Avvocato Generale Collins: pretese dei consumatori nei confronti delle banche dopo l’annullamento del contratto di mutuo ipotecario per clausole abusive

La Redazione
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06 Marzo 2023

Avvocato generale Collins: dopo l'annullamento di un contratto di mutuo ipotecario dovuto alla presenza di clausole abusive, i consumatori possono avanzare, nei confronti delle banche, pretese ulteriori rispetto al rimborso della prestazione pecuniaria; ciò non vale per le banche.

Spetta ai giudici nazionali decidere, in osservanza dell'ordinamento nazionale, se i consumatori abbiano il diritto di far valere pretese del genere e, in caso affermativo, statuire sulla loro fondatezza.

Nel 2008, A.S. e la sua coniuge, E.S., hanno stipulato un contratto di mutuo ipotecario con la Bank M., al fine di edificare una casa. L'ammontare del mutuo era denominato ed erogato in zloty (PLN) ma – analogamente a migliaia di altri mutui immobiliari concessi ai consumatori in Polonia sin dai primi anni 2000 – esso era indicizzato in franchi svizzeri (CHF). Le rate mensili del mutuo erano da corrispondere in PLN una volta effettuata la conversione in base al valore di vendita dei CHF, pubblicato nella tabella dei tassi di cambio presso la Bank M. in vigore alla data di scadenza di ciascuna rata.

Poiché riteneva che il contratto di mutuo in questione contenesse clausole abusive tali da renderlo integralmente nullo ai sensi dell'ordinamento giuridico polacco, A.S. ha promosso un'azione nei confronti di Bank M. dinanzi al Tribunale distrettuale, Varsavia – Śródmieście (Polonia; in prosieguo: il «giudice del rinvio»), sostenendo che detta banca avrebbe ricevuto le rate mensili di rimborso del mutuo senza alcuna giustificazione giuridica o contrattuale e ne avrebbe tratto beneficio. Egli ha domandato alla Bank M. di versare un indennizzo per l'uso del suo denaro senza giustificazione contrattuale, per il mancato guadagno causato dalla sua temporanea impossibilità di adoperare il proprio denaro e per la diminuzione del potere di acquisto dell'importo che egli aveva trasferito a detto istituto di credito.

Il giudice del rinvio chiede alla Corte se la direttiva in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori [1] (in prosieguo: la «direttiva»), così come i principi di efficacia, certezza del diritto e proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un'interpretazione della legislazione nazionale secondo la quale, qualora un contratto di mutuo stipulato tra un consumatore e una banca sia dichiarato nullo nella sua interezza, le parti possono avanzare reciprocamente pretese ulteriori rispetto al rimborso delle prestazioni pecuniarie corrisposte per contratto e al pagamento degli interessi di mora al tasso legale dalla data della domanda di rimborso.

Nelle sue conclusioni, presentate in data odierna, l'avvocato generale Anthony Michael Collins ricorda che la direttiva non regolamenta le conseguenze dell'accertamento dell'inesistenza, sul piano giuridico, di un contratto concluso con un consumatore a seguito della soppressione delle clausole abusive in esso contenute.

Tali conseguenze sono determinate dagli Stati membri, ai sensi dell'ordinamento giuridico nazionale, in modo compatibile con il diritto UE.

Per quanto concerne le azioni promosse dal consumatore nei confronti della banca, l'avvocato generale Collins ritiene che la direttiva non osti a disposizioni legislative nazionali, o alla giurisprudenza nazionale che interpreta dette disposizioni, le quali agevolano il consumatore nel far valere domande ulteriori rispetto al rimborso delle rate versate in forza di un contratto di mutuo ipotecario invalido e agli interessi di mora calcolati al tasso legale a decorrere dalla data della domanda di rimborso. Spetta comunque al giudice nazionale decidere, in osservanza dell'ordinamento nazionale, se i consumatori abbiano il diritto di avanzare pretese del genere e, in caso affermativo, pronunciarsi sulla loro fondatezza.

Questa soluzione è giustificata dallo scopo della direttiva, che è quello di fornire ai consumatori un elevato livello di protezione. Le clausole contrattuali giudicate abusive non producono effetti vincolanti nei confronti del consumatore e, di conseguenza, egli o ella deve beneficiare del ripristino della posizione di diritto e di fatto nella quale si sarebbe trovato/a in assenza di tali clausole sin dall'inizio. È opinione dell'avvocato generale che la facoltà di promuovere azioni aventi uno scopo più ampio rispetto al mero rimborso delle somme versate e dei relativi interessi possa incoraggiare i consumatori ad esercitare i diritti che essi traggono dalla direttiva e, nel contempo, scoraggiare le banche dall'inserire clausole abusive nei loro contratti.

Quanto alla facoltà della banca di promuovere azioni di analoga natura nei confronti dei consumatori, l'avvocato generale Collins sostiene la tesi opposta. Egli suggerisce alla Corte che una banca non ha il diritto di avanzare, nei confronti di un consumatore, pretese ulteriori rispetto al rimborso del capitale trasferito in mutuo e al pagamento degli interessi legali di mora dalla data della domanda di rimborso.

A titolo di giustificazione, l'avvocato generale Collins osserva che l'annullamento del contratto di mutuo ipotecario si manifesta come conseguenza dell'inserimento in esso di clausole abusive. Un fornitore non può trarre nessun vantaggio economico da una situazione che esso abbia creato sulla base di una propria condotta illecita. Né la banca sarebbe dissuasa dall'avvalersi di condizioni abusive nei contratti di mutuo con i consumatori se, nonostante l'annullamento di tali contratti, essa potesse addebitare ai consumatori la remunerazione al tasso di mercato per l'utilizzo del capitale del mutuo. Tale situazione potrebbe rendere persino più redditizia per le banche la prassi di imporre clausole abusive ai consumatori.

L'avvocato generale Collins osserva inoltre che i mutuatari non sono di norma nelle condizioni di valutare l'ammontare che la banca potrebbe pretendere da loro prima di decidere se sia nel loro interesse contestare la presenza di clausole abusive nei loro contratti di mutuo. Data la natura complessa e discrezionale dei criteri in base ai quali la banca calcola la retribuzione per l'uso del capitale concesso in prestito e il fatto che gli importi richiesti devono essere di solito corrisposti immediatamente, i consumatori potrebbero essere ancor più scoraggiati dall'esercitare i diritti che loro ricavano dalla direttiva. Una situazione del genere priverebbe la direttiva della sua efficacia e porterebbe a un risultato contrastante con gli scopi che essa persegue.

L'avvocato generale Collins osserva infine che l'argomento vertente sulla stabilità dei mercati finanziari in Polonia risulta irrilevante nel contesto dell'interpretazione della direttiva, la quale mira soprattutto alla protezione degli interessi dei consumatori. Come creature del diritto, le banche hanno l'obbligo di condurre i propri affari in modo tale da rispettare tutte le sue disposizioni.

[1] Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L95, pag. 29).