Rimesso alla Corte di giustizia UE il regime del rapporto di servizio dei giudici onorari

27 Febbraio 2023

Con l'ordinanza che si commenta e a distanza di pochi mesi dalla sentenza CGUE 7 aprile 2022 (C-236/2020), il Consiglio di Stato ha nuovamente investito la Corte di giustizia con un rinvio pregiudiziale volto a sciogliere il nodo circa la compatibilità delle previsioni nazionali con il quadro normativo eurounitario in materia di inquadramento professionale della magistratura onoraria.
Massima

Vengono rimesse alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali, ex art. 267 TFUE:

- se l'articolo 7 della direttiva 2003/88 e la clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non prevede, per i giudici onorari di Tribunale e per i vice procuratori onorari della Repubblica, alcun diritto alla corresponsione dell'indennità durante il periodo feriale di sospensione delle attività ed alla tutela previdenziale e assicurativa obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;

- se la clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale il rapporto di lavoro a tempo determinato dei giudici onorari, qualificabile come rapporto di servizio e non quale rapporto di impiego alle dipendenze di una Amministrazione Pubblica, per il quale sia previsto un regime articolato su un iniziale atto di nomina ed una sola successiva riconferma, possa divenire oggetto di svariate proroghe contenute in leggi di rango statale, in assenza di sanzioni effettive e dissuasive e in mancanza della possibilità di trasformare detti rapporti in contratti di impiego alle dipendenze di una amministrazione pubblica a tempo indeterminato, in una situazione di fatto che potrebbe avere prodotto effetti favorevoli compensativi nella sfera giuridica dei destinatari, essendo stati, gli stessi, investiti della proroga nelle funzioni in modo sostanzialmente automatico per un ulteriore periodo di tempo.

Il caso. Il riconoscimento dell'attività professionale di Giudice Onorario di Tribunale (GOT) e Viceprocuratore Onorario (VPO) quale attività di lavoro subordinato

Con l'ordinanza che si commenta e a distanza di pochi mesi dalla sentenza CGUE 7 aprile 2022 (C-236/2020), il Consiglio di Stato ha nuovamente investito la Corte di giustizia con un rinvio pregiudiziale volto a sciogliere il nodo circa la compatibilità delle previsioni nazionali con il quadro normativo eurounitario in materia di inquadramento professionale della magistratura onoraria.

La questione è stata portata dinnanzi al Giudice Amministrativo da ricorrenti che appartengono alla magistratura onoraria con la carica di Giudice Onorario di Tribunale e di Viceprocuratore Onorario.

In particolare, i ricorrenti chiedevano che il TAR riconoscesse la natura di lavoro subordinato a tempo indeterminato della loro attività professionale e che, conseguentemente, condannasse l'Amministrazione (il Ministero della Giustizia) al pagamento della retribuzione pro die, proporzionata al parametro di riferimento di quella spettante al magistrato di ruolo dalla data di costituzione iniziale dei rapporti di magistrato onorario, sino alla conversione a tempo pieno e indeterminato, e con ricostruzione della carriera.

A seguito di rigetto in primo grado, i ricorrenti hanno proposto appello sostenendo che il TAR avrebbe erroneamente inquadrato il petitum della loro azione: essi avrebbero solo reclamato la stabilizzazione della propria posizione avendo subito gli effetti pregiudizievoli della «abusiva e reiterata proroga dei decreti di nomina, attraverso le leggi dello Stato». I ricorrenti hanno affermato di non dubitare della loro appartenenza alla magistratura ordinaria (anche ai sensi dell'art. 4, c. 2, R.d. 30 gennaio 1941 n. 12), chiedendo l'equiparazione del proprio trattamento economico e giuridico a quello riconosciuto al magistrato ordinario professionale.

Le questioni giuridiche. La prospettata incompatibilità con l'ordinamento UE della normativa italiana in materia di tutela previdenziale, ferie retribuite e rinnovi del mandato dei magistrati onorari

L'ordinanza del Consiglio di Stato in esame arricchisce il filone giurisprudenziale in materia di inquadramento dei magistrati onorari, nel cui ambito si ricordano le sentenze della Corte di Giustizia del 16 luglio 2020 (C-658/18) e del 7 aprile 2022 (C-236/2020).

Secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato, la rilevante e possibile incompatibilità col diritto UE potrebbe investire una duplice questione. La prima attiene all'esclusione dei magistrati onorari dal diritto alle ferie retribuite, nonché da ogni forma di tutela di tipo assistenziale e previdenziale; la seconda riguarda la disciplina in materia di rinnovi dell'atto di nomina dei magistrati onorari. Rispetto ad entrambe le questioni, secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato, assume rilievo l'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999 in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, ritenuto applicabile anche ai magistrati onorari.

Circa il primo dei possibili profili di incompatibilità appena menzionati, è stato sottolineato dall'ordinanza come l'obiettivo dell'Accordo quadro di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato debba essere perseguito anche con riferimento alle condizioni di impiego dei lavoratori a tempo determinato, le quali non possono essere meno favorevoli rispetto a quelle dei lavoratori a tempo indeterminato, a meno di ragioni oggettive. In questo senso, la Corte di Giustizia ha sancito l'astratta possibilità che le due categorie siano trattate in maniera parzialmente diversa sulla base degli elementi che le differenziano, tra cui in primis l'assunzione dei magistrati ordinari tramite concorso pubblico (opposta alla nomina del magistrato onorario), nonché la circostanza per cui i magistrati ordinari esercitino le loro funzioni in maniera esclusiva (diversamente dalla modalità concorrente con cui i magistrati onorari esercitano le loro di funzioni). Dall'esame della giurisprudenza testé citata, secondo l'ordinanza del Consiglio di Stato, si potrebbe evincere la legittimità di un regime in forza del quale il trattamento riservato ai magistrati onorari è diverso da quello riservato ai magistrati ordinari anche in termini di retribuzione (punto 67). Tuttavia, l'ordinanza del Consiglio di Stato ha rilevato anche che l'ampiezza di tale disparità di trattamento, al punto da escludere in toto per una categoria di lavoratori a tempo determinato la possibilità di godere di almeno 30 giorni di ferie retribuite, potrebbe non essere compatibile con il diritto eurounitario.

Per quel che concerne la seconda questione, poi, il Consiglio di Stato ha ricordato il fatto che la normativa nazionale non può ignorare gli obiettivi dell'Accordo quadro e che la normativa europea prevede che gli Stati membri adottino misure relative al numero massimo di rinnovi dei contratti a tempo determinato e/o alla durata massima totale di tali contratti, accompagnando queste misure con un adeguato apparato sanzionatorio idoneo a prevenire efficacemente il compimento di abusi. A questo proposito l'ordinanza del Consiglio di Stato ha rilevato che per i giudici onorari di Tribunale e per viceprocuratori onorari della Repubblica è previsto un regime articolato su un iniziale atto di nomina e una sola successiva riconferma. Tuttavia, a tale regime non si accompagnano misure dissuasive né sanzioni effettive volte ad evitare proroghe ripetute dell'atto di nomina, che invece avvengono sistematicamente attraverso l'emanazione di una nuova norma di legge. È proprio sulla base di tali rilievi, dunque, che il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover formulare il secondo quesito alla Corte di giustizia.

Considerazioni finali

L'ordinanza in commento costituisce un tassello aggiuntivo alla già articolata dialettica in corso tra la Corte di Lussemburgo e la giurisprudenza nazionale. La questione oggetto del presente giudizio è particolarmente delicata e si ricollega al recente intervento legislativo adottato con la legge di bilancio per il 2022 che introduce modifiche alla riforma organica di cui al d.lgs. n. 116/2017, in particolare estendendo per i magistrati già in servizio diverse garanzie riservate ai lavoratori subordinati e prevedendo la possibilità di una permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età. Tale intervento è volto a contenere il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea su questa materia, ma non consente risolvere la questione posta dall'ordinanza del Consiglio di Stato n. 906/2023, rispetto alla quale non resta che attendere la decisione della Corte di giustizia UE.

Luigi Fonderico