previsto dall'art. 32, comma 10, del decreto legge n. 90/2014: “la pendenza del controllo giudiziario non è causa di sospensione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall'art. 32, comma 10, del decreto legge n. 90/2014, per il completamento dell'esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall'impresa destinataria di un'informazione antimafia interdittiva”.

Osservatorio sulla Giurisprudenza in tema di misure amministrative di prevenzione della criminalità organizzata

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