L’imprescindibilità dell'accertamento strumentale delle lesioni micropermanenti: un falso problema
27 Febbraio 2023
Massima
«In materia di risarcimento del danno da c.d. micro-permanente, l'art. 139, comma 2, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, nel testo modificato dall'art. 32, comma 3 - ter, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, inserito dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l'accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico-legali; tuttavia l'accertamento clinico-strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l'unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l'esame clinico-strumentale». «L'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005, come modificato dalla legge n. 27/2012 e dalla legge n. 124/2017, valorizza (e, al contempo, grava di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendo a quest'ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico-legali di valutazione e stima del danno alla persona (e cioè il criterio visivo, il criterio clinico ed il criterio strumentale): tali criteri non sono tra di loro gerarchicamente ordinati e neppure vanno unitariamente intesi, ma vanno tutti prudentemente utilizzati dal medico legale, secondo le legis artis, nella prospettiva dell'"obiettività" del complessivo accertamento, che riguardi sia le lesioni che i relativi eventuali postumi. Pertanto, sarà risarcibile anche il danno da micropermanente, i cui postumi non siano suscettibili di accertamenti strumentali, a condizione che l'esistenza di detti postumi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico-legale». Il caso
La vittima di un incidente automobilistico, che si trovava alla guida di una vettura di proprietà di una ditta di cui era dipendente, chiedeva il risarcimento dei danni alla persona che assumeva di aver subìto, dopo essersi avvalso infruttuosamente (avendo ritenuto non satisfattive le offerte risarcitorie assicurative stragiudiziali ottenute) della trattativa ex art. 148 d.lgs. n. 209/2005. A seguito del sinistro, era stato trasportato con autombulanza presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale, dove gli erano stati diagnosticati "Trauma cranico non commotivo. Distrazione cervicale. Trauma policontusivo", la cui evoluzione e i cui postumi erano stati poi valutati da medico legale, il quale aveva accertato esserne derivati danni biologici, temporanei e permanenti. Nella contumacia del danneggiante, si costituiva in giudizio la compagnia che assicurava per la r.c.a. quest'ultima non contestando l'esclusiva responsabilità del suo assicurato nella causazione del sinistro, ma eccependo la congruità e satisfattività delle offerte risarcitorie assicurative corrisposte ante causam. La causa veniva istruita attraverso l'acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e mediante c.t.u. medico-legale, dalla quale risultava che l'attore, in conseguenza del sinistro, aveva riportato "un trauma diretto policontusivo (del cranio, della spalla sinistra e del rachide lombare) ed indiretto cervicale distorsivo", dai quali, tenuto conto di una pregressa "discopatia degenerativo-regressiva cervicale e lombare", era derivato, in particolare, un danno biologico permanente, accertato clinicamente ed obiettivamente, ma non accertato e neppure accertabile strumentalmente, quantificato nella misura del 2,5%. Quindi, il giudice di pace adìto, ritenendo non sussistente la prova di ulteriori danni rispetto alle somme già liquidate, rigettava la domanda risarcitoria proposta, costringendo il danneggiato a proporre appello avverso la sentenza sfavorevole. Il Tribunale respingeva l'appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado. Avverso tale sentenza l'originario attore proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi. La Suprema Corre, in accoglimento del ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata. La questione
La questione in esame è la seguente: il danno biologico da lesione permanente di lieve entità è risarcibile solo qualora detta lesione emerga, direttamente ed univocamente, da un accertamento medico-strumentale obiettivo o anche allorquando sia stato oggettivamente percepito dal medico legale in sede di visita medica? Le soluzioni giuridiche
I commi 3-ter e 3-quater dell'art. 32 del d.l. n. 1/2012, inseriti entrambi dalla legge n. 27/ 2012, di conversione del d.l. stesso, hanno introdotto alcune modifiche nel sistema risarcitorio dell'art. 139 del d.lgs. n. 209/2005. In particolare, il comma 3-ter dispone che al comma 2 dell'art. 139 cit. sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Il comma 3-quater aggiunge(va) che «il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all'art. 139 d.lgs. n. 209/2005, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l'esistenza della lesione». L'art. 1, comma 19, della legge 4 agosto 2017, n. 124, ha ulteriormente riscritto il testo dell'art. 139 cit., aggiungendo un espresso richiamo, peraltro ininfluente ai nostri fini, alle cicatrici ed al danno visivamente riscontrabile.
Contestualmente, l'art. 1, comma 30, lettera b), della legge n. 124 del 2017 ha abrogato il comma 3-quater del d.l. n. 1 del 2012. La normativa introdotta nel 2012 ha come obiettivo quello di sollecitare tutti gli operatori del settore (magistrati, avvocati e consulenti tecnici) ad un rigoroso accertamento dell'effettiva esistenza delle patologie di modesta entità, cioè quelle che si individuano per gli esiti permanenti contenuti entro la soglia del 9 per cento. Il legislatore, cioè, ha voluto dettare una norma che, impone una prova ancora più rigorosa nei casi cc.dd. border line in cui maggiori sono i margini di aggiramento della prova in ordine all'effettiva sussistenza della lesione. D'altronde, anche la Corte costituzionale, tornando ad occuparsi della materia, dopo la sentenza n. 235 del 2014, con l'ordinanza n. 242 del 2015, ha avuto modo di chiarire che il senso della normativa del 2012 è quello di impedire che l'accertamento diagnostico ridondi in una «discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati», anche in considerazione dell'interesse «generale e sociale degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi». E, ancora più di recente, la Consulta (cfr. sent. n. 98/2019) ha avuto modo di precisare che, «attualmente, nell'art. 139 occorre distinguere tra lesioni micropermanenti di incerta accertabilità, il cui danno non patrimoniale non è risarcibile (come danno assicurato), e lesioni micropermanenti che invece sono ritenute [...] adeguatamente comprovate e quindi tali da escludere plausibilmente il rischio che esse siano simulate». Nella suddetta prospettiva, la Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che i criteri di accertamento del danno biologico, evocati dalla normativa vigente, stanno complessivamente a significare la necessità di condurre a una obiettività dell'accertamento medico legale che riguardi le lesioni ed i relativi postumi (Cass. n. 18773/2016 ha annullato la decisione impugnata che aveva escluso la risarcibilità del danno biologico temporaneo nonostante il referto medico avesse diagnosticato contusioni alla spalla, al torace e alla regione cervicale, guaribili in sette giorni, che, pertanto, non potevano essere ritenute, come fatto dal giudice di merito, affezioni asintomatiche di modesta entità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico). Ed ha precisato (Cass. n. 1272/2018; Cass. nn. 22066/2018, 5820/2019 e 11218/2019, la quale ultima, in una fattispecie in cui la visita medico-legale e l'accertamento clinico-strumentale non avevano evidenziato la lamentata sindrome neurologica, ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva escluso la ricorrenza del danno denunciato dal ricorrente "al di là della formulazione novellata dell'art. 139 cod. ass.") che le modifiche legislative del 2012 hanno assunto come obiettivo quello di rimarcare l'imprescindibilità di un rigoroso accertamento dell'effettiva esistenza di dette patologie, anche quando normativamente di modesta entità (id est, inferiori al 9%).
Tuttavia, il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere non può essere inteso nel senso che la prova della lesione debba essere fornita, nel caso di microlesioni, sempre e comunque con l'accertamento clinico-strumentale (radiografie, TAC, risonanze magnetica, ecc.). Infatti, è sempre e soltanto l'accertamento medico-legale, che sia svolto in conformità alle leges artis, a stabilire se la lesione sussista e quale percentuale sia ad essa ricollegabile (Cass. n. 7753/2020), dovendosi tenere conto, però, che possono esservi situazioni nelle quali solo il menzionato accertamento strumentale è idoneo a fornire la dimostrazione richiesta dalla legge. Pertanto, l'esame clinico strumentale obiettivo non è l'unico mezzo probatorio utilizzabile per riconoscere la lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita dal medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo esclusivamente con detto esame. Del resto, la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza, anche nei casi di danni anatomici non accertabili strumentalmente (quali fratture, lussazioni, lesioni legamentose, ecc.). Ne deriva che, ferma restando l'irrilevanza della mera sintomatologia soggettiva riferita dal danneggiato, accanto a situazioni nelle quali, data la natura della patologia e la modestia della lesione, l'accertamento strumentale risulta, in concreto, l'unico in grado di fornire la prova rigorosa che la legge richiede, ve ne possano essere altre nelle quali, al contrario, sempre data la natura della patologia e la modestia delle lesioni, è possibile pervenire ad una diagnosi attendibile anche senza ricorrere a tali accertamenti, tenuto conto del ruolo insostituibile della visita medico-legale e dell'esperienza clinica dello specialista.
Nel caso di micro-permanenti sono, quindi, ammissibili anche fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali, pertanto, non sono l'unico mezzo utilizzabile, ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo (criterio visivo) e all'esame clinico, demandato al medico legale. I criteri scientifici di accertamento e di valutazione del danno biologico tipici della medicina legale (e cioè il criterio visivo, il criterio clinico ed il criterio strumentale), invero, non sono tra di loro gerarchicamente ordinati.
La nuova normativa, dunque, valorizza (e, al contempo, grava di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendo a quest'ultimo la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico-legali di valutazione e stima del danno alla persona. Pertanto, sarà risarcibile anche il danno i cui postumi non siano "visibili", ovvero non siano suscettibili di accertamenti strumentali, a condizione che l'esistenza di essa possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico-legale. Osservazioni
Uno dei principali connotati del danno biologico è la a-redditualità, in quanto va risarcito a tutti, percettori e produttori di reddito e non (quali lo studente, la casalinga, ecc.). In termini generali, le circostanze relative alle quattro componenti (fisica, psichica, interrelazionale interna e relazionale sociale) del danno biologico devono essere provate, le prime due con valutazione medica o medico-legale e le seconde due con prova libera, se del caso anche in via di presunzione. Premesso che l'onere (trattandosi di danno-conseguenza) incombe sul danneggiato, attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva (presunzioni semplici) è destinato ad assumere particolare rilievo e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice (Cass. n. 9834/2002). Sussiste un onere quantomeno di allegare (specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio) circostanze concrete che ne consentano la dimostrazione, anche presuntiva, della loro esistenza (cioè elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio). In particolare, il danno biologico può essere dimostrato attraverso un accertamento medico-legale o, se sufficienti, sulla base degli elementi acquisiti al processo (documenti, testimonianze), oltre che delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni. Le Sezioni Unite del 2008, affermando che l'accertamento medico-legale non è “strumento esclusivo e necessario” per concedere il danno biologico, pare(va) aver infranto il connubio storico fra diritto ed accertamento medico-legale che ha da sempre costituito l'essenza del pregiudizio in esame. Infatti, come è nei poteri del giudice disattendere, motivatamente, le opinioni del consulente tecnico, del pari il giudice può non disporre l'accertamento medico-legale, non solo nel caso in cui l'indagine diretta sulla persona non sia possibile (perché deceduta o per altre cause), ma anche quando lo ritenga superfluo.
D'altra parte, la consulenza tecnica d'ufficio può costituire fonte autonoma di prova solo quando si risolva in uno strumento di accertamento di situazioni rilevabili esclusivamente con ricorso a determinate cognizioni tecniche. Viceversa, l'esistenza, ad esempio, di un danno da distorsione del rachide cervicale (cd. colpo di frusta) non è “strumentalmente” accertabile (cd. ascientificità nelle valutazioni); invero, la distorsione (senza fratture) del rachide cervicale integra una menomazione micropermanente cui residuano essenzialmente solo disturbi soggettivi, come tali sfuggenti a sicuri controlli medici ed accertamenti clinici; pertanto, stante l'estrema difficoltà a tradurre in percentuale tale tipo di danno, nella liquidazione dello stesso deve trovare applicazione il criterio equitativo. Altra ipotesi nella quale l'accertamento medico-legale può essere evitato, perché superfluo, è quella in cui il danneggiato si limiti a richiedere il ristoro del danno da invalidità temporanea di pochi giorni, e questo risulti documentato ampiamente dalla documentazione medica, della cui attendibilità non è dato discutere (ad esempio, il referto di pronto soccorso che indica i giorni necessari per la guarigione). Ciò non esclude che la prova principale resta la documentazione medica (rilevando a tal fine referti di diagnosi, certificati di ricovero, cartelle cliniche, relazioni di medici di parte, ecc.), attestante le lesioni psico-fisiche subìte, la loro evoluzione (recte, l'evoluzione della malattia che né è seguita), sulla quale evidentemente si innesterà la valutazione del giudice, che nella stragrande maggioranza dei casi passa attraverso l'esame medico-legale operato tramite la consulenza tecnica d'ufficio.
D'altra parte, la Suprema Corte ha chiarito che i commi 3-ter e 3-quater dell'art. 32 d.l. n. 1/2012 sono da leggere in correlazione alla necessità, di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass., che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina legale, siccome conducenti ad un'”obiettività” dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni che i relativi postumi (Cass. n. 18773/2016, cit.). In questo contesto si sono inseriti di recente gli artt. 1, comma 19, e 30, lett. b), della legge 4 agosto 2017, n. 124 (legge cd. Concorrenza), il quale ha, da un lato, confermato la necessità della diagnostica strumentale (escludendo, per l'effetto la sufficienza della prova presuntiva, non essendo cioè più ammissibile desumere tale prova dalla sintomatologia soggettiva della vittima) ai fini della ricollegabilità di un danno “permanente” alle microlesioni e, dall'altro lato, abrogato espressamente il comma 3-quater, con la conseguenza che ora non vi è più alcun limite circa la prova del danno biologico “temporaneo”. Quanto al danno biologico “permanente”, si è, però, precisato che è idoneo anche l'accertamento visivo (oltre che quello clinico strumentale obiettivo) “con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni”. Merita di essere segnalata sul tema Cass. n. 10816/2019, la quale ha evidenziato che la normativa introdotta nel 2012 ha come obiettivo quello di sollecitare tutti gli operatori del settore (magistrati, avvocati e consulenti tecnici) ad un rigoroso accertamento dell'effettiva esistenza delle patologie di modesta entità, cioè quelle che si individuano per gli esiti permanenti contenuti entro la soglia del 9 per cento", precisando, però, che il "rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere - che, peraltro, deve caratterizzare ogni tipo di accertamento in tale materia - non può essere inteso, però, come pure alcuni hanno sostenuto, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l'accertamento clinico strumentale". Infatti, "l'accertamento medico non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza" (così, in motivazione, Cass. n. 1272/2018, cit.; in senso conforme anche Cass. n. 17444/2018). Occorre, pertanto, qui nuovamente ribadire che "ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico-legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell'invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell'invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale" (così, in motivazione, Cass. n. 22066/2018, cit.).
Sul punto, la S.C. ha chiarito che, in tema di risarcimento del danno biologico da cd. micropermanente, ai sensi dell'art. 139, comma 2, del d.lgs. n. 209 del 2005, come modificato dall'art. 32, comma 3-ter, del d.l. n. 1 del 2012, inserito dalla legge di conversione n. 27 del 2012, la sussistenza dell'invalidità permanente non può essere esclusa per il solo fatto di non essere documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un mero automatismo che ne vincoli il riconoscimento ad una verifica strumentale, ferma restando la necessità che l'accertamento della sussistenza della lesione dell'integrità psico-fisica avvenga secondo criteri medico-legali rigorosi ed oggettivi (Cass. n. 10816/2019, cit.).
La Cass. n. 26249/2019 ha, a sua volta, avuto modo di chiarire che, in tema di risarcimento del danno da cd. micropermanente, la disposizione contenuta nell'art. 32, comma 3-ter, del d.l. n. 1/2012 cit. costituisce non già una norma di tipo precettivo, ma una "norma in senso lato", cui può essere data un'interpretazione compatibile con l'art. 32 Cost., dovendo essa essere intesa nel senso che l'accertamento del danno alla persona deve essere condotto secondo una rigorosa criteriologia medico-legale, nel cui ambito, tuttavia, non sono precluse fonti di prova diverse dai referti di esami strumentali, i quali non sono l'unico mezzo utilizzabile, ma si pongono in una posizione di fungibilità ed alternatività rispetto all'esame obiettivo (criterio visivo) e all'esame clinico.
La Suprema Corte ha altresì osservato che il comma 3-quater (ante abrogazione) dell'art. 32, del d.l. n. 1 del 2012, così come il precedente comma 3-ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel «diritto vivente»), che il danno biologico sia «suscettibile di accertamento medico-legale», esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una «obiettività» dell'accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti). In questo contesto è opportuno ricordare che la Consulta ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 139, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), come modificato dall'art. 32, comma 3-ter del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dell'art. 32, comma 3-quater, del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione, ribadendo che va escluso che la «necessità» del riscontro strumentale sia riferibile al danno temporaneo, che, ai sensi del comma 3-quater del citato art. 32 del d.l. n. 1/2012, come convertito dalla l. n. 27/2012, può quindi, essere anche solo «visivamente» accertato, sulla base di dati conseguenti al rilievo medico-legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria (Corte cost. n. 235/2014; in senso conforme, Corte cost. n. 242/2015).
In conclusione, si avverte tra le righe della pronuncia in commento la necessità di offrire indicazioni chiare al fine di contenere gli ingenti costi collettivi che sono connessi alle richieste di risarcimento per lesioni di lieve entità la quali, per quanto siano di modesto contenuto economico, sono, ai fini statistici (che, come è noto, assumono grande rilevanza per la gestione del sistema assicurativo), le più numerose. E sullo sfondo si pone l'obiettivo di individuare il giusto punto di equilibrio tra i premi incassati e le prestazioni che le società di assicurazione devono erogare. |