Con il proposto gravame entrambi i genitori del minore contestavano la valutazione compiuta in primo grado circa la configurabilità dello stato di abbandono morale e materiale del minore e chiesto, in subordine, di far luogo all'adozione cd “mite”, onde conservare il legame familiare, a loro dire, istaurato con il bambino.
In particolare, secondo l'assunto difensivo esplicitato dalla donna, lo stato di abbandono non poteva dirsi integrato dovendosi piuttosto ritenere che, per via dell'immediato allontanamento del minore, le era stato impedito di svolgere il ruolo genitoriale e, in ogni caso, negli ultimi anni con fatica era riuscita a creare un rapporto con il figlio che non andava reciso.
Considerazioni di analogo tenore venivano formulate dal padre, il quale evidenziava di aver svolto il ruolo genitoriale con attenzione e di aver sempre partecipato ai colloqui con gli operatori ed effettuato gli incontri con il figlio.
Tali motivi di doglianza, tuttavia, venivano rigettati dalla Corte territoriale che confermava la decisione impugnata ritenendo sussistente lo stato di abbandono del minore, stante l'accertata inadeguatezza dei genitori a prendersi cura del figlio in conseguenza dello stato di tossicodipendenza della madre e del disinteresse mostrato del padre, come attestato dall'interruzione degli incontri con quest'ultimo.
La Corte, inoltre, attribuiva rilevanza all'assenza di una situazione familiare stabile nella quale inserire il bambino, essendo emerso che entrambi i genitori avevano formato nuovi nuclei familiari, mantenendo, tuttavia, situazioni abitative e lavorative del tutto precarie, né riferivano l'esistenza di un progetto di vita stabile e tutelante per il minore.
Gli elementi innanzi enunciati costituivano, per i giudici di appello, precisi e gravi elementi fattuali a cui ricollegare, in applicazione dell'orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, l'irreversibilità e la non recuperabilità della capacità genitoriale (Cass. SS.UU. n. 35110/2021), oltre che un possibile pregiudizio per il minore, tale da poterne inficiare la sua crescita serena ed equilibrata (Cass., n. 24717/2021).
Con riferimento specifico a tale ultimo aspetto, i giudici territoriali hanno, inoltre, posto la loro attenzione anche su un ulteriore aspetto, ossia quello della necessaria compatibilità temporale dei possibili interventi da attuarsi sui genitori al fine del recupero della loro capacità genitoriale, rispetto ai tempi fisiologici del minore, a cui va garantito il diritto al corretto ed equilibrato sviluppo psico-fisico della propria persona (Cass. n. 6533/2022).
Quanto alla richiesta formulata in via subordinata, volta a pervenire all'applicazione, in sostituzione all'adozione legittimante, della misura dell'adozione mite onde evitare la rottura dei rapporti tra il minore e i genitori, detta richiesta è stata parimenti respinta dalla Corte per motivi non solo di natura processuale ma anche sostanziale.
Invero - pur nella consapevolezza di dover preferire, tra i vari modelli di adozione previsti dal nostro ordinamento, quelli che non recidano del tutto i rapporti tra il minore e la sua famiglia di origine e dovendo attribuire all'adozione legittimante il ruolo di extrema ratio - la Corte non ha potuto non rilevare la diversità dei due procedimenti e, dunque, l'impossibilità che nel giudizio volto all'accertamento dello stato di adottabilità possa essere assunta alcuna statuizione di diversa natura e, in particolare un provvedimento ex art. 44 della legge n. 184 del 1983, il quale presuppone la presentazione di apposito ricorso successivo all'accertamento negativo dello stato di abbandono (Cass. n. 21024/2022).
In ogni caso, la Corte ha precisato come la possibilità di accedere all'adozione c.d. mite, per le sue caratteristiche intrinseche, rappresentate dalla conservazione di un legame tra il minore e la famiglia di origine, si ponga in netto contrasto con la situazione di abbandono morale e materiale del minore accertata nel caso di specie.