Occorre premettere che la Corte EDU riconosceva la violazione dell'art. 11 CEDU dedotta dai ricorrenti, evidenziando che la questione sollevata doveva essere esaminata in correlazione alla previsione dell'art. 10 CEDU, atteso che, nel caso di specie, la manifestazione di protesta controversa si era svolta per consentire ai partecipanti di esprimere la propria contrarietà alla realizzazione di un progetto urbanistico che coinvolgeva la collina di Sololaki, che domina la parte più antica della città di Tblisi (Corte EDU, G.C., Kudrevicius e altri c. Lithuania, 15 ottobre 2015, n. 37553/05).
Secondo la Corte EDU, la limitazione della libertà di riunione costituisce una violazione dell'art. 11 CEDU, fatti salvi i casi in cui si renda necessaria per garantire il rispetto delle regole democratiche e sia prevista da un'apposita norma. Tutto questo comporta che le eventuali limitazioni alla libertà di riunione non possono essere interpretate estensivamente e devono essere giustificate, con la conseguenza che gli Stati Membri, pur godendo di margini di discrezionalità, sono sottoposti al controllo rigoroso della Corte di Strasburgo, che, caso per caso, deve verificare la compatibilità delle restrizioni previste dal diritto nazionale con le garanzie convenzionali, sottoponendo a bilanciamento i due elementi di giudizio (Corte EDU, Mushegh Saghatelyan c. Armenia, 20 Settembre 2018, n. 23086/08).
Si evidenziava, al contempo, che, nello svolgimento di tali verifiche, la Corte EDU può valutare se le istituzionali nazionali abbiano esercitato i loro poteri discrezionali ragionevolmente e in buona fede, atteso che la legittimità delle limitazioni alle libertà convenzionali presuppone il perseguimento di uno scopo legittimo e un sacrificio non sproporzionato agli obiettivi da conseguire.
Il criterio di proporzionalità previsto dall'art. 11, § 2 CEDU, dunque, impone la ricerca di un equilibrio tra le finalità perseguite dalle limitazioni previste dal diritto nazionale – finalizzate a tutelare l'ordine e la moralità pubblica interni – e il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni, anche attraverso manifestazioni pubbliche di protesta.
In questa direzione, la natura e la gravità del trattamento sanzionatorio irrogato costituiscono elementi determinanti per valutare la proporzionalità delle limitazioni imposte al diritto di riunione e al diritto di manifestazione del pensiero e, quando le sanzioni irrogate ai dissidenti sono penali, richiedono un'adeguata giustificazione, essendo evidente che una manifestazione pacifica, tendenzialmente, non dovrebbe essere soggetta alla minaccia di una sanzione penale e della privazione della libertà personale, che costituiscono un'extrema ratio (Corte EDU, Chemega e altri c. Ucraina, 18 giugno 2019, n. 74768/10).
D'altra parte, la circostanza che una manifestazione di protesta in un'area urbana possa dare luogo a un'alterazione della vita pubblica non giustifica, di per se stessa, la limitazione della libertà di riunione, dovendo mostrare le istituzioni nazionali un atteggiamento di tolleranza, il cui grado deve essere verificato caso per caso dalla Corte EDU. Ne consegue che laddove i manifestanti infrangano intenzionalmente le regole della convivenza democratica, mediante l'organizzazione di forme di protesta che determino un inaccettabile disturbo della vita pubblica e delle attività legittime degli altri cittadini, non potranno beneficiare della tutela convenzionale e, avendo posto in essere condotte pericolose per l'ordine pubblico, potranno sanzionati penalmente.
Quanto al tema, correlato, della libertà di espressione, la Corte EDU ribadiva che l'art. 10 CEDU protegge sia le informazioni o le ideologie largamente condivise o considerate non offensive, sia quelle che risultino minoritarie o possano arrecare fastidio a una parte, anche consistente, della popolazione, atteso che tale disposizione lascia pochi margini alla possibilità di limitazioni della libertà di espressione nelle ipotesi di dibattiti su questioni di interesse pubblico (Corte EDU, Bumbes c. Romania, 3 maggio 2022, n. 18079/15).
Il linguaggio utilizzato, infatti, fuoriesce dalla previsione dell'art. 10 soltanto se persegue quale unico obiettivo quello di denigrare o demonizzare il contendente, non essendo l'utilizzo di frasi volgari, ex se, determinante per stabilire se le parole usate sono offensive, potendo essere utilizzate anche come forma di comunicazione e ricevendo, in tal caso, protezione convenzionale (Corte EDU, Uj c. Ungheria, 19 luglio 2011, n. 23954/10).
In questa cornice, la Corte EDU evidenziava che era incontroverso che, nel caso in esame, l'intervento delle Forze dell'Ordine georgiane aveva interferito sulla libertà di riunione dei manifestanti, che avevano inscenato una protesta pacifica e utilizzato toni verbali inoffensivi.
Ne derivava che il richiamo dell'autorità giudiziaria georgiana all'art. 166 del Codice delle violazioni amministrative, in astratto, era corretto, non essendo sindacabile dai Giudici di Strasburgo lo scopo di proteggere la morale e i diritti dei cittadini georgiani, laddove pregiudicati da una manifestazione di protesta. La limitazione della libertà prevista dall'art. 166 del Codice delle violazioni amministrative, dunque, non era incoerente con la norma convenzionale, perseguendo, obiettivi astrattamente legittimi.
Tuttavia, in concreto, la limitazione delle libertà dei manifestanti non era legittima sotto un differente parametro convenzionale, rappresentato dalla necessità di interrompere una manifestazione di protesta pacifica, che, in una società democratica, non può essere penalizzata, non potendosi ostacolare il dissenso alle iniziative governative.
La natura pacifica della manifestazione di protesta, del resto, era incontroversa, riguardando la protesta inscenata la realizzazione di un intervento edilizio che poteva compromettere il panorama dell'area urbana della parte antica della città di Tbilisi, che aveva dato origine a un dibattito particolarmente sentito dalla pubblica opinione georgiana.
Si trattava, pertanto, di una questione di rilevanza pubblica, alla luce della quale i limiti alla libertà di espressione dovevano essere giustificati in maniera rigorosa e nel rispetto del criterio di proporzionalità previsto dall'art. 11, § 2 CEDU, che risultava violato nel caso di specie. Le riprese audiovisive dell'arresto dei dimostranti, difatti, rendevano evidente la natura pacifica e passiva dei comportamenti dei dimostranti, che si limitavano a esibire degli striscioni, senza assumere atteggiamenti aggressivi verso la polizia o gli eventuali passanti.
Quanto all'uso di una frase volgare – consistente nello slogan “Panorama, my cock!” – i Giudici di Strasburgo, pur evidenziando, che non erano in grado di valutarne la portata rispetto al sentire comune della popolazione georgiana, ribadivano che l'uso di parole oscene o volgari, se inserito in un contesto riconducibile a legittime manifestazioni di protesta, non concretizzavano alcuna violazione dell'art. 10 CEDU, essendo giustificate dalle finalità, legittime, perseguite.
L'autorità giudiziaria georgiana, dunque, avrebbero dovuto correlare la frase volgare usata dai manifestanti agli obiettivi di protesta perseguiti dai dissidenti, che protestavano legittimamente contro un progetto urbanistico che aveva provocato scontenti in una parte consistente della popolazione (Corte EDU, Ziembinski c. Poland, 5 luglio 2016, n. 1799/07).
Non poteva, peraltro, non rilevarsi che la frase incriminata non era diretta contro un individuo o un'istituzione, venendo adoperata solo per rafforzare il senso della manifestazione inscenata davanti il municipio di Tblisi, che, come detto, incontrava il sostegno di una parte dell'opinione pubblica. Di conseguenza, la frase, pur volgare, non concretizzava alcuna violazione dell'art. 10 CEDU, non contendendo riferimenti personali offensivi o denigratori, che, viceversa, devono ritenersi lesivi delle garanzie convenzionali (Corte EDU, Monteiro Telo de Abreu c. Portugal, 7 giugno 2022, n. 42713/15).
La Corte EDU, pertanto, riteneva violato il principio di proporzionalità previsto dall'art. 11, § 2 CEDU, sull'assunto che i ricorrenti erano stati costretti a interrompere la loro manifestazione di protesta, subendo il comportamento delle Forze dell'Ordine georgiane, il cui intervento, tra l'altro, aveva scoraggiato analoghe, future, iniziative, limitando la libertà di espressione in un pubblico dibattito.