In questa linea interpretativa più volte i giudici, hanno sottolineato come il perseguimento dell'interesse del minore può comportare l'adozione di provvedimenti contenitivi e restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori, purché intervengano all'esito di un accertamento in concreto, basato sull'osservazione e sull'ascolto del minore (Cass. 21916/2019).
E' stata così stabilita la legittimità del divieto di portare i figli minori, cresciuti in base ai dettami cattolici, agli incontri di gruppi religiosi ove la loro esteriorizzazione determini conseguenze pregiudizievoli per il figlio che vi presenzi, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo (Cass. 12954/2018). In tal senso la Cassazione ha specificato che la responsabilità genitoriale deve “costituire espressione di conveniente protezione del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata” e può assumere anche profili contenitivi dei diritti e delle libertà fondamentali individuali, ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudizievoli per la prole (Cass. 9546/2012).
Ciò peraltro, si precisa, non costituisce una compressione della libertà di culto per l'adulto. Si sottolinea infatti come la libertà di professare il proprio credo religioso sia diritto autonomo, rispetto al diritto del minore ad una serena crescita. Tale divieto infatti, si sottolinea, non è in contrasto con il diritto del genitore di professare la propria fede religiosa (ex art. 19 Cost.) se e in quanto adottato a tutela di minori i quali, cresciuti in un contesto religioso differente, vengano giudicati incapaci, in ragione dell'età, di praticare una scelta confessionale veramente autonoma e, conseguentemente, di elaborare con la necessaria maturità uno stravolgimento di credo religioso (Cass. 24683/2013).
Si registrano peraltro provvedimenti segno opposto, fondati peraltro comunque sul principio dell'interesse del minore. In particolare la Cassazione ha cassato la decisione di merito che aveva inibito alla madre, d'impartire al figlio insegnamenti contrastanti con quelli della religione cattolica affermando che non si può impedire a un genitore di portare il figlio alle celebrazioni previste dal proprio credo, se tale partecipazione non ha ripercussioni negative sul percorso di crescita del minore (Cass. 14728/2016). Si è in questo senso anche sottolineato che ciascun genitore deve rispettare il credo dell'altro, consentendo e anzi permettendo al minore di partecipare ai riti, alle tradizioni e alle attività di entrambi i culti (Trib. Pesaro 7 luglio 2020).
Si sottolinea così come la possibilità per il giudice di adottare provvedimenti restrittivi in caso di conflitto tra i genitori sull'educazione da impartire al figlio non può fondarsi solo sull'astratta valutazione delle religioni cui aderiscono i genitori, né può limitarsi a dare rilievo all'iniziale trasmissione al figlio, da parte di entrambi i genitori, della fede cattolica come religione comune della famiglia.
Come precisa la dottrina, solo dopo aver accertato un “concreto pregiudizio” del diritto dei minori a una crescita sana e equilibrata è possibile adottare statuizioni e prescrizioni che comprimano la libertà educativa di uno dei genitori e che giungano anche a inibire l'insegnamento della dottrina religiosa normalmente professata da uno di essi (Fiorini M. Non solo audizione anche altri elementi servono alla decisione, Guida al Diritto, n. 40/2019).
Ne deriva che la possibilità da parte del giudice di adottare provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà dei genitori in tema di libertà religiosa e di esercizio del ruolo educativo è strettamente connessa e può dipendere esclusivamente dall'accertamento in concreto di conseguenze pregiudizievoli per il figlio che ne compromettano la salute psico-fisica e lo sviluppo (Cass. 21916/2019).