Il ricorrente censurava la sentenza impugnata - denunciando la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978, dell'art. 2033, degli artt. 1401 ss. c.c. - per avere ritenuto sussistente la legittimazione del terzo a ripetere le somme pagate a titolo di buona entrata per la stipula del contratto di locazione.
La gravata sentenza sarebbe errata, perché: a) non avrebbe tenuto conto che l'azione di ripetizione di cui all'art. 79 della l. n. 392/1978 si differenziava dalla comune azione di ripetizione dell'indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, sicché la relativa legittimazione spettava unicamente al conduttore, anche se il pagamento fosse stato effettuato da un terzo; b) avrebbe considerato terzo rispetto al contratto di locazione l'originario attore, il quale, invece, avendo pagato l'importo a titolo di buona entrata in favore del locatore, aveva trasferito ad un soggetto nuovo, attraverso l'electio amici, tutti gli obblighi, gli oneri e i diritti derivanti dal contratto di locazione e da tutti i patti e gli accordi ad esso connessi; c) avrebbe individuato la fonte della pretesa restitutoria nella nullità di un accordo diverso dal contratto di locazione, sebbene a questo collegato, che aveva fatto nascere diritti ed obblighi in capo alla Società in conseguenza dell'electio amici.
I giudici di Piazza Cavour hanno considerato infondate le censure del locatore.
Invero, la Corte territoriale aveva correttamente applicato il principio di diritto, secondo cui è fatto divieto al locatore di immobili ad uso non abitativo di pretendere il pagamento di somme, diverse dal canone o dal deposito cauzionale, a fondo perduto o a titolo di “buona entrata”, prive di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, ed il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978 - perché diretto ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni in materia - anche se stipulato dal locatore non con il conduttore, ma con un terzo, il quale, ai sensi degli artt. 1421 e 2033 c.c., potrà far valere la nullità del patto e pretendere la restituzione delle somme indebitamente pagate, purché sia accertato un collegamento tra l'accordo ed il contratto di locazione, la cui conclusione era condizionata all'attribuzione patrimoniale non giustificata ad altro titolo (Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1998, n. 1418; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1996, n. 8815).
Da tali precedenti non sono emerse ragioni che convincessero a discostarsi, non persuadendo, in tal senso, la laconica affermazione di un precedente degli stessi ermellini (Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 1997, n. 353, ripresa da Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2011, n. 2965), che, comunque, riguardava il pagamento del canone da parte di un terzo e non già una fattispecie dai profili complessi come quella per cui era causa.
La censura mossa dal ricorrente sub c) muoveva dalla premessa che il patto, avente ad oggetto il pagamento del diritto di buona entrata, non fosse collegato al successivo contratto di locazione, ma ne costituisse parte integrante, essendo stato stipulato unitamente e contestualmente al contratto di locazione: i patti intervenuti tra le parti sarebbero stati inseriti in un unico negozio complesso, “e se pure dovessero essere tenuti distinti, resterebbero interdipendenti, sia soggettivamente che funzionalmente, per il raggiungimento di un fine ulteriore, che supera gli effetti tipici di ciascun patto, per dare luogo ad un unico regolamento di interessi, che assume propria rilevanza causale”.
In realtà, la sentenza impugnata aveva, nondimeno, affermato che vi era una connessione tra la pattuizione relativa al pagamento della buona entrata ed il contratto di locazione, accertata dal giudice di prime cure in base alle emergenze processuali (interrogatorio formale e prova testimoniale), e non formante oggetto di gravame; in particolare, il giudice di prime cure, al fine di accertare la legittimazione del terzo, aveva ritenuto necessario accertare la sussistenza di un collegamento tra tale pagamento ed il contratto di locazione o la strumentalità del primo rispetto al secondo, ed aveva escluso che la Società, per effetto dell'atto di designazione, fosse divenuta parte anche dell'accordo avente ad oggetto il pagamento della c.d. buona entrata, proprio per l'autonomia del patto rispetto al contratto di locazione, sebbene allo stesso collegato.
Pertanto, una volta ritenuto sussistente il collegamento tra il patto ed il contratto di locazione, perdevano di rilievo - ad avviso dei magistrati del Palazzaccio - le suddette censure, non essendo mai stato messo in dubbio dalla sentenza impugnata che il tratto peculiare del contratto per persona da nominare fosse dato dal subentrare nel contratto di un terzo - per effetto della nomina e della sua contestuale accettazione - che, prendendo il posto del contraente originario (lo stipulante), acquistava i diritti ed assumeva gli obblighi correlativi nei rapporti con l'altro contraente (promittente), determinando, inoltre, la contemporanea fuoriuscita dal contratto dello stipulante, con effetto retroattivo, per cui il terzo si considerava, fin dall'origine, unica parte contraente contrapposta al promittente.