A seguito di apposito ricorso, il Tribunale di Pescara accertava lo status di figlia nata fuori dal matrimonio della ricorrente, condannando il padre della stessa a corrispondere alla madre la complessiva somma di € 80.000,00 a titolo di oneri di mantenimento pregressi e riconoscendo in favore della figlia, trentaseienne, la somma mensile di € 1.000,00 per il suo mantenimento.
Tale ultimo importo veniva quantificato nella diversa misura di € 2.000,00 mensili a seguito di gravame proposto innanzi la Corte di Appello di L'Aquila dalla figlia dell'obbligato.
Diversi anni dopo la definizione del giudizio innanzi indicato, ritenendo sussistenti i presupposti per addivenire alla modifica delle citate statuizioni, l'onerato proponeva, innanzi al Tribunale di Bologna, ricorso ex art. 337-quinquies c.c., adducendo, a sostegno della formulata richiesta, innanzitutto l'atteggiamento inerte della figlia che, nonostante le ingenti somme percepite a seguito del riconoscimento del suo status, non era riuscita a intraprendere alcuna attività lavorativa, sperperando le risorse ricevute per l'acquisto di un immobile in una località balneare.
Al contempo, il ricorrente evidenziava la riduzione delle sue capacità economiche e reddituali conseguenti alla cessazione dell'attività imprenditoriale sino ad allora svolta e al suo collocamento in pensione, alla vendita di immobili di sua proprietà al fine di poter provvedere al suo sostentamento e alla corresponsione di un rilevante importo in favore della ex moglie a titolo di una tantum, come pattuito nelle condizioni per separazione consensuale tra gli stessi intercorsa.
Il Tribunale adito rigettava la formulata richiesta poiché, a suo dire, fondata su questioni già esaminate dalla Corte di Appello di L'Aquila in sede di quantificazione del mantenimento dovuto alla figlia e, dunque, prive di quel carattere di novità che può giustificare la modifica delle statuizioni in precedenza assunte, o, comunque, su circostanze non documentate o irrilevanti.
Avverso la citata pronuncia l'obbligato proponeva reclamo, ponendo l'accento non solo sull'ulteriore peggioramento delle sue condizioni economiche - intervenuto nelle more del giudizio, come attestato dal fatto che l'unico bene immobile rimasto di sua proprietà era improduttivo di reddito in quanto danneggiato dal terremoto, oltre ad essere stato pignorato dalla resistente - ma anche sull'ulteriore incremento dell'età della figlia, ormai ultraquarantenne, a cui si contrapponeva la sua situazione personale, in quanto ottantaquattrenne e in precarie condizioni di salute.
La Corte di Appello di Bologna, condividendo le motivazioni espresse in primo grado circa la mancata deduzione di nuove circostanze su cui fondare la revisione dell'assegno di mantenimento e ravvisando, in ogni caso, la genericità e la carenza di validi supporti probatori nei fatti addotti, rigettava il proposto reclamo.
Detta sentenza veniva impugnata innanzi la Suprema Corte Cassazione mediante la formulazione di vari motivi di ricorso, tutti incentrati sulla erronea e/o omessa valutazione da parte della Corte territoriale di un fattore decisivo ai fini della risoluzione della controversia, ossia l'incremento anagrafico delle parti rispetto alla sussistenza dell'obbligazione di mantenimento.
Secondo la prospettazione fornita dal ricorrente, detto aspetto, oltre a non essere affatto trascurabile, era al contempo dotato di quel grado di novità tale da poter condurre ad una revisione della precedente statuizione stante il lasso di tempo, ben sette anni, intercorso tra le due pronunce.
Tale motivo di censura veniva accolto dai giudici di legittimità che, anche sulla scorta dell'orientamento giurisprudenziale formato sul punto, ritenevano fondato il ricorso disponendone il rinvio alla Corte di Appello di Bologna, in diversa composizione, per la modifica della decisione impugnata e per la statuizione sulle spese di giudizio.