Riforma Cartabia: al vaglio della Corte l'applicabilità del nuovo art. 573 c.p.p. nei giudizi precedenti alla sua entrata in vigore

Francesca Di Muzio
27 Febbraio 2023

L'immediata operatività della norma novellata (art. 573, comma 1–bis, c.p.p.) non lede in alcun modo il principio di affidamento delle parti nello svolgimento del processo secondo le regole vigenti al tempo del compimento degli atti e della conoscenza del momento in cui sorgono diritti o oneri con effetti per loro pregiudizievoli.

In questo senso si è espressa la Terza Sezione della Corte di cassazione nella sentenza in commento, dichiarando l'ammissibilità del ricorso con conseguente rinvio per la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell'art. 573 comma 1–bis, c.p.p., alla sezione civile competente.

Il caso. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Cagliari riformava integralmente la sentenza del Tribunale di Cagliari, assolvendo l'imputato da tutti i reati ascrittigli per insussistenza dei fatti. Il Tribunale del merito, infatti, con sentenza del 4.12.2018, aveva condannato l'imputato, S.A., per i seguenti reati: emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 8 d.lgs. 74/2000; dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 d.lgs. 74/2000; false comunicazioni sociali delle società quotate, ex art. 2622 c.c.; appropriazione indebita, con l'aggravante di aver commesso il fatto cagionando alla persona offesa un danno di rilevante gravità e con abuso di autorità, ex artt. 61 nn. 7) e 11) e 646 c.p.; aver compiuto atti diretti in modo non equivoco a disporre di beni della società cagionando alla stessa un danno patrimoniale, ex artt. 56 c.p. e art. 2634 c.c.; condannando altresì l'imputato al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili.

Avverso la sentenza de qua proponevano ricorso per cassazione le persone offese, costituitesi parti civili, contestando il ragionamento giuridico della Corte d'appello in ordine a tutti i capi di imputazione, evidenziandone la mancata e manifesta illogicità, il vizio, nonché la contraddittorietà di motivazione. Il Pubblico Ministero concludeva chiedendo l'applicazione dell'art. 573, comma 1–bis, c.p.p., con trasmissione degli atti alle sezioni civili. Di contro, la difesa delle parti civili chiedeva l'inapplicabilità del predetto articolo e l'annullamento della sentenza agli effetti civili.

La decisione della Corte. La Suprema Corte ha primariamente affrontato la questione dell'applicabilità ratione temporis dell'art. 573, comma 1–bis, c.p.p., così come introdotto dal d.lgs. n. 150/22, art. 33, comma 1, lettera a), n. 2 – con decorrenza dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell'art. 6 del d.l. n. 162/2022, convertito con modificazioni dalla legge 199/2022. La disposizione così novellata, nel caso di impugnazione ai soli effetti civili, impone al giudice d'appello e alla Corte di cassazione, qualora ritengano il ricorso ammissibile, di rinviare per la prosecuzione al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale. La novella de qua, tuttavia, non ha previsto un regime transitorio per cui, pacifica e indiscussa l'applicazione del principio del tempus regit actum, bisogna individuare esattamente l'atto di riferimento, nell'ambito della concatenazione degli atti processuali potenzialmente rilevanti.

Il ragionamento della Suprema Corte muove dalla disposizione di cui all'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, il quale, in mancanza di una apposita disciplina transitoria, impone di far riferimento alla normativa vigente al momento in cui deve essere svolta l'attività processuale che viene in rilievo. Di talché, i singoli atti del procedimento sono disciplinati dalla norma in vigore al momento del loro compimento e non già da quella vigente all'epoca di instaurazione del giudizio. Tale assunto, tuttavia, presuppone necessariamente una esatta individuazione dell'atto processuale. Invero, occorre distinguere a seconda che si tratti di un atto processuale già perfezionatosi al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, ovvero di un'attività plurifasica, estrinsecantesi in una pluralità di atti, la quale si protrae nel tempo. In questo caso, al contrario del primo, gli atti processuali posti in essere sotto l'operatività della nuova legge sono regolati da quest'ultima, ferma la perdurante validità degli effetti già prodottisi degli atti ormai compiuti.

La Corte prosegue richiamando i principi enunciati dalle Sezioni Unite Lista (Cass. pen., n. 27614/2007) in materia di impugnazioni, le quali hanno operato una distinzione tra modifiche legislative attinenti il “regime delle impugnazioni”, e quindi la facoltà di impugnare, la sua estensione, i modi e tempi per esercitarla, e il procedimento di impugnazione. Da ciò ne consegue che ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline senza disposizioni transitorie, in virtù del principio del tempus regit actum occorre far riferimento al momento della pronuncia del provvedimento da impugnare e non a quello in cui si propone l'impugnazione. E ciò perché è in relazione a questo momento che vanno valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione e i modi e tempi per esercitarla. Inoltre, il riferimento alla pronuncia del provvedimento da impugnare soddisfa anche l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che questi subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi, garantendo così il principio di affidamento.

L'applicazione dei principi enucleati dalle “Sezioni Unite Lista” presuppone, tuttavia, una corretta disamina dell'art. 573, comma. 1–bis, c.p.p., il quale introduce una nuova disciplina nel caso di impugnazione per i soli interessi civili. Detta norma, a ben vedere, non interviene sull'individuazione del giudice cui va presentata l'impugnazione. Infatti, il trasferimento di competenza al giudice civile è subordinato alla previa verifica di ammissibilità dell'impugnazione da parte del giudice penale secondo i criteri propri del giudice penale e desumibili dagli artt. 581,591 e 606 c.p.p. L'immediata operatività della norma novellata, dunque, non lede in alcun modo il principio di affidamento delle parti nello svolgimento del processo secondo le regole vigenti al tempo del compimento degli atti e della conoscenza del momento in cui sorgono i diritti o oneri con effetti loro pregiudizievoli.

La Suprema Corte ha perciò affermato il seguente principio di diritto: «L'art. 573, comma 1–bis, c.p.p., introdotto dall'art. 33, comma 1, lettera a), n.2, del d.lgs. n. 150/22, in vigore dal 30 dicembre 2022 in forza del d.l. n. 162/2022, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, trova applicazione anche nei giudizi da impugnare per i soli effetti civili introdotti prima o relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore». In applicazione di tale principio di diritto, il Supremo Consesso ha dichiarato il ricorso ammissibile con conseguente rinvio per la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell'art. 573, comma 1–bis, c.p.p., alla sezione civile competente.

*Fonte: DirittoeGiustizia