Astorre Mancini
20 Febbraio 2023

Il commento si concentra su quattro diverse pronunce di merito - alcune rese sotto la vigenza della L. 3/2012, altre posteriori alla entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) - che hanno preso posizione circa il tema della prosecuzione o meno delle procedure di sovraindebitamento in caso di decesso del debitore. L'Autore segnala come il legislatore, nel nuovo Codice, abbia espressamente disciplinato solo il caso della liquidazione controllata (artt. 35 e 36 CCII), mentre per quanto riguarda le procedure negoziali e regolatorie occorre fare riferimento al richiamo operato dall'art. 65, comma 2 CCII, che pone tuttavia un limite di compatibilità.
Le massime

In caso di decesso del debitore in pendenza della procedura di liquidazione controllata, l'art. 270 CCII, diversamente dalla L. 3/2012 che nulla prevedeva al riguardo, ha richiamato le norme del procedimento unitario e, dunque, anche l'art. 35 CCII in forza del quale se il debitore muore dopo l'apertura della procedura di liquidazione controllata o giudiziale, questa prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario. (Tribunale di Vicenza 15 luglio 2022, est. Genovese)

In vigenza della L. 3/2012, nella procedura del Piano del Consumatore la morte del debitore determina l'improcedibilità della stessa. (Tribunale di Sassari 4 ottobre 2022, est. Savona)

In fattispecie in cui membri della stessa famiglia hanno proposto un Accordo di composizione della crisi ex l. 3/2012, in assenza di una espressa disposizione nella legge 3/2012 e stante la finalità della procedura, diretta a consentire di ottenere la successiva esdebitazione ed apribile solo dietro sua iniziativa, non può ritenersi applicabile in via analogica la disposizione prevista dall'art. 12 l.fall. (che prevede la prosecuzione della procedura nei confronti degli eredi in caso di morte del fallito), per cui va assegnato ai ricorrenti un ulteriore termine per consentire loro, così come ai chiamati all'eredità del ricorrente defunto, di valutare se e in quali termini proseguire con la procedura di sovraindebitamento presentata. (Tribunale di Forlì 28 maggio 2021, est. Vacca)

Alla procedura di liquidazione del patrimonio, nel caso di morte del sovraindebitato, si deve applicare in via analogica la disciplina prevista dall'art 12 della legge fallimentare. (Tribunale di Livorno 19 luglio 2021, est. Pastorelli)

La questione giuridica: la morte del debitore nella liquidazione controllata

Le pronunce in commento prendono posizione sulla questione della prosecuzione o meno delle procedure di sovraindebitamento in conseguenza della morte del debitore, attualmente risolta dall'art. 35 CCII nel senso della prosecuzione della procedura liquidatoria (controllata o giudiziale) nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario, ovvero nei confronti del curatore dell'eredità giacente se i chiamati non hanno accettato l'eredità (art. 36 CCII).

La legge n. 3 del 2012 non disciplinava l'ipotesi della morte del sovraindebitato, per cui ci si è posti il problema di quale regola applicare alla fattispecie del debitore il cui decesso fosse sopravvenuto dopo l'apertura della procedura, sia essa regolatoria (piano del consumatore o accordo di composizione) o liquidatoria (liquidazione del patrimonio).

Il tribunale di Vicenza ha optato per la prosecuzione della liquidazione, al pari del tribunale di Livorno - decisioni entrambe in linea con il CCII, che recepisce appunto la regola della legge fallimentare - concludendo per l'applicazione in via analogica della disciplina dell'art. 12 l. fall., per cui nel caso livornese si è ritenuto che la procedura di liquidazione del patrimonio, stante la morte del sovraindebitato, dovesse proseguire con il curatore dell'eredità giacente, in conformità a quanto previsto dal predetto articolo (oggi trasfuso nell'art. 36 CCII), tenuto conto che i familiari del de cuius avevano rinunciato all'eredità.

Come detto, l'encomiabile tentativo della giurisprudenza, ancora una volta, di colmare le vistose lacune della l. 3/2012, ha trovato composizione nella esplicita disciplina degli art. 35 CCII rubricato ‘morte del debitore' e dell'art. 36 CCII relativo all'‘eredità giacente', disposizioni che richiamano entrambe quanto contenuto nell'art. 12 l. fall. e consentono, dunque, di dare continuità alla regolamentazione tradizionale della fattispecie adottata dalla giurisprudenza in vigenza della legge fallimentare; mentre l'art. 270, co. 5, CCII dettato in tema di liquidazione controllata ribadisce che “per i casi non regolati dal presente capo si applicano altresì, in quanto compatibili, le disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III”.

Si segnala, peraltro, che in merito alla liquidazione del patrimonio, nell'ambito della l. 3/2012, veniva da chiedersi se il diverso orientamento giurisprudenziale – nel senso della impossibilità di richiamare analogicamente l'art. 12 l. fall. - muovesse dalla natura personale della procedura aperta diretta a soddisfare interessi primari del debitore, per cui la sua morte farebbe venir meno l'utilità della procedura, con la conseguenza di dichiarare cessata la procedura con restituzione dell'attivo agli eredi o all'eredità giacente. L'obiezione veniva superata osservando che anche dopo la morte del sovraindebitato permane la situazione oggettiva di sovraindebitamento, alla cui soluzione potrebbero avere interesse anche gli eredi, allo scopo di ottenere, su loro richiesta, la liberazione dei debiti residui, dei quali, come eredi, sarebbero tenuti a rispondere, ove cessasse la procedura[1].

Gli artt. 35 e 36 CCII, al pari dell'art. 12 l. fall., hanno dunque posto il principio che, in caso di morte del debitore dopo l'apertura della liquidazione, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d'inventario, per cui essi sostituiscono il defunto nelle interlocuzioni con il liquidatore, salva l'ipotesi della mancata accettazione dell'eredità, in cui sarà il curatore dell'eredità giacente, sotto il profilo processuale, a svolgere nella procedura liquidatoria i compiti che svolgeva il fallito.

Ciò ha condotto a ritenere che la liquidazione dei beni possa continuare anche prima dell'accettazione del chiamato all'eredità o della nomina di un curatore dell'eredità giacente, considerato che la liquidazione procede con gli organi suoi propri, senza che l'erede o il curatore possa assumere un particolare ruolo d'impulso.

La questione giuridica: la morte del debitore nelle procedure negoziali

La continuità di approccio a cui si è fatto cenno, ora garantita dal dato normativo, è riferita in modo esplicito alla sola procedura di liquidazione controllata (e giudiziale), se è vero che le citate disposizioni menzionano la liquidazione, e non anche alle procedure negoziali di sovraindebitamento.

Tuttavia, l'art. 35 CCII è espressamente richiamato dall'art. 65, co. 2 CCII ,che dichiara applicabili a tutte le procedure di sovraindebitamento, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo III.

Le ulteriori due decisioni in rassegna, in fattispecie, appunto, regolatorie, rese dai tribunali di Sassari e Forlì, sempre in vigenza della l. 3/2012, hanno deciso la questione in modo sensibilmente diverso, in casi riguardanti le procedure negoziali del piano del consumatore e dell'accordo di composizione.

Il tribunale di Sassari, preso atto della morte di uno dei due ricorrenti nel piano del consumatore, ha concluso per l'interruzione del processo nei confronti del ricorrente defunto, proseguendo la procedura nell'interesse dell'altro ricorrente, senza porsi alcun problema circa la volontà degli eredi, in eventualità, di proseguire la procedura promossa dal congiunto defunto.

Il tribunale di Forlì, in fattispecie di accordo di composizione ex L. 3/2012, ha ritenuto non applicabile in via analogica la disposizione prevista dall'art. 12 l.fall., per cui ha assegnato un termine agli eredi entro cui valutare se e in quali termini proseguire con la procedura di sovraindebitamento presentata dal defunto.

Con riferimento alle procedure negoziali e regolatorie il nuovo Codice porta con sé tale questione interpretativa, considerato, appunto, che gli artt. 35 e 36 CCII sono dettati espressamente per le procedure liquidatorie, per cui occorre accertare se essi superano il vaglio di compatibilità ex art. 65 c.2 CCII, ai fini della loro applicazione anche alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ed al concordato minore.

Circa la compatibilità con la procedura di concordato minore può essere utile il richiamo alla giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di concordato preventivo che, preso atto dell'assenza di disciplina per il caso di morte sopravvenuta dell'imprenditore in concordato, ha ritenuto applicabile, in via analogica, l'art. 12 l. fall., dal momento che l'istituto del concordato preventivo, anche dopo la connotazione maggiormente privatistica impressagli a partire dalla novella del 2005, ha conservato quel carattere pubblicistico che lo rende alternativo ma assimilabile, nel suo nucleo funzionale essenziale, alla procedura fallimentare, “sì da poter proseguire senza interruzioni - grazie alla presenza di organi nominati dal tribunale e regole consacrate in un provvedimento giudiziario definitivo - nonostante la morte del debitore che vi si è spontaneamente assoggettato” (Cass. 23 novembre 2020 n. 26567).

Di conseguenza, si è ritenuto che l'esecuzione del concordato preventivo possa proseguire anche dopo la morte dell'imprenditore, poiché “i creditori anteriori continueranno a beneficiare della segregazione tipica dello strumento concorsuale”, e la procedura potrà regolarmente proseguire fino a completa esecuzione, atteso che “della liquidazione si occuperà il commissario liquidatore, precedentemente nominato dal tribunale, il quale svolge il suo compito in favore dei creditori ed in rappresentanza degli eredi o del curatore dell'eredità giacente, senza che vi sia alcuna prevalenza dell'uno o dell'altro istituto”. (Cass. 23 novembre 2020 n. 26567, cit.)[1].

Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi sicuramente per il concordato minore liquidatorio, mentre più problematico appare il caso del concordato minore in continuità aziendale, almeno tutte le volte in cui la proposta omologata si caratterizzi per la continuità c.d. diretta distinta dall'attività peculiare dell'imprenditore, o addirittura dall'attività professionale del sovraindebitato.

Nella ristrutturazione dei debiti del consumatore il discorso non dovrebbe mutare, e dunque dovrà essere vagliato caso per caso: ove si consideri che la maggior parte dei piani del consumatore omologati in vigenza della l. 3/2012 prevedono l'esecuzione del piano protratta per alcuni anni con risorse derivanti da una quota del reddito o del trattamento pensionistico del sovraindebitato, è ragionevole ritenere che il decesso del debitore in concreto impedisca la prosecuzione in capo agli eredi della fase esecutiva del piano.

Guida all'approfondimento

Circa la natura ‘personale' della procedura cui si è accennato nel secondo paragrafo, in dottrina si è continuato ad esprimere perplessità anche in riferimento alla procedura liquidatoria, per cui ci si è chiesti se sia “davvero possibile immaginare, in caso di successione ereditaria nella procedura – a prescindere dal fatto che si estenda l'applicazione alla ristrutturazione dei debiti del consumatore ovvero al concordato minore – che, in caso di soddisfazione parziale postuma, si possano purgare i debiti residuali e concedere la misura premiale, squisitamente concorsuale e personale, all'erede?”, cfr. A.PAGANO e A.ARAPI, in “La morte del sovraindebitato tra evoluzione giurisprudenziale e CCII”, in www.judicium.it, agosto 2022.

Quanto all'applicazione analogica dell'art. 12 l. fall. al concordato preventivo, come stabilita dalla sopra richiamata decisione della Suprema Corte (Cass. 23 novembre 2020 n. 26567, cit.), si segnala che essa è stata, peraltro, oggetto di critica in dottrina; ex multis, cfr. F. CASA, in “Eredità giacente, morte del debitore, logica e buon senso”, in Fall. 2021, 1403, il quale ha osservato come “non sia così agevole individuare una somiglianza rilevante, tale da consentire il ricorso all'analogia, tra la disciplina del fallimento (l'art. 12 l. fall.) e quella relativa all'esecuzione del concordato preventivo (cui sarebbe applicabile analogicamente l'art. 12 l.fall.), anche solo perché, una volta omologato il concordato preventivo, non ci sarebbe più nemmeno una procedura concorsuale”, per cui “gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del concordato preventivo paiono assimilabili più che altro ad un patrimonio separato, in quanto costituito da una espressa previsione normativa che conferisce alla separazione efficacia erga omnes, con la previsione di uno scopo coincidente con quello ritenuto meritevole di tutela dal legislatore […] Ci pare preferibile affermare che il legislatore non ha previsto il caso, perché ha ritenuto del tutto irrilevante la morte del debitore concordatario, anche considerata la destinazione impressa al patrimonio oggetto di esecuzione”.

Si veda inoltre:

CASA, “Eredità giacente, morte del debitore, logica e buon senso”, in Fall. 2021, 1403

CESARE, “Sovraindebitamento : liquidazione del patrimonio”, in www.ilFallimentarista.it, settembre 2017

CRACOLICI-CURLETTI, “Coinvolgimento degli eredi nel sovraindebitamento dibattuto”, in www.eutekne.info, marzo 2020

PAGANO e ARAPI, in “La morte del sovraindebitato tra evoluzione giurisprudenziale e CCII”, in www.judicium.it, agosto 2022

ROSSI, “Il decesso del debitore sottoposto a procedura di liquidazione del patrimonio”, in www.ilFallimentarista.it, settembre 2021

VALERINI, “La morte del sovraindebitato nella procedura di liquidazione del patrimonio”, in www.dirittoegiustizia.it, luglio 2021