“Errore fatale” nel deposito telematico: nessun effetto invalidante se vi è raggiungimento dello scopo

Redazione scientifica
15 Febbraio 2023

Con riferimento al deposito telematico di un atto processuale, la rilevazione di un “errore fatale”, che esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico non permette di ragionare in termini di effetti invalidanti quando vi sia il pieno raggiungimento dello scopo ai sensi dell'art. 156, comma 3 c.p.c.

In una causa di risarcimento del danno per demansionamento di un impiegato comunale, la Corte d'appello accoglieva parzialmente la domanda a seguito del rinvio disposto dalla Corte di Cassazione. L'impiegato ricorreva quindi nuovamente alla Suprema Corte e depositava altresì ricorso incidentale il Comune, ma il deposito dell'atto di quest'ultimo, pervenuto telematicamente, con ricevuta di accettazione e poi di consegna, comunicate dal sistema al difensore del ricorrente incidentale, dava luogo a un “errore fatale” che comportava il rifiuto da parte della cancelleria.

La disciplina giuridico-processuale in tali casi è già stata ricostruita dalla Cass. civ. n. 17404/2020, che ha spiegato come il deposito telematico degli atti via PEC si perfeziona in quattro fasi, caratterizzate da una serie di PEC trasmesse alla cancelleria o dal sistema al depositante:

  1. Ricevuta di accettazione;
  2. Ricevuta di consegna (da cui prende data il deposito, ma che è condizionata dai controlli automatici di cui al punto che segue);
  3. Esito controlli automatici;
  4. Esito del controllo manuale del cancelliere, che consiste nell'accettazione o rifiuto del deposito.

I controlli automatici possono talvolta concludersi con l'”errore fatale”, come nel caso concreto, che non è necessariamente da imputarsi al mittente, ma che esprime soltanto l'impossibilità del sistema di caricare l'atto nel fascicolo telematico e che impedisce al cancelliere l'accettazione del deposito. Il sistema dei depositi telematici ruota attorno all'art. 16-bis, d. l. n. 179/2012, il quale comma 7 precisa che il deposito si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.

La richiamata ordinanza n. 17404/2020 conclude, richiamando altri precedenti, che il perfezionamento del deposito telematico di un atto, benché anticipato al momento della ricezione della seconda delle quattro PEC, resta comunque condizionato dal superamento positivo dei controlli automatici eseguiti dai sistemi ministeriali; in altre parole il valore della ricevuta di avvenuta consegna è equiparabile a quello del timbro del depositato solo per effetto dei controlli automatici, nel senso che è l'esito positivo di questi ultimi che consente alla seconda PEC di produrre – anticipatamente rispetto al momento di ricezione della quarta ricevuta – gli effetti giuridici previsti dall'art. 16-bis, comma 7 d. l. n. 179/2012. Successivamente, la Cass. civ. n. 19796/2021, ribadendo che il deposito si perfeziona quando viene emessa la seconda PEC, aggiungeva che il verificarsi dell'effetto giuridico del deposito dell'atto non poteva farsi dipendere dalle successive PEC (controlli automatici e comunicazione del loro esito), che condiziona soltanto il caricamento di esso nel fascicolo telematico la sua visibilità dalle altre parti del processo.

Nel caso in esame risulta che il controricorrente aveva tempestivamente notificato il proprio ricorso incidentale alla controparte e anche il deposito avveniva entro i termini di cui all'art. 370 c.p.c., salvo poi l'”errore fatale”. Pertanto, deve ritenersi che ogni scopo processualmente rilevante sia stato raggiunto in quanto il controricorso è stato notificato a chi doveva difendersi e altresì il Collegio era in grado di conoscere, attraverso il sistema telematico di cancelleria, i dati rilevanti per decidere. Ciò impedisce quindi di attribuire all'errore fatale, manifestatosi dopo il realizzarsi dei presupposti giuridici di validità dal deposito, una qualche concreta rilevanza. La Suprema Corte afferma quindi che «la presenza di un “errore fatale” nel deposito di un atto in forma telematica, oltre a consentire l'eventuale rinnovazione per rimessione in termini, non permette di ragionare in termini di effetti invalidanti, quando vi sia il pieno raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., comma 3».

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