I commi 1 e 2, primo periodo, dell'art. 271 CCII, in realtà, ripropongono la regola di trattazione prioritaria di cui all'art. 7 CCII, peraltro con riferimento al solo scenario in cui l'iniziativa del debitore per l'accesso alla ristrutturazione o al concordato minore scaturisca dopo che i creditori o il pubblico ministero abbiano chiesto l'apertura della liquidazione controllata.
Viene subito da rilevare – ancora una volta – che la previsione pare ignorare radicalmente la composizione monocratica del Tribunale quando è chiamato a gestire le procedure della ristrutturazione dei debiti del consumatore e del concordato minore di sovraindebitamento, a differenza della composizione collegiale del Tribunale che valuta l'istanza di apertura della liquidazione controllata. Risultano in tal modo del tutto indeterminate le ricadute di tale profilo anche sulla gestione unitaria del procedimento: non è chiaro, infatti, se, una volta depositata la domanda “piena”, la sua valutazione resti riservata al Tribunale, o se si assista ad un singolare switch – evidentemente incompatibile con un vero procedimento unitario – dall'organo collegiale al giudice monocratico.
In realtà l'art. 271 CCII complica ulteriormente il quadro, in quanto si riferisce costantemente al “giudice” e non al “Tribunale”. Questo riferimento, se nel comma 1 potrebbe essere con un certo sforzo inteso con riguardo ad un giudice istruttore delegato alla trattazione ed istruttoria della domanda, nel caso del comma 2 appare del tutto distonico, perché, inteso letteralmente, verrebbe a prospettare l'apertura di una liquidazione controllata da parte del tribunale in composizione monocratica.
Una interpretazione “ortopedica”, peraltro, vale a risolvere il problema posto dall'infelice formulazione letterale, ma non risolve i problemi connessi alla struttura complessiva della previsione, che sembra ignorare la differenza di composizione dell'organo giurisdizionale nei vari tipi di procedure di sovraindebitamento e può trovare una soluzione unicamente immaginando di ricorrere all'applicazione analogica dell'art. 281-nonies c.p.c., e quindi radicando innanzi al Tribunale in composizione collegiale la decisione sia sulla domanda di liquidazione controllata sia sulla domanda del debitore di ristrutturazione o di concordato minore.
Al di là di tale osservazione, vanno rilevate ulteriori significative peculiarità della previsione.
La prima è costituita dalla concessione da parte del Tribunale di un termine “per l'integrazione della domanda” che costituisce una sorta di ipotesi speciale del termine di cui all'art. 44 CCII, senza tuttavia disciplinare in alcun modo il contenuto della “domanda” del debitore. Domanda che, evidentemente, deve risultare priva dell'insieme di elementi di cui agli artt. 67 e 76 CCII, giacché in questo caso la concessione del termine risulterebbe del tutto pleonastica, ma che non è chiaro quale contenuto minimo debba presentare, potendosi persino immaginare che la domanda sia letteralmente “in bianco”, e cioè caratterizzata dalla sola formulazione della richiesta di accedere alla ristrutturazione o al concordato minore e di conseguire, pertanto, la concessione del termine, la cui durata (e si tratta di altra peculiarità) non è stabilita e risulta quindi rimessa alla valutazione discrezionale del tribunale.
La seconda consiste non tanto nel fatto che in pendenza del suddetto termine il Tribunale non possa pronunciare l'apertura della liquidazione controllata, quanto nel fatto che simile preclusione non è espressamente prevista nella fase successiva alla presentazione della domanda “piena”, e cioè nella fase che dovrebbe condurre all'omologa della ristrutturazione o del concordato minore. Sembrerebbe logica la conclusione per cui anche in questo caso la preclusione sia comunque operante sia per identità di ratio, sia (e con questo si torna alla previsione generale) in virtù dell'operatività della regola generale di cui all'art. 7 CCII.
Si tratta, tuttavia di una conclusione errata, come ci si appresta a vedere immediatamente.
La terza peculiarità, infatti, è costituita dalla previsione espressa della declaratoria di improcedibilità della domanda di apertura della liquidazione controllata “quando sia aperta una procedura ai sensi del capo III del titolo IV”. Ora, la procedura “ai sensi del capo III del titolo IV”è il concordato preventivo, sicché legittimamente l'interprete potrebbe provare disorientamento di fronte al dettato normativo, risultando il riferimento alquanto opaco.
Ogni dubbio sembra poter essere sciolto alla luce della Relazione Illustrativa che sul punto, testualmente, afferma che “(…) è previsto (…) che nel caso in cui venga aperta una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, la domanda di liquidazione debba essere dichiarata improcedibile”, da ciò risultando che ci si trova di fronte ad un lapsus calami, e che il riferimento alla procedura “ai sensi del capo III del titolo IV” debba essere letto come riferimento alla procedura “ai sensi del capo II del titolo IV”, e cioè ad una delle due procedure di sovraindebitamento ( nello stesso senso Farina, Il procedimento, cit., 7).
Questa rettifica, tuttavia, getta una luce esplicativa su quanto in precedenza osservato con riguardo all'assenza di una preclusione all'apertura della liquidazione controllata nella fase successiva alla presentazione della domanda “piena”. La preclusione, infatti, non opera, semplicemente perché, una volta depositata la domanda “piena” ed “aperta” la procedura di ristrutturazione dei debiti o di concordato minore, la sola apertura della procedura, indipendentemente dall'esito della medesima, comporta ipso facto la improcedibilità della domanda di apertura della liquidazione controllata.
Potrebbe invece sembrare che il comma 2, secondo periodo, dell'art. 271 CCII (“Alla scadenza del termine di cui al comma 1, senza che il debitore abbia integrato la domanda, ovvero in ogni caso di mancata apertura o cessazione delle procedure di cui al capo III del titolo IV, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 270, commi 1 e 2.”) venga a rientrare nell'alveo della regola di trattazione prioritaria, in linea con gli artt. 7 e 49 CCII, operanti per le procedure “maggiori”, in quanto la previsione spalanca il campo per l'apertura della liquidazione controllata nel caso di mancato rispetto del “termine in bianco” (si passi l'espressione) o di naufragio delle due procedure di ristrutturazione o concordato minore.
Anche in questo caso, tuttavia, emerge un profilo di criticità, costituito quantomeno da un cattivo coordinamento.
Nessun ostacolo si presenta all'apertura della liquidazione controllata sia nel caso di vana scadenza del termine di cui al comma 1 dell'art. 271 CCII, sia nel caso di vera e propria mancata apertura della ristrutturazione o del concordato minore, perché in questo caso risultano ancora pendenti le domande di apertura della liquidazione controllata precedentemente proposte.
Problemi concreti, invece, si pongono nel caso di “cessazione delle procedure”, giacché tale “cessazione” dovrebbe sopravvenire dopo che le procedure medesime sono state aperte, e quindi dopo che il Tribunale - in ossequio a quanto statuito dal primo periodo del comma 2 - abbia dichiarato improcedibili le domande di apertura della liquidazione controllata già pendenti, non potendo quindi successivamente aprire la liquidazione controllata sulla scorta di queste ultime.
Esclusa – evidentemente – la possibilità che si assista ad una apertura d'ufficio della liquidazione controllata, la previsione sembrerebbe da riferire alle ipotesi di “cui agli artt. 70, commi 10 e 11, CCII, nonché 80, commi 5 e 6 CCII, oltre che alle ipotesi di “conversione” di cui agli artt. 73 e 83 CCII.
Tralasciando per ora queste due ultime ipotesi, va subito osservato che le fattispecie di cui agli artt. 70 e 80 CCII sono, in realtà, principalmente imperniate su una domanda (denominata atecnicamente “istanza”) del debitore, in quanto l'istanza di un creditore o del pubblico ministero può operare nei soli casi di “frode”, risultando altrimenti preclusa.
Sembra, allora, che dal tessuto dei primi due periodi del comma 2 dell'art. 271 CCII emerga un quadro piuttosto singolare ed evidentemente distonico: depositata domanda di apertura della liquidazione controllata, al debitore basterà depositare la domanda di una procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore, ottenendone l'apertura (magari previa formulazione dell'istanza di assegnazione del termine), per conseguire un duplice risultato: non solo ottenere l'immediata declaratoria di improcedibilità della domanda di liquidazione controllata, ma anche attivare un meccanismo paralizzante in virtù del quale, anche in caso di naufragio delle procedure prima dell'omologa, ulteriori domande di apertura della liquidazione controllata sarebbero proponibili dai creditori o dal pubblico ministero solo in caso di arresto della procedura per frode, restando altrimenti rimessa esclusivamente al debitore la decisione se far aprire o meno la liquidazione.
Si tratta, in questo caso, di un esito che non si allinea semplicemente alla regola della trattazione prioritaria, ma in un certo senso la sovverte, neutralizzando definitivamente la domanda di liquidazione controllata dei terzi sulla sola scorta dell'apertura della procedura minore, senza attendere l'esito definitivo di quest'ultima. In questo modo, però, l'apertura della liquidazione controllata non viene semplicemente subordinata all'esame preliminare della procedura alternativa, ma risulta invece del tutto sterilizzata da quest'ultima.