Aurelio Cappabianca
Aurelio Cappabianca
20 Febbraio 2023

Ribaltando la sentenza del Tribunale, la Corte di giustizia UE (Grande Sezione) ha annullato, per mancanza di prova sul requisito del “vantaggio selettivo”, la decisione con la quale la Commissione aveva dichiarato “aiuto di stato”, ai sensi dell'art. 107, paragrafo 1, TFUE, l'accordo fiscale preventivo (tax ruling), concluso dall'autorità tributaria del Granducato di Lussemburgo il 3 settembre 2012 con Fiat Finance and Trade Ltd. (poi Fiat Chrysler Finance Europe s.e.n.c.), in tema di determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo.
Il tax ruling quale strumento di politica fiscale nazionale

Il tax ruling è la “decisione anticipata”, che - normalmente su interpello del contribuente - l'amministrazione tributaria competente adotta prima dell'insorgenza dell'obbligazione tributaria, al fine di risolvere, in via preventiva, possibili controversie concernenti il futuro prelievo tributario.

E' istituto di riconosciuta utilità sul piano della certezza del diritto e su quello della trasparenza del sistema. Consente, infatti, al contribuente di conoscere anticipatamente, e in termini vincolanti, la posizione ufficiale dell'amministrazione sull'applicazione di specifiche disposizioni tributarie riguardo a situazioni o ad operazioni che non hanno ancora prodotto i loro effetti fiscali, e, quindi, di improntare affidabilmente ad essa le proprie scelte. Per le imprese che svolgono la loro attività in ambito non circoscritto al territorio nazionale, il ruling può assumere carattere internazionale ) (1), eventualmente intervenendo - ad esempio, sulla misura dei prezzi di trasferimento infragruppo (2) o sull'identificazione dei requisiti della stabile organizzazione - con autorità finanziaria di Stato diverso da quello di appartenenza.

Con riguardo all'imposizione diretta (non armonizzata a livello europeo), specificamente di imprese multinazionali (sovente extraeuropee) dotate di molteplici articolazioni in giurisdizioni diverse e, di conseguenza, assoggettate a regimi fiscali differenti, c'è il rischio, tuttavia, che il ruling venga piegato da qualche Stato membro a strumento di politica fiscale introducente profili di squilibrio all'interno dell'Unione.

In funzione della loro stessa morfologia, le imprese a struttura multinazionale aspirano, invero, a minimizzare il proprio carico fiscale complessivo, distribuendo profitti e costi infragruppo, attraverso la definizione dei “prezzi di trasferimento”, in modo tale da ridurre il più possibile la base imponibile delle società del gruppo che si trovano in giurisdizioni a tassazione più elevata.

In tale aspirazione, le imprese suddette possono essere assecondate, per convergenza di interessi, da quegli Stati membri, che (venuta meno la leva monetaria, ormai estranea alla loro sovranità) sono indotti, nella persistente pressoché assoluta autonomia delle politiche fiscali nazionali in materia d'imposizione diretta, a far fronte ad esigenze di politica economica, ricorrendo a iniziative fiscali idonee a captare capitali ed imprese, con le relative basi imponibili, attraverso il riconoscimento, normativo o amministrativo (in particolare mediante adesione dell'amministrazione tributaria a proposte preventive sui prezzi di trasferimento) (3), di trattamenti fiscali particolarmente benevoli.

Si tratta di pratiche - in un certo senso integranti abuso di diritto (4) (paradossalmente reso possibile dalla condiscendenza di autorità fiscale nazionale) - dannose per l'Unione. Infatti, operando una concorrenza al ribasso tra Stati membri tutt'altro che ispirata a criteri di solidale correttezza, ne riducono la complessiva base imponibile diretta, e, al contempo, vi introducono elementi fortemente distorsivi, giacché, corrispondentemente all'espansione della base imponibile diretta degli Stati che se ne avvalgono, comportano l'erosione di quella degli altri Stati membri che, peraltro, sono, conseguentemente, indotti ad inasprire il carico fiscale in relazione ad altri fattori economici o a ridurre i servizi prestati ai propri cittadini.

La reazione delle Istituzioni europee ai tax ruling compiacenti

In assenza di armonizzazione delle normative nazionali nel settore dell'imposizione diretta (in atto estraneo alle competenze dell'Unione), il contrasto delle pratiche sopra descritte da parte delle Istituzioni europee è, principalmente, affidato a misure di persuasione non coercibili (5). Ciò (dietro la spinta della cd. “dottrina Vestager”) (6), salvo che, in dette pratiche, sia possibile riscontrare violazione della fondamentale libertà di concorrenza tra le imprese operanti nel mercato dell'Unione, sancita e garantita dagli artt. 102 e ss. TFUE, e, in particolare, dal divieto di aiuti di Stato, di cui all'art. 107, paragrafo 1; la competenza esclusiva in materia di imposizione diretta non esime, infatti, gli Stati membri dall'esercitarla nel rispetto del diritto europeo e dei principi dei Trattati (7) né, in caso di violazioni, li sottrae alle correlative sanzioni.

E', appunto, nella prospettiva da ultimo considerata che si pongono le iniziative intraprese dalla Commissione (8) nei confronti di ruling transfrontalieri (9), tra cui quello oggetto della pronunzia della Corte di giustizia qui in commento (10), conclusi tra autorità fiscali di Stati membri (11) e società multinazionali (12) in termini di trattamento fiscale effettivo talmente favorevole da ingenerare il dubbio della loro incompatibilità con il diritto dell'Unione per violazione del suindicato divieto.

Iniziative, che, tuttavia, hanno, subito, suscitato decise critiche - dall'esterno (dagli Stati extraeuropei di appartenenza delle multinazionali avvantaggiate dai ruling) - di protezionismo camuffato e - dall'interno (dagli Stati membri che indulgono a tale pratica) - di surrettizio ed arbitrario tentativo di armonizzazione del settore dell'imposizione diretta, estraneo alle prerogative dell'Unione.

Il ruling fiscale tra l'autorità tributaria lussemburghese e Fiat Finance and Trade l.t.d.

Il ruling che ci occupa è intercorso tra l'autorità fiscale del Granducato del Lussemburgo e Fiat Finance and Trade Ltd (poi Fiat/Chrysler Finance Europe s.e.n.c.), facente parte del gruppo Fiat/Chrysler; società con sede in Lussemburgo, incaricata di fornire servizi di tesoreria, finanziamento e consulenza finanziaria alle società del gruppo di appartenenza aventi sede in Europa (ad eccezione di quelle con sede in Italia).

Scaturito dall'adesione dell'autorità tributaria lussemburghese (13) alla proposta precedentemente inviata dal consulente fiscale della società, ritenuta da quella autorità conforme al diritto nazionale, esso è stato dichiaratamente adottato ai sensi dell'art. 164, paragrafo 3, del codice delle imposte sui redditi lussemburghese (14), e della circolare L.I.R. 28 gennaio 2011 n. 164/2 del direttore dell'Amministrazione dei tributi del Lussemburgo (15).

Si è sostanzialmente risolto in un Advance Pricing Agreement, implicante l'approvazione preventiva, vincolante per cinque anni a decorrere dall'esercizio fiscale 2012, del metodo di determinazione della remunerazione di Fiat Finance and Trade per i servizi resi nell'ambito del gruppo Fiat/Chrysler (in pratica: del criterio di determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo), ai fini della definizione dell'imposta sulle società annualmente gravante sulla suddetta società a favore del Granducato di Lussemburgo.

La decisione della Commissione n. 2016/2326

1. Requisiti dell'aiuto di stato ed il ruling in rassegna

In forza dell'art. 107, paragrafo 1, TFUE (16), configura indebito aiuto di Stato una misura che presenta i seguenti requisiti: a) sia di origine pubblica ovvero realizzata con risorse pubbliche; b) determini un vantaggio economico (17) in capo all'impresa (privata o pubblica) destinataria; c) abbia carattere selettivo, nel senso che favorisca “talune imprese o talune produzioni”; d) sia idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri e a falsare la libera concorrenza nel mercato interno dell'Unione. Requisiti che, per dar luogo ad aiuto di stato, devono ricorrere cumulativamente.

Riscontrato che il ruling in esame rispondeva a tutti i suindicati requisiti, con decisione 21 ottobre 2015 n. 2016/2326, la Commissione ne ha ritenuto la natura di aiuto di Stato illegittimo e incompatibile con il mercato interno dell'Unione ai sensi della disposizione sopra citata, rilevando, altresì, la violazione, da parte del Granducato di Lussemburgo, dell'obbligo di notificazione del progetto di decisione fiscale anticipata e di quello di sospensione, sanciti dal successivo articolo 108, paragrafo 3. Ha, quindi, ordinato il recupero del risparmio fiscale attraverso di esso realizzato.

2. I requisiti della natura pubblica e dell'alterazione della concorrenza

Il requisito della natura pubblica della misura è rinvenuto nella circostanza che l'autorità tributaria del Granducato Lussemburgo costituisce componente organica di quello Stato. Quelli dell'incidenza sugli scambi tra Stati membri e del pregiudizio alla libera concorrenza nel mercato interno dell'Unione, nel fatto che, essendo Fiat Finance e Trade impresa operante in plurimi Paesi dell'Unione, il vantaggio fiscale eventualmente conseguito in uno di essi (in specie: nel Granducato), si traduce, inevitabilmente, in alterazione della concorrenza nell'intero suddetto mercato, per i meccanismi descritti in precedenza (18).

3. I requisiti del “vantaggio” e della “selettività”

L'accertamento dei requisiti del “vantaggio” e della “selettività” comporta un'indagine articolata in tre fasi: a) l'identificazione del regime ordinario o normale applicabile dallo Stato membro, da assumere quale “sistema di riferimento” (in altri termini: il regime che sarebbe applicabile alla fattispecie in assenza di specifica misura tributaria); b) l'accertamento del carattere derogatorio della misura tributaria in questione rispetto al sistema di riferimento, in quanto introducente discriminazioni tra operatori economici che, in relazione ad esso, si pongono in situazione fattuale e giuridica analoga; c) il riscontro di giustificazioni al carattere derogatorio eventualmente rilevato nella misura suddetta (19).

Nell'indicata prospettiva, la Commissione ha, in primo luogo, identificato il “sistema di riferimento”, rilevante ai fini della valutazione della ricorrenza dei requisiti in esame (e, quindi, dell'illecito aiuto di Stato), con il regime generale dell'imposta sulle società vigente in Lussemburgo; regime, che, mirando all'obiettivo di assoggettare ad imposizione fiscale gli utili di tutte indistintamente le società stabilite nel territorio dello Stato (20), colloca società autonome e quelle integrate in gruppi in analoga situazione fattuale e giuridica, atteso, peraltro, che le disposizioni specificamente dedicate ai gruppi, in particolare relative alle modalità di calcolo dei correlativi imponibili tendono, comunque, a porre i due tipi di società sullo stesso livello.

Ha, nel contempo, negato che il “sistema di riferimento” potesse pertinentemente essere identificato con la disciplina predisposta dall'articolo 164, paragrafo 3, del codice delle imposte e dalla circolare n. 164/2 (21) e, cioè, con il regime (costituente sottosistema di quello preso a riferimento dalla Commissione), specificamente inerente alle sole società (quelle autonome) soggette alle norme sui prezzi di trasferimento o alle decisioni anticipate concesse dal Granducato di Lussemburgo ad altre società di finanziamento e tesoreria.

La Commissione ha, quindi, rilevato che, in termini generali, una misura tributaria costituisce deroga al sistema ordinario preso a riferimento (ed assume, dunque, carattere selettivo ai fini del riscontro della ricorrenza di un aiuto di Stato) quando comporta, per il contribuente che ne beneficia, un vantaggio consistente nell'ingiustificata riduzione della più elevata imposta, che questi, in assenza della misura medesima, sarebbe stato tenuto a versare secondo i criteri ordinari. Configurando la riduzione ingiustificata, ad un tempo, vantaggio conferito dalla misura e deroga al sistema predetto; mentre d'altro canto, in caso di misura individuale (quale il ruling controverso), l'individuazione del “vantaggio” consente normalmente di presumerne anche la “selettività” (22).

Ne ha, corrispondentemente, inferito (23) che - qualora il regime generale dell'imposta sulle società di un ordinamento assoggetti allo stesso statuto, quanto ad imposta sulle società, sia le società “stand alone” sia quelle integrate (24) - la misura tributaria (25), che legittimi società integrata in un gruppo ad applicare, nelle operazioni infragruppo, prezzi di trasferimento discostantisi da quelli che si applicherebbero tra società indipendenti in regime di libera concorrenza, costituisce, per detta società, “vantaggio selettivo” ai sensi e per gli effetti dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, giacché implica, rispetto al regime generale dell'imposta sulle società, una riduzione della base imponibile e, di conseguenza, dell'imposta dovuta.

In tal modo, sempre con riguardo agli ordinamenti che assimilano società autonome e quelle integrate in gruppi ai fini dell'imposta sulle società, la Commissione - in ritenuta sintonia con quanto affermato da Corte di giustizia 22 giugno 2006 in cause C - 182/03 e C - 217/03, Forum 167 e Belgio vs. Commissione - attribuisce al “principio di libera concorrenza” (“arm's lenght principle”) - secondo il quale le operazioni infragruppo devono essere fiscalmente valutate come se fossero state negoziate tra società indipendenti - ruolo di parametro ineludibile, a prescindere dalla sua esplicita sussunzione nell'ordinamento giuridico nazionale e dalle relative modalità, ai fini della valutazione tesa al riscontro dell'eventuale natura di aiuto di Stato di una misura tributaria concessa a società integrata.

Tanto premesso, la Commissione è giunta, nel caso concreto, alla conclusione che - per talune scelte metodologiche poste alla base dell'analisi dei prezzi di trasferimento dalla società interessata e approvate dalle autorità lussemburghesi (in particolare: l'artificiosa “segmentazione” del capitale a fine di differenziarne i rendimenti nell'applicazione del criterio del “Transactional net margin method”, TNMM, (26) e la stessa scelta di tale criterio piuttosto che di quello del “Comparable uncontrolled price”, CUP (27), ritenuto più appropriato alla fattispecie concreta) - il ruling in oggetto, derogando all'osservanza del “principio di libera concorrenza”, comportava che l'imposta dovuta in Lussemburgo da Fiat Finance and Trade fosse inferiore rispetto all'imposta che la società avrebbe dovuto pagare in base all'ordinario sistema dell'imposta sulle società vigente nell'ordinamento di quello Stato e costituisse quindi, quale fonte d'indebito vantaggio selettivo, illegittimo aiuto di Stato. Non mancando, peraltro di precisare che beneficiaro del vantaggio doveva considerarsi l'intero gruppo Fiat/Chrysler, poiché tutte le relative componenti si erano avvantaggiate dell'abbassamento delle condizioni di tariffazione dei prestiti infragruppo determinato dalla riduzione dell'imposta.

A prescindere dalle precedenti assorbenti considerazioni, la Commissione ha, in ogni caso, affermato che nel ruling in oggetto si riscontrava il carattere del “vantaggio selettivo”, pur a dover assumere a sistema di riferimento (28), la normativa lussemburghese di cui all'articolo 164, paragrafo 3, del codice delle imposte e alla circolare n. 164/2, che – prescrivendo (29) che le operazioni tra società dello stesso gruppo vanno remunerate come quelle tra società indipendenti, operanti, a condizioni di libera concorrenza, in circostanze analoghe - sancisce il “principio di libera concorrenza”, nell'ambito dell'ordinamento tributario lussemburghese.

La decisione della Commissione n. 2016/2326 al vaglio degli organi giurisdizionali dell'Unione europea

1. Il giudizio

Avverso la decisione della Commissione, il Granducato di Lussemburgo e Fiat Finance e Trade hanno proposto ricorso al Tribunale dell'Unione europea, che In esito al giudizio, celebratosi con l'intervento della Repubblica d'Irlanda, ha pienamente confortato, con sentenza 24 settembre 2019, in cause T - 755/15 e T - 759/15, l'impostazione della Commissione.

A seguito delle impugnazioni promosse, nei confronti della Commissione dell'Unione europea, dalla Repubblica d'Irlanda, sostenuta dal Granducato di Lussemburgo, e da Fiat/Chrysler Finance Europe (già Fiat Finance and Trade), la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza 8 novembre 2022 in cause C - 885/19 P /15 e C - 898/15, ha poi - in accoglimento dell'impugnazione della Repubblica d'Irlanda e con assorbimento delle altre - ribaltato la decisione del primo giudice, annullando la sentenza del Tribunale e la decisione della Commissione relativa al tax ruling intercorso tra Granducato di Lussemburgo e Fiat Finance e Trade.

2. Punti di continuità tra la sentenza del Tribunale 24 settembre 2019, in cause T - 755/15 e T - 759/15 e quella della Corte di giustizia 8 novembre 2022 in cause C - 885/19 P /15 e C - 898/15

2.1 Inesistenza della pretesa armonizzazione surrettizia

Per quanto rileva ai fini di questo commento, il Tribunale ha, in primo luogo, liberato il campo dalla critica, secondo cui, adottando la decisione in rassegna, la Commissione ha esorbitato la sfera dei propri poteri ed invaso quella dello Stato nazionale, così violando degli artt. 4 e 5 TUE e 114 TFUE nel quadro di un'azione di armonizzazione surrettizia di settore estraneo alla sua competenza.

Rammenta invero, in proposito, che gli interventi degli Stati membri nei settori “non armonizzati”, quale quello dell'imposizione diretta, non sono estranei all'ambito di applicazione delle disposizioni del trattato, comprese quelle sulla libertà di concorrenza e sul divieto degli aiuti di Stato, giacché ammettere il contrario equivarrebbe a privare di ogni effetto utile quelle disposizioni (30). Ne desume che, se è vero che il trattato conferisce agli Stati membri competenza esclusiva in materia d'imposizione diretta e che, pertanto, la definizione di tale imposizione, nell'attuale stadio d'integrazione europea, spetta unicamente allo stato nazionale, è anche vero che l'esercizio di siffatta competenza non può avvenire in contrasto con la previsione gli articoli 107 e 108 TFUE, la cui osservanza è demandata al controllo della Commissione.

Questa dunque, di fronte a misura tributaria nazionale teoricamente idonea ad erodere la base imponibile del destinatario , ha il potere-dovere, quale garante dell'osservanza dei Trattati, di verificare se essa abbia effettivamente abbattuto in modo significativo detto imponibile, consistentemente avvantaggiando il contribuente rispetto al livello di tassazione normalmente applicabile, nell'ambito del regime fiscale ordinario, alla generalità dei contribuenti che si trovino in analoga situazione fattuale e giuridica (31).

Sul punto, in continuità con il giudice di primo grado, la Corte di giustizia ha evidenziato, sin dai “Richiami preliminari”, che gli Stati membri devono esercitare la loro competenza esclusiva in materia di imposte dirette (specificamente se esercitata attraverso l'adozione di decisioni tributarie anticipate) nel rispetto del diritto dell'Unione e, in particolare, delle norme istituite dal Trattato FUE in materia di aiuti di Stato; con la conseguenza che, nell'esercizio di tale competenza, essi devono astenersi dall'adottare misure che possano costituire aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno, ai sensi dell'articolo 107 TFUE (32). Ha, peraltro enfatizzato l'importanza del principio, espressamente richiamandolo in premessa alle conclusioni.

2.2 Nozione di aiuto di Stato di natura tributaria

Il Tribunale e la Corte di giustizia convengono, inoltre, sulla nozione di aiuto di Stato, per come delineato nel provvedimento impugnato, e sull'identificazione dei requisiti necessari per qualificare una misura tributaria nazionale “aiuto di Stato” ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE nonché sul metodo di riscontro della ricorrenza del requisito del “vantaggio selettivo”. Sottolineando, in particolare, il Tribunale, che, in caso di misure tributarie, l'esistenza del “vantaggio”, configurante aiuto di Stato, non può essere accertata che rispetto ad un livello di tassazione definito “normale”: (quello operante in assenza della specifica misura tributaria in questione) (33) e, la Corte, l'importanza decisiva che riveste, al riguardo, l'identificazione del “sistema di riferimento”, quale “punto di partenza dell'esame comparativo”, che, se errata, falsa l'intera analisi sulla ricorrenza della “selettività” (34).

3. Il contrasto tra la sentenza del Tribunale e quella della Corte di giustizia

3.1 Punto di dissenso

Radicale dissenso tra decisione del Tribunale e quella della Corte di giustizia si riscontra, invece, in merito al procedimento valutativo da perseguire, in concreto, ai fini dell'accertamento della “vantaggiosità selettivita” della misura tributaria in scrutinio.

3.2 La sentenza del Tribunale dell'Unione europea 24 settembre 2019, in cause T-755/15 e T - 759/15 e principio di libera concorrenza

Al riguardo, il Tribunale ha avallato l'impostazione della Commissione in merito all'identificazione del “sistema di riferimento” rilevante nella specie nel regime generale dell'imposta sulle società vigente in Lussemburgo ed all'adozione dell'”arm's lenght principle” (35) quale parametro di valutazione, al fine del riscontro del requisito del “vantaggio”, dell'aderenza o meno al “sistema di riferimento” di una misura tributaria adottata nei confronti di società integrata.

In particolare, ha precisato che - qualora l'ordinamento tributario nazionale non distingua tra società integrate e società autonome ai fini del loro assoggettamento all'imposta sulle società, così dimostrando di voler trattare l'utile d'impresa delle società integrate come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato (36) - il “principio di libera concorrenza” viene a configurare proiezione, in detto ordinamento, del principio di parità di trattamento, nei limiti in cui è immanente alla previsione dell'art. 107, paragrafo 1, TFUE (evidentemente quale speculare riflesso del divieto di aiuti ivi previsto). Sicché, indipendentemente dalla ricorrenza nell'ordinamento nazionale di ulteriori previsioni testuali, la discrasia, tra i prezzi di mercato e quelli definiti ai fini delle prestazioni infragruppo con l'avallo dell'autorità nazionale, assurge, di per sé, al ruolo di sintomo ineludibile della ricorrenza d'illegittimo aiuto di Stato ex art. 107, paragrafo 1, TFUE.

In sintonia con la Commissione quindi, il Tribunale - pur riconoscendo che il regime di tassazione cosiddetta “normale” (il “sistema di riferimento”) deve essere definito alla stregua delle norme fiscali nazionali e che in relazione a queste soltanto deve essere dimostrata l'esistenza del “vantaggio”- ha concluso nel senso che l'applicazione nella specie effettuata dalla Commissione del “principio di libera concorrenza”, benché in materia non armonizzata, non era illegittima, poiché l'ordinamento tributario lussemburghese, non distinguendo tra società integrate e società autonome ai fini del loro assoggettamento all'imposta sulle società, aveva implicitamente richiamato (e fatto proprio), per tutte le società, il divieto di cui dell'art. 107, paragrafo 1, TFUE.

3.3 La sentenza della Corte di giustizia 8 novembre 2022 in cause C - 885/19 P /15 e C - 898/15

La Corte di giustizia, invece, ribadisce che, nei settori normativi non armonizzati e, in specie, in quello delle imposte dirette, l'individuazione del “sistema di riferimento”, che costituisce presupposto indispensabile della valutazione non solo del “vantaggio” ma anche del suo “carattere selettivo”, deve essere effettuato - all'esito di uno scambio d'informazioni con lo Stato membro interessato - con esclusivo riferimento ai concreti specifici contenuti dell'ordinamento tributario di detto Stato. È lo Stato membro, infatti, che, esercitando la propria competenza esclusiva in materia, definisce, in piena autonomia, gli elementi costitutivi dell'imposta diretta (presupposto, base imponibile), che ne delineano il regime "normale" e, nel contempo, consentono l'individuazione del “sistema di riferimento”, cui va comparata la specifica misura tributaria da valutare sul piano della “selettività” (37).

Ha, conseguentemente, ritenuto che pertinente “sistema di riferimento”, ai fini della valutazione della legittimità della decisione anticipata in rassegna, deve essere necessariamente individuato nel regime proprio delle sole società rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 164, paragrafo 3, del codice delle imposte lussemburghese, della circolare n. 164/2 e della connessa a prassi amministrativa: delle sole società integrate in gruppo societario o, ancor più restrittivamente, delle società di gruppo impegnate in attività di finanziamento . Ne ha desunto che il Tribunale è incorso in errore di diritto nella valutazione della “selettività” del ruling concluso tra Granducato del Lussemburgo e Fiat Finance and Trade, giacché, avallando l'impostazione della Commissione, ha reputato legittima, in contrasto con i precetti richiamati, la valutazione della “vantaggiosità selettiva” del ruling, eseguita, alla stregua del ”principio di libera concorrenza”, in funzione, non del sistema di tassazione “normale” concretamente attuato dal legislatore nazionale, ma di norme esterne a detto sistema (l'art. 107, paragrafo 1, TFUE) ovvero della generica tendenziale finalità della normativa tributaria nazionale, in tema d'imposizione diretta, di tassare allo stesso modo società stand alone e quelle integrate in gruppo.

La Corte ha, inoltre, negato che, la propria sentenza 22 giugno 2006 in causa in cause C - 182/03 e C - 217/03, Forum 167 e Belgio vs. Commissione confortasse la tesi secondo cui il principio di libera concorrenza è applicabile per il semplice fatto che il diritto tributario nazionale tende a tassare allo stesso modo le società integrate e le società indipendenti ed a prescindere dalle concrete modalità del suo recepimento nell'ordinamento. Ha, infatti, rilevato che, nel caso specifico, l'affermazione dell'utilizzabilità del “principio di libera concorrenza” era basata proprio sulle norme tributarie dell'ordinamento nazionale pertinente (l'ordinamento belga).

In ultimo, la Corte ha sostenuto che il Tribunale e, prima, la Commissione - nell'affermare, subordinatamente, che la decisione anticipata in questione aveva determinato una riduzione dell'imposta dovuta da FIAT Finance and Trade anche rapportando il ”principio di libera concorrenza” al sistema desumibile dall'articolo 164, paragrafo 3, del codice delle imposte ed alla circolare 164/2 - non hanno svolto, al riguardo, alcuna specifica ulteriore analisi o argomentazione rispetto alla prospettazione principale, così lasciando l'assunto gradato privo di ogni conforto.

Osservazioni conclusive

Al di là di qualche ambiguità lessicale e argomentativa presente nelle rispettive motivazioni, gli organi giurisdizionali dell'Unione non sembrano, in realtà, dissentire sull'utilizzabilità, nella situazione controversa, del “principio di libera concorrenza” (del resto espressamente recepito nell'ordinamento lussemburghese) (38) quale metro con cui rapportare, al “sistema di riferimento” prescelto, la misura tributaria da scrutinare onde valutarne l'aderenza al divieto di cui all'art. 107, paragrafo 1, TFUE.

Il disaccordo si incentra, invece, sulla concreta identificazione del “sistema di riferimento” da adottare; fermo restando che sia il Tribunale sia la Corte ritengono che, vertendosi in tema di imposizione diretta (rientrante nell'esclusiva competenza degli Stati membri), detto sistema debba essere ricercato ed individuato esclusivamente nell'ambito dell'ordinamento nazionale.

Per il Tribunale (in aderenza all'impostazione della Commissione) - a fronte di un ordinamento fiscale, quale quello Lussemburghese, che persegue l'obiettivo di tassare tutti gli utili societari indipendentemente dallo specifico assetto assunto dalla società - deve assumersi quale “sistema di riferimento” il regime fiscale nazionale delle società complessivamente considerato, accomunante, dunque, sia le società stand alone sia quelle integrate in articolati gruppi societari. Ciò, perché il perseguimento dell'indicato obiettivo, implicando necessariamente che l'utile d'impresa delle società integrate sia trattato come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato, determina, in ultima analisi, l'introiezione, nell'ordinamento nazionale, di un principio di parità di trattamento, per come si desume specularmente dal divieto di aiuti previsto dell'art. 107, paragrafo 1, TFUE e nei limiti correlativi.

Per la Corte è, invece, il regime fiscale specificamente predisposto per le società integrate in gruppo, se esistente (come nell'ordinamento Lussemburghese) (39), ad assurgere a “sistema di riferimento”, al fine di stabilire se ricorre per l'impresa destinataria un “vantaggio selettivo” costituente aiuto di Stato (40); così come, a detti fini, è “il principio di libera concorrenza”, come normativamente sviluppato dalla normativa nazionale, a dover essere applicato. La Corte ascrive, quindi, al Tribunale (41) l'errore di diritto di aver fatto diretta applicazione, in settore di incontroversa competenza nazionale, della norma eurounitaria di cui all'art. 107, paragrafo 1, TFUE.

Seppur negativo per la Commissione, sarebbe, forse, errato considerare l'esito del giudizio sul ruling Fiat Finance and Trade, quale definitiva sconfessione della “dottrina Vestager”.

Prima di riscontrare l'errata valutazione del Tribunale (e, quella precedente, della Commissione) in merito all'accertamento del requisito della “vantaggiosità selettiva” della misura tributaria in questione, la Corte di giustizia ha, infatti, convenuto con i primi giudici, così ulteriormente consolidando il principio, che - come già affermato dal Tribunale in ripetuti arresti (pure conclusivamente negativi per la Commissione) (42), e dalla stessa Corte di giustizia (43) - le iniziative della Commissione europea tese a contrastare ruling fiscali (44), che, celando indebiti aiuti di Stato, falsano la libera concorrenza nel mercato interno, non travalicano, in linea di principio, le prerogative della Commissione medesima e dunque, non costituendo surrettizia armonizzazione in settore di esclusiva competenza nazionale, sono, per tale profilo, pienamente legittime.

L'insuccesso delle iniziative è, dunque, riferibile solo a contingenti difficoltà ed incertezze riscontrabili nella concreta dimostrazione della ricorrenza, nei ruling sospetti, di tutti i requisiti necessari a configurare un aiuto di Stato. Il ripetersi dell'insuccesso induce, tuttavia, a riflettere sul fatto che probabilmente, fino a quando non sarà possibile realizzare una soddisfacentemente compiuta armonizzazione dei regimi fiscali degli Stati membri, sarà difficile, per l'Unione, liberarsi degli ostacoli e delle gravi disfunzioni che incontra nel perseguimento dei suoi fini.

Note

(1) Per la nozione di “ruling preventivo transfrontaliero”, v. art.3, punti 14 e ss., della direttiva 2011/16/UE.

(2) I prezzi delle transazioni (anche con riferimento ad interessi, dividendi e royalties), che - intervenendo tra imprese appartenenti allo stesso gruppo e, dunque, tra entità non concorrenti - si sottraggono ai meccanismi di puro mercato, essendo influenzati dalle convenienze della società controllante.

(3) “Advance Pricing Agreement (APA)”; cfr., specificamente, punto 15, della direttiva 2011/16/UE.

(4) Cfr. Tribunale U.e. 12 maggio 2021 in cause T - 516/18 e T - 525/18, Engie.

(5) Tra le altre: l'approvazione nel 1997, ad opera dei ministri delle Finanze U.e., del Codice di condotta in materia di tassazione delle imprese (di recente seguita dall'approvazione da parte del Consiglio Ecofin, l'8 novembre 2022, del Codice di condotta riveduto, con applicazione a decorrere dall' 1 gennaio 2024); la Comunicazione 2012/722 del 6 dicembre 2012, contenente piano di azione teso a convincere gli Stati membri ad adottare misure specifiche di contrasto al tax planning internazionale aggressivo ed ad incentivare la cooperazione amministrativa e lo scambio informativo; ed, infine, la Direttiva 2016/1164 del Consiglio del 12 luglio 2016, “Norme contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del mercato interno (Anti Tax Avoidance Directive, ATAD)”, tesa a sviluppare l'introduzione negli ordinamenti dei singoli Stati membri di regole omogenee in materia di: tassazione di imprese controllate estere, costi di trasferimento, clausola generale anti-abuso, imposizione in uscita e deducibilità degli interessi di fonte estera. A questo ambito va ascritta anche la direttiva 2011/16, modificata reiteratamente e, in particolare, dalla direttiva 2018/822, che - per agevolare le autorità fiscali degli Stati membri nell'azione di protezione delle basi imponibili nazionali dall'erosione determinata dalle sempre più sofisticate ed aggressive strutture di pianificazione fiscale transfrontaliera - ha introdotto l'obbligo di comunicazione alle autorità competenti dei meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva. Mette conto, peraltro, segnalare che Corte di giustizia 8 dicembre 2022 in causa C - 694/20, I.G., C.D. e J.U. ha sancito l'invalidità, per violazione dell'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in tema d'intangibilità delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti), dell'art. 8-bis, 8-ter, paragrafo 5, della citata direttiva 2011/16, come modificata dalla direttiva 2018/822 nella parte in cui la sua applicazione da parte degli Stati membri ha l'effetto d'imporre all'intermediario che sia avvocato, esonerato dall'obbligo di comunicazione a causa del segreto professionale, di notificare senza indugio ad eventuale altro intermediario, (che non sia il suo cliente), così trasmettendoglielo, l'obbligo di comunicazione su di lui gravante.

Sul piano internazionale, assumono rilievo le «linee guida dell'OCSE» sui prezzi di trasferimento per operazioni commerciali tra società appartenenti allo stesso gruppo. Per le finalità di cui qui si discorre, tali linee guida invitano a valutare fiscalmente i prezzi di trasferimento relativi alle operazioni sopra indicati in aderenza al “principio di libera concorrenza”, come se si trattasse della remunerazione di operazioni tra società autonome operanti, in circostanze comparabili, a condizioni di libera concorrenza (v., in particolare, l'art. 9 del modello di convenzione fiscale OCSE); identificano, inoltre, cinque metodi utili all'indicata comparazione. Particolarmente significativa si rivela poi, da ultima, l'intesa sulla global minimun tax, concordato, nell'ottobre 2021, da 136 Paesi nell'ambito del “Quadro inclusivo Ocse/G20 sull'erosione della base imponibile ed il trasferimento degli utili (Beps)”, teso ad assicurare che più grandi e redditizie società nazionali corrispondano una quota minima di tasse ovunque operino e generino profitti.

(6) Dal nome della commissaria alla Concorrenza del tempo.

(7) Cfr., tra le altre, Corte di giustizia 12 luglio 2012 in causa C- 269/09, Commissione vs. Spagna; 2 luglio 1974 in causa C- 173/73, Italia vs. Commissione.

(8) Cfr. Decisione 2017/502 della Commissione del 21 ottobre 2015, relativa ad aiuto di Stato concesso dai Paesi Bassi in favore di Starbucks; decisione 2017/1283 della Commissione del 30 agosto 2016 relativa ad aiuto di Stato concesso dall'Irlanda in favore di Apple; decisione 2018/859 della Commissione del 4 ottobre 2017 relativa ad aiuto di Stato concesso dal Lussemburgo in favore di Amazon; decisione 2019/421 della Commissione, del 20 giugno 2018, relativa ad aiuto di Stato concesso dal Lussemburgo in favore di Engie.

(9) In particolare, sub specie di proposta preventiva sui prezzi di trasferimento: Advance Princing Agreement (A.P.A.).

(10) Cfr. decisione 2016/2326 della Commissione del 21 ottobre 2015 relativa ad aiuto di Stato concesso dal Lussemburgo in favore Fiat/Chrysler.

(11) In particolare: Granducato di Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi.

(12) Fiat Finance and Trade Ldt. (ora Fiat Crysler Finance Europe), Engie, Amazon, Apple, Starbucks.

(13) Avvenuta il 3 settembre 2012.

(14) Che prevede che “le distribuzioni occulte di utili devono essere incluse nel reddito imponibile”» e che ricorre “una distribuzione occulta di utili, in particolare, se un associato, socio o parte interessata riceve direttamente o indirettamente benefici da una società o associazione di cui non avrebbe normalmente beneficiato se non avesse avuto tale status”.

(15) Che prevede, al punto 2, che, “se è stato fornito un servizio infragruppo, occorre determinare, come per altri tipi di trasferimenti infragruppo, se la remunerazione convenuta sia conforme al principio di libera concorrenza, ossia corrisponda al prezzo che sarebbe stato applicato e accettato da società indipendenti in circostanze analoghe”.

(16) La disposizione (già articolo 87 TCE) recita: “Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

(17) In termini di: erogazione di contributi statali, agevolazioni tariffarie, abbattimento di carico fiscale o riconoscimento di sgravi contributivi, esenzioni, incentivi fiscali.

(18) V. sub § I, fine.

(19) Cfr. Corte di giustizia 6 ottobre 2021 in cause C – 51/19 P e C - 64/19 P, World duty free Group e Spagna vs. Commissione; 28 giugno 2018 in causa C‑203/16, Andres vs. Commissione.

(20) Nazionali, estere con sede in Lussemburgo, succursali lussemburghesi di società estere.

(21) V. note 14 e 15.

(22) In tal senso, v. Comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese, in G.U.C.E., C 384 del 10.12.1998, p. 2.

(23) Ed in ciò risiede il carattere maggiormente innovativo della decisione.

(24) Così dimostrando di voler trattare l'utile d'impresa delle società integrate come se fosse il risultato di operazioni effettuate a prezzi di mercato.

(25) E segnatamente la decisione anticipata.

(26) Metodo del “margine netto della transazione”, che determina il prezzo di trasferimento mediante l'analisi dell'utile operativo di libero mercato al netto spese operative (comprese quelle generali, amministrative, di supervisione).

(27) Metodo del “prezzo comparabile non controllato”, che confronta il prezzo addebitato per beni o servizi trasferiti in una transazione (controllata) tra parti appartenenti ad uno stesso gruppo con il prezzo addebitato per beni o servizi in una transazione (non controllata) tra parti indipendenti comparabili, in circostanze simili.

(28) Cosa che, tuttavia, escludeva, v. nota 18.

(29) V. note 13 e 14.

(30) V. giur. richiamata a nota 5.

(31) In questo senso, v. anche Tribunale dell'Unione europea 24 settembre 2019 in cause T - 636/15 e T - 760/15, Starbucks e Olanda vs. Commissione, che, tuttavia, nega, conclusivamente, la ricorrenza dei requisiti dell'indebito aiuto di Stato.

(32) V. i punti 65 nonché 102 e 121 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(33) L'esistenza stessa di un vantaggio può essere, infatti, accertata solo rispetto ad una tassazione “normale: cfr. Corte di giustizia 9 ottobre 2014 in causa C-552/13, Navantia; 6 settembre 2006 in causa C-88/03, Portogallo vs. Commissione.

(34) V. i punti 68 - 71 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(35) Dunque: del principio secondo cui le prestazioni infragruppo vanno fiscalmente valutate come se remunerate al pari delle prestazioni negoziate tra imprese indipendenti.

(36) E di considerare, con approccio sostanzialistico, la struttura multinazionale dell'impresa come pura creazione giuridica piuttosto che specifica realtà economica.

(37) V., in particolare, i punti da 72 a 74 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

(38) Attraverso la previsione dell'art. 164, paragrafo 3, del codice delle imposte sui redditi.

(39) Che lo delinea attraverso la previsione dell'art. 164, paragrafo 3, del codice delle imposte sui redditi e della circolare 28 gennaio 2011 n. 164/2 del direttore dell'Amministrazione dei tributi.

(40) Cfr. Corte di giustizia 6 ottobre 2021 in cause C - 51/19 P e 64/19 P, World Duty Free Group e Spagna vs. Commissione.

(41) Che, pur affermando la ricorrenza dei requisiti dell'aiuto di Stato anche con stretto riferimento alla normativa nazionale di cui al codice delle imposte sui redditi delle società, non procede alla relativa specifica analisi.

(42) Cfr., in particolare, sentenze 24 settembre 2019 in cause T - 636/15 e T - 760/15, Starbucks e Olanda vs. Commissione; 15 luglio 2020 in cause T‑778/16 e T‑892/16, Apple; 12 maggio 2021in cause T-816/17 e T-318/18, Amazon.

(43) Con la sentenza 16 settembre 2021 in causa C - 337/19 P, Engie e Regno del Belgio vs. Commissione.

(44) In particolare “Advantage Pricing Arrangements”.

Aurelio Cappabianca