In perfetta aderenza al fondante insegnamento delle Sezioni Unite (Sent. n. 22755/2009), la Suprema Corte, lungi dal discostarsi dall'arresto già segnato da Cass. n. 18114/2010 e confermato anche in seguito, come Cass. ord. n. 29342/2018 (peraltro citate entrambe anche dall'Ordinanza in commento), la Suprema Corte non ha potuto fare a meno di prendere atto della circostanza che, nel caso di specie, per attuare l'esclusione dalla comunione legale di un acquisto secondo quanto previsto dalla lettera f) del primo comma dell'art. 179 c.c. occorreva che la conferma adesiva dell'altro coniuge, intervenuto all'atto ai sensi del secondo comma stesso articolo, avesse la natura della confessione.
A questo punto, è la disciplina degli artt. 2727 e segg. c.c. a guidare l'interprete, il quale dovrà indagare questa dichiarazione del coniuge non acquirente per stabilire se rivesta, o non rivesta, i caratteri essenziali della valida confessione.
Secondo la definizione dell'art. 2727 c.c. il contenuto oggettivo della dichiarazione confessoria è la verità di “fatti”, e come la giurisprudenza ha costantemente ribadito che per “fatti” si devono intendere esclusivamente gli avvenimenti, e non i giudizi, le valutazioni, né tantomeno le qualificazioni giuridiche (essendo del tutto irrilevante la circostanza che siffatti giudizi, valutazioni o qualificazioni giuridiche possano essere sfavorevoli alla parte dalla quale provengano ed essere invece favorevoli all'altra parte).
In particolare, ove si cali questo principio nella fattispecie prevista alla lettera f) del primo comma art. 179 c.c., è intuitivo come il “fatto” che, oggetto della dichiarazione effettuata dal coniuge acquirente esclusivo, possa essere confermato dall'altro coniuge intervenuto all'atto ai sensi del secondo comma stesso articolo, non possa essere costituito dalla generica affermazione che si tratti di una non meglio identificata operazione di reinvestimento del prezzo o dello scambio di un “bene personale” neppure specificato, perché in tale eventualità la conferma di una simile dichiarazione da parte dell'altro coniuge non risulterebbe confermativa di un “fatto”, bensì sarebbe, tutt'al più (e nel migliore dei casi), soltanto confermativa di una qualificazione giuridica di “bene personale” attribuita da una parte, e quindi non sarebbe oggetto di confessione.