Il TAR ha ritenuto fondata l'eccezione.
A sostegno di tale conclusione, ha ricordato in primo luogo che ai sensi dell'art. 115 d.lgs. 163/2006, applicabile ratione temporis, “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi” ivi indicati.
La ratio della previsione risiede nell'esigenza di assicurare in fase esecutiva il mantenimento dell'equilibrio tra prestazioni concordato tra le parti in sede di stipula, per evitare che sopravvenuti mutamenti dei prezzi alterino il sinallagma in modo pregiudizievole per l'appaltatore.
Sul piano della giurisdizione, l'art. 133, co. 1, lett. e, n. 2, c.p.a. prevede che siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell'ipotesi di cui all'articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi ai sensi dell'articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto”.
Ciò premesso, il Collegio ha affermato che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sussiste nelle sole ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla p.a. committente, attribuendo a quest'ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione. Diversamente, laddove la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo dell'appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell'ambito della giurisdizione ordinaria (Cass. civ., sez. un., 22 novembre 2021, n. 35952).
Nel caso di specie, la clausola del contratto poneva in capo all'amministrazione l'obbligo di adeguare il corrispettivo di appalto, con tempistiche e parametri predeterminati, senza concedere a quest'ultima alcun potere di valutare an, quantum, quando e quomodo dell'adeguamento tariffario. La situazione giuridica fatta valere dalla parte ricorrente aveva dunque la natura di diritto di credito, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.