Uno dei principali connotati del danno biologico è la a-redditualità, in quanto va risarcito a tutti, percettori e produttori di reddito e non (quali lo studente, la casalinga, ecc.).
In termini generali, le circostanze relative alle quattro componenti (fisica, psichica, interrelazionale interna e relazionale sociale) del danno biologico devono essere provate, le prime due con valutazione medica o medico-legale e le seconde due con prova libera, se del caso anche in via di presunzione.
Premesso che l'onere (trattandosi di danno-conseguenza) incombe sul danneggiato, attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva (presunzioni semplici) è destinato ad assumere particolare rilievo e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice (Cass. n. 9834/2002). Sussiste un onere quantomeno di allegare (specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio) circostanze concrete che ne consentano la dimostrazione, anche presuntiva, della loro esistenza (cioè elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio).
In particolare, il danno biologico può essere dimostrato attraverso un accertamento medico-legale o, se sufficienti, sulla base degli elementi acquisiti al processo (documenti, testimonianze), oltre che delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni.
Le Sezioni Unite del 2008, affermando che l'accertamento medico-legale non è “strumento esclusivo e necessario” per concedere il danno biologico, pare(va) aver infranto il connubio storico fra diritto ed accertamento medico-legale che ha da sempre costituito l'essenza del pregiudizio in esame. Infatti, come è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice può non disporre l'accertamento medico-legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perché deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga superfluo.
D'altra parte, la consulenza tecnica d'ufficio può costituire fonte autonoma di prova solo quando si risolva in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili esclusivamente con ricorso a determinate cognizioni tecniche. Viceversa, l'esistenza, ad esempio, di un danno da distorsione del rachide cervicale (cd. colpo di frusta) non è “strumentalmente” accertabile (cd. ascientificità nelle valutazioni); invero, la distorsione (senza fratture) del rachide cervicale integra una menomazione micropermanente cui residuano essenzialmente solo disturbi soggettivi, come tali sfuggenti a sicuri controlli medici ed accertamenti clinici; pertanto, stante l'estrema difficoltà a tradurre in percentuale tale tipo di danno, nella liquidazione dello stesso deve trovare applicazione il criterio equitativo.
Altra ipotesi nella quale l'accertamento medico-legale può essere evitato, perché superfluo, è quella in cui il danneggiato si limiti a richiedere il ristoro del danno da invalidità temporanea di pochi giorni, e questo risulti documentato ampiamente dalla documentazione medica, della cui attendibilità non è dato discutere (ad esempio, il referto di pronto soccorso che indica i giorni necessari per la guarigione).
Ciò non esclude che la prova principale resta la documentazione medica (rilevando a tal fine referti di diagnosi, certificati di ricovero, cartelle cliniche, relazioni di medici di parte, ecc.), attestante le lesioni psico-fisiche subìte, la loro evoluzione (recte, l'evoluzione della malattia che né è seguita), sulla quale evidentemente si innesterà la valutazione del giudice, che nella stragrande maggioranza dei casi passa attraverso l'esame medico-legale operato tramite la consulenza tecnica d'ufficio.
D'altra parte, la Suprema Corte ha chiarito che i commi 3-ter e 3-quater dell'art. 32 d.l. n. 1/2012 sono da leggere in correlazione alla necessità, di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass., che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina legale, siccome conducenti ad un'”obiettività” dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni che i relativi postumi (Cass. n. 18773/2016, cit.).
In questo contesto si sono inseriti di recente gli artt. 1, comma 19, e 30, lett. b), della legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge cd. Concorrenza), il quale ha, da un lato, confermato la necessità della diagnostica strumentale (escludendo, per l'effetto la sufficienza della prova presuntiva, non essendo cioè più ammissibile desumere tale prova dalla sintomatologia soggettiva della vittima) ai fini della ricollegabilità di un danno “permanente” alle microlesioni e, dall'altro lato, abrogato espressamente il comma 3-quater, con la conseguenza che ora non vi è più alcun limite circa la prova del danno biologico “temporaneo”.
Quanto al danno biologico “permanente”, si è, però, precisato che è idoneo anche l'accertamento visivo (oltre che quello clinico strumentale obiettivo) “con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni”.
Merita di essere segnalata sul tema Cass. n. 10816/2019, la quale ha evidenziato che la normativa introdotta nel 2012 ha come obiettivo quello di sollecitare tutti gli operatori del settore (magistrati, avvocati e consulenti tecnici) ad un rigoroso accertamento dell'effettiva esistenza delle patologie di modesta entità, cioè quelle che si individuano per gli esiti permanenti contenuti entro la soglia del 9 per cento", precisando, però, che il "rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere - che, peraltro, deve caratterizzare ogni tipo di accertamento in tale materia - non può essere inteso, però, come pure alcuni hanno sostenuto, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l'accertamento clinico strumentale". Infatti, "l'accertamento medico non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza" (così, in motivazione, Cass. n. 1272/2018, cit.; in senso conforme anche Cass. n. 17444/2018). Occorre, pertanto, qui nuovamente ribadire che "ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico-legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell'invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell'invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale" (così, in motivazione, Cass. n. 22066/2018, cit.).
Sul punto, la S.C. ha chiarito che, in tema di risarcimento del danno biologico da cd. micropermanente, ai sensi dell'art. 139, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005, come modificato dall'art. 32, comma 3-ter, del d.l. n. 1 del 2012, inserito dalla legge di conversione n. 27 del 2012, la sussistenza dell'invalidità permanente non può essere esclusa per il solo fatto di non essere documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un mero automatismo che ne vincoli il riconoscimento ad una verifica strumentale, ferma restando la necessità che l'accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psico-fisica avvenga secondo criteri medico-legali rigorosi ed oggettivi (Cass. n. 10816/2019, cit.).
L'esame clinico strumentale obiettivo non è l'unico mezzo probatorio utilizzabile per riconoscere la lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita dal medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo esclusivamente con detto esame Cass. n. 5820/2019.
La Cass. n. 26249/2019 ha, a sua volta, avuto modo di chiarire che, in tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, la disposizione contenuta nell'art. 32, comma 3-ter, del d.l. n. 1/2012 cit. costituisce non già una norma di tipo precettivo, ma una "norma in senso lato", cui può essere data un'interpretazione compatibile con l'art. 32 Cost., dovendo essa essere intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l'unico mezzo utilizzabile, ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo (criterio visivo) e all'esame clinico.
La Suprema Corte ha altresì osservato che il comma 3-quater (ante abrogazione) dell'art. 32, del d.l. n. 1 del 2012, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel «diritto vivente»), che il danno biologico sia «suscettibile di accertamento medico-legale», esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una «obiettività» dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti).
In questo contesto è opportuno ricordare che la Consulta ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 139, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall'art. 32, comma 3-ter del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dell'art. 32, comma 3-quater, del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione, ribadendo che va escluso che la «necessità» del riscontro strumentale sia riferibile al danno temporaneo, che, ai sensi del comma 3-quater del citato art. 32 del d.l. n. 1/2012, come convertito dalla l. n. 27/2012, può quindi, essere anche solo «visivamente» accertato, sulla base di dati conseguenti al rilievo medico-legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria (Corte cost. n. 235/2014; in senso conforme, Corte cost. n. 242/2015).
In conclusione, si avverte tra le righe della pronuncia in commento la necessità di offrire indicazioni chiare al fine di contenere gli ingenti costi collettivi che sono connessi alle richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità la quali, per quanto siano di modesto contenuto economico, sono, ai fini statistici (che, come è noto, assumono grande rilevanza per la gestione del sistema assicurativo), le più numerose.
E sullo sfondo si pone l'obiettivo di individuare il giusto punto di equilibrio tra i premi incassati e le prestazioni che le società di assicurazione devono erogare.