Il sindaco di società fallita risponde in proprio delle condotte di bancarotta fraudolenta

La Redazione
24 Febbraio 2023

Secondo la Suprema Corte, per configurarsi in reato di bancarotta fraudolenta in capo al sindaco di una società fallita non è necessario che concorra con altri soggetti ma è sufficiente che lo stesso ponga concrete condotte, autonomamente consumate, che possano configurare una distrazione o una dissipazione.

La Corte di cassazione si esprime sulla responsabilità dei sindaci per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione o occultamento dei beni aziendali.

La legge fallimentare (all'art. 223 l.fall.) prevede che ai sindaci (così come gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori di società fallite) si applicano le pene previste per la bancarotta fraudolenta quando hanno commesso alcuni dei fatti previsti dalla medesima norma (art. 216 l.fall.).

Secondo la cassazione, la lettera di tale norma è inequivoca e non consente letture alternative: i sindaci di una società fallita, come tali, sono inclusi nel novero di coloro che
rispondono in proprio delle condotte illecite di bancarotta fraudolenta (descritte nell'art. 216 l.fall.).

In altri termini, i componenti del collegio sindacale, possono essere gli agenti del reato proprio di bancarotta, patrimoniale, documentale o preferenziale, senza che vi sia necessità che essi concorrano con gli altri soggetti. Tuttavia, non avendo i sindaci poteri di gestione diretta del patrimonio della società, la questione della loro diretta responsabilità si risolve nella selezione delle concrete condotte, autonomamente consumate, che possano configurare una distrazione o una dissipazione.

La corte ha precisato che, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l'accertamento dell'elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di "indici di fraudolenza" necessari a dar corpo:

- da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell'integrità del patrimonio dell'impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori;

- dall'altro, all'accertamento in capo all'agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.

Nel caso concreto, appare evidente come omettere di versare le somme dovute all'erario per un intero decennio costituisca un pericolo concreto di squilibrio finanziario della società in quanto in tal modo si venivano a creare cospicue passività che rimanevano occulte agli stessi amministratori, non emergendo dalla contabilità e dai bilanci societari, destinate pertanto a creare lo squilibrio finanziario improvviso ed inaspettato che si era effettivamente verificato.

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