Intercettazioni telefoniche: i giudici possono autorizzarne l'uso senza motivazione se la richiesta è argomentata

Valentina Pirozzi
02 Marzo 2023

La Corte di Giustizia afferma che una decisione che autorizza le intercettazioni telefoniche può non contenere una motivazione specifica. Quando i giudici autorizzano l'uso di ascolti telefonici, l'obbligo di motivazione non è violato se la decisione si fonda su una richiesta dettagliata e circostanziata dell'autorità competente e i motivi dell'autorizzazione possono essere dedotti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della richiesta e dell'autorizzazione.

Lo scorso 16 febbraio, la Corte di giustizia UE ha depositato una interessante sentenza in risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Tribunale penale specializzato (Bulgaria). Il giudice del rinvio chiedeva se la prassi consistente nell'autorizzare il ricorso a misure di sorveglianza per intercettare, registrare e memorizzare intercettazioni telefoniche mediante un testo standard generico, precedentemente predisposto e senza alcun riferimento al caso specifico, fosse compatibile con l'art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.

Nel procedimento principale, il pubblico ministero presentava sette richieste motivate, dettagliate e circostanziate di autorizzazione per intercettare quattro persone, poi condannate per aver preso parte ad una organizzazione criminale. Il Tribunale bulgaro accoglieva tali richieste, limitandosi a menzionare nella relativa decisione soltanto il rispetto delle disposizioni di legge e la durata di validità di tali autorizzazioni, senza fare ulteriore riferimento alle circostanze di fatto e di diritto, quali l'autorità richiedente, il nome, il numero di telefono delle persone interessate e gli indizi di reato.

Nella sentenza in annotazione, la Corte di Giustizia afferma che una decisione che autorizza le intercettazioni telefoniche può non contenere una motivazione specifica. In particolare, quando i giudici autorizzano l'uso di ascolti telefonici, l'obbligo di motivazione non è violato se la decisione si fonda su una richiesta dettagliata e circostanziata della autorità competente e i motivi della autorizzazione possono essere dedotti agevolmente e senza ambiguità da una lettura incrociata della richiesta e della autorizzazione.

I giudici di Lussemburgo chiariscono che, laddove la richiesta di autorizzazione contiene già – come nel caso di specie – tutte le informazioni necessarie, sarebbe oltremodo “artificioso” esigere che anche la decisione di accoglimento della stessa contenga una siffatta motivazione, potendosi invece il giudice limitare a convalidare, firmando un testo prestabilito, i motivi della richiesta circostanziata.

Al contempo, la Corte dichiara che la disciplina in punto di motivazione prevista dalla Carta dei diritti fondamentali sancisce che da un lato l'interessato – che ha avuto notizia delle intercettazioni disposte a suo carico – dall'altro il giudice di merito sono tenuti a conoscere i motivi della autorizzazione. A tal fine, essi devono poter accedere, oltre che alla richiesta di autorizzazione, anche a quella della autorità che l'ha reclamata.

Le coordinate ermeneutiche delineate dalla Corte a proposito della motivazione in re ipsa trovano piena corrispondenza nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dalla quale risulta che l'indicazione, anche succinta, dei motivi non può condurre alla conclusione che il giudice che ha rilasciato la autorizzazione non abbia esaminato correttamente la richiesta e gli elementi di prova forniti (in tal senso, Corte EDU, 11 gennaio 2022, Ekimdzhiev e a. c. Bulgaria, CE:ECHR:2022:0111JUD007007812, §§ 313 e 314).

Giova precisare infine che la questione esaminata in questa sede dalla Corte non è sovrapponibile alla diversa ipotesi, tra l'altro richiamata dal giudice del rinvio, della “motivazione postuma” ricorrente quando il giudice si riserva la possibilità di rimediare a posteriori all'assenza o alla insufficienza di motivazione delle decisioni di autorizzazione (a tal proposito, si richiama la sentenza del 15 gennaio 2015, Dragojević c. Croazia, con cui la Corte EDU si dichiara a favore di una violazione dell'art. 8 della CEDU).

Valentina Pirozzi