L'istanza di riparazione per ingiusta detenzione può essere trasmessa via PEC?

Redazione scientifica
02 Marzo 2023

La Cassazione analizza il caso della proposizione dell'istanza di riparazione per ingiusta detenzione presentata a mezzo PEC, anche alla luce della disciplina emergenziale COVID, valutando inoltre le conseguenze della mancata sottoscrizione dell'istanza medesima.

Un uomo, indagato per reati di droga ma successivamente assolto con sentenza irrevocabile, chiedeva l'indennizzo per l'ingiusta detenzione subita. L'istanza veniva però dichiarata inammissibile dalla Corte d'Appello perché presentata a mezzo PEC senza firma digitale del procuratore speciale. L'uomo ha dunque proposto ricorso in Cassazione sottolineando che la difesa, su richiesta della cancelleria essendo i documenti inviati digitalmente illeggibili, aveva depositato la medesima istanza e la procura in forma cartacea con sottoscrizione del difensore e procuratore speciale. In relazione a tale deposito cartaceo era stato formulato un nuovo fascicolo del quale la Corte aveva rilevato la tardività. Inoltre, sempre secondo la Corte territoriale, la documentazione integrativa cartacea non avrebbe comunque potuto sanare la nullità dell'istanza telematica priva di sottoscrizione.

Con riguardo alla questione dell'ammissibilità dell'istanza di riparazione per ingiusta detenzione a mezzo PEC, il Collegio ricorda che la giurisprudenza ha negato tale possibilità trattandosi di istanza che deve essere proposta secondo le forme del codice di rito (v. Cass. pen. sez. IV n. 39765 del 2019). La successiva introduzione della normativa emergenziale dovuta alla pandemia COVID-19 ha però ammesso la possibilità per le parti private di depositare atti del procedimento penale a mezzo PEC e dunque, anche l'istanza per ingiusta detenzione.

Ammessa dunque la possibilità di presentare l'istanza suddetta via PEC, occorre valutare le conseguenze della mancanza della sottoscrizione, nonostante l'allegata procura speciale.

L'art. 315 c.p.p. nel disciplinare il procedimento in oggetto richiama le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario e in particolare l'art. 645 c.p.p.
Ne discende che l'istanza deve essere presentata dalla parte personalmente o dal procuratore speciale ex art. 122 c.p.p., non potendo provvedervi il difensore in possesso del mero mandato di rappresentanza e difesa in giudizio (v. Cass. pen. sez. IV n. 7372 del 2014). La riferibilità certa dell'atto all'interessato è dunque un requisito imprescindibile per l'ammissibilità dell'istanza: in difetto di sottoscrizione, tale certa riferibilità può trarsi dalla procura speciale ritualmente sottoscritta e contenuta nell'atto stesso come corpo unico o, ancora, dall'attestazione di diritto deposito da parte del proponente.

Anche tali principi devono però essere letti alla luce della disciplina emergenziale. L'art. 24, commi 6-bis e 6-sexies, d.l. n. 137/2020 prevede la sottoscrizione come requisito previsto a pena di inammissibilità solo per gli atti di impugnazione, comunque denominati, ma l'istanza in oggetto non ha natura impugnatoria e dunque la sottoscrizione non appare essere requisito indispensabile ai fini dell'ammissibilità dell'istanza depositata via PEC. Correttamente inoltre la difesa afferma che la riferibilità dell'atto si sarebbe dovuta desumere dalla procura speciale allegata all'istanza.

In altre occasioni (Cass. pen. sez. II n. 46159 del 2013 e Cass. pen. sez. IV n. 40293 del 2008) la giurisprudenza ha infatti ritenuto valida la procura speciale pur non rispondente a tutti i canoni di cui all'art. 122 c.p.p. a condizione che fosse comunque riscontrabile un chiaro collegamento con la domanda proposta, condizione soddisfatta nella vicenda in esame.

In conclusione, la Corte annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d'Appello.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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