Ritorno di un minore: diritto europeo e autorità nazionali sulla sospensione dell'esecuzione della decisione giudiziaria definitiva

La Redazione
02 Marzo 2023

Diritto dell'Unione e autorità nazionali sulla sospensione dell'esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva di ritorno di un minore: l'imperativo di efficacia e di celerità che disciplina l'adozione di una decisione di ritorno di un minore s'impone anche nell'ambito dell'esecuzione di una siffatta decisione.

Dal 2022 il codice di procedura civile polacco consente al Procuratore generale, al Difensore civico per i minori e al Difensore civico di ottenere la sospensione dell'esecuzione di una decisione giudiziaria definitiva che dispone il ritorno di minori, emessa in base alla Convenzione dell'Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Tali autorità non sono tenute a motivare la loro domanda di sospensione. La domanda in parola determina la sospensione dell'esecuzione per un periodo di due mesi. Inoltre, qualora le summenzionate autorità propongano ricorso per cassazione avverso la decisione di ritorno, la sospensione è prorogata di diritto fino alla conclusione del procedimento dinanzi alla Corte suprema. Per di più, anche laddove tale impugnazione fosse respinta, la sospensione potrebbe essere nuovamente ottenuta nell'ambito di un'impugnazione straordinaria.

Due minori, nati in Irlanda da genitori polacchi, hanno risieduto dalla nascita in tale Stato membro. Nel corso dell'estate 2021 i minori e la loro madre sono andati in vacanza in Polonia, con il consenso del padre. Nel settembre 2021 la madre ha informato il padre che sarebbe rimasta in modo permanente in quest'ultimo Stato membro insieme ai figli. Il padre, il quale non aveva acconsentito a un siffatto trasferimento permanente, ha proposto dinanzi agli organi giurisdizionali polacchi una domanda di ritorno dei figli. La Corte d'appello di Varsavia ha confermato l'ordinanza del giudice di primo grado che aveva disposto il ritorno in Irlanda dei due minori in parola. Dopo che la decisione di ritorno è divenuta esecutiva, il Difensore civico per i minori e il Procuratore generale hanno, rispettivamente, chiesto la sospensione della relativa esecuzione.

La Corte d'appello di Varsavia ha espresso dubbi per quanto riguarda la compatibilità di una siffatta sospensione con il requisito di celerità previsto dal regolamento «Bruxelles II bis» relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale [1] 1. Inoltre, dal momento che la sospensione può essere chiesta da autorità che non hanno la qualità di organo giurisdizionale e che l'esercizio di tale facoltà non è soggetto a sindacato giurisdizionale, il giudice polacco ha chiesto alla Corte se la legislazione di cui trattasi sia compatibile con il diritto fondamentale a un ricorso effettivo, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Nella sua sentenza resa in data odierna, la Corte ricorda che, in conformità al regolamento «Bruxelles II bis», i giudici competenti degli Stati membri sono tenuti ad adottare la decisione di ritorno del minore di cui trattasi entro un termine particolarmente breve e rigido. In linea di principio, una siffatta decisione dev'essere adottata entro e non oltre sei settimane dalla domanda, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale. Il ritorno di un minore illecitamente sottratto può non essere disposto solo in casi specifici ed eccezionali, debitamente giustificati. La Corte evidenzia, a tal riguardo, che il regolamento «Bruxelles II bis» completa e precisa la Convenzione dell'Aia del 1980. I due testi citati costituiscono un insieme normativo indivisibile che trova applicazione ai procedimenti di ritorno dei minori illecitamente trasferiti all'interno dell'Unione.

La Corte indica che il requisito di efficacia e di celerità che disciplina l'adozione di una decisione di ritorno s'impone alle autorità nazionali anche nell'ambito dell'esecuzione di una siffatta decisione. L'esecuzione senza indugio di una decisione che consenta il rapido ritorno del minore mira parimenti ad assicurare il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali e, in particolare, dei diritti fondamentali del minore.

A parere della Corte, la soluzione adottata dal legislatore polacco può compromettere l'effetto utile del regolamento «Bruxelles II bis». La Corte sottolinea che una sospensione iniziale della durata di due mesi eccede, di per sé sola, il termine entro il quale la decisione di ritorno dev'essere adottata, in conformità a tale regolamento. Inoltre, dal momento che le autorità che possono chiedere la sospensione non sono tenute a motivare la loro domanda e che l'esercizio di tale prerogativa non è soggetto a un qualsivoglia sindacato giurisdizionale, la legislazione di cui trattasi non garantisce che il ritorno del minore nel suo luogo di residenza abituale possa essere sospeso solo in casi specifici, eccezionali e debitamente motivati.

La Corte respinge altresì l'argomento secondo il quale tale legislazione consentirebbe alle autorità di proporre ricorso per cassazione e di evitare che i minori interessati subiscano un danno irreparabile. Rispetto a tale punto, la Corte constata che la tutela giurisdizionale del minore contro un siffatto rischio è, in linea di principio, già garantita dall'esistenza di un ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale. La Corte ritiene che il diritto dell'Unione non imponga agli Stati membri di prevedere un ulteriore grado di giudizio avverso la decisione di ritorno, qualora tale decisione sia stata adottata nell'ambito di un procedimento che preveda già due gradi di giudizio e qualora detto procedimento consenta di tenere in considerazione l'esistenza di rischi in caso di ritorno del minore interessato. A fortiori, tale diritto non permette agli Stati membri di attribuire un effetto sospensivo automatico ai ricorsi proposti avverso una siffatta decisione, come quello previsto dalla legislazione polacca di cui trattasi.

[1] Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il Regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1).