Orientamenti giurisprudenziali in tema di retroattività delle misure di self cleaning

Aldo Cimmino
07 Marzo 2023

Non può essere condivisa la tesi della inapplicabilità delle misure di self cleaning alle gare in corso, di origine pretoria, in quanto non prevista né nella direttiva appalti né nel Codice dei contratti, costituendo una mera “prassi”, che preclude alle stazioni appaltanti di valutare il contenuto e l'idoneità delle misure di ravvedimento operoso assunte dagli operatori al fine di eliminare qualsiasi dubbio sulla propria affidabilità ed integrità, ingenerato da vicende penali pregresse.

La fattispecie. A seguito della divulgazione, da parte della stampa, di notizie riguardanti l'adozione di una misura cautelare personale nei confronti dell'amministratore di un operatore economico, la stazione appaltante chiedeva all'aggiudicatario informazioni, chiarimenti e documenti utili, al fine di poter svolgere le proprie valutazioni sulla vicenda, tenuto conto della disposta aggiudicazione in favore di questi.

Con successiva nota, l'aggiudicatario segnalava alla stazione appaltante l'intervenuta cessazione della carica dell'amministratore delegato e la sospensione di un dirigente, con riorganizzazione nella compagine dell'organo di vertice aziendale e l'avvio di ogni ulteriore verifica sulle procedure interne, secondo il modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001.

All'esito dell'interlocuzione e della valutazione compiuta, la stazione appaltante ha adottato un provvedimento con il quale ha disposto l'archiviazione del procedimento, avviato nei confronti dell'aggiudicatario, ai fini della sua esclusione e, all'esito di tale procedimento, ha stipulato la convenzione con l'aggiudicatario medesimo.

Il provvedimento di archiviazione e tutti gli atti ad esso consequenziali, ivi compresa la convenzione, venivano impugnati dalla terza graduata, lamentando, essenzialmente, la violazione e l'errata applicazione degli artt. 3, 97 Cost. e 80, commi 5 e 6, del Codice dei Contratti pubblici.

Le doglianze. Con un primo motivo di appello, l'appellante lamentava la violazione del principio di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione. In altri termini, la condotta della stazione appaltante avrebbe violato gli artt. 3 e 97 Cost., nonché la lex specialis di gara e cioè l'art. 10, n. 3, lett. e), dello schema di convenzione che prevedeva la risoluzione di diritto della medesima convenzione in presenza di vicende penali riguardanti figure centrali all'interno dell'operatore economico concorrente. Non solo, ma con l'archiviazione del procedimento di verifica disposto dalla stazione appaltante e con la successiva stipula della convenzione, l'amministrazione aggiudicatrice avrebbe inoltre violata l'art. 80, commi 5, lett. c), e 6, d.lgs. n. 50/2016.

Con un secondo motivo di appello, l'appellante contestava anche la violazione del principio di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, nonché le norme del Codice dei Contratti pubblici in materia di motivi di esclusione dell'operatore economico, manifestando eccesso di potere per contraddittorietà dell'agire amministrativo, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, nonché irragionevolezza e omessa motivazione del provvedimento amministrativo.

Infine, secondo le prospettazioni dell'appellante, la stazione appaltante, avrebbe violato il principio di continuità dei requisiti di integrità e di affidabilità, contravvenendo tanto alla richiamata disposizione dell'art. 10, n. 3, lett. e), dello schema di convenzione, tanto l'art. 80, commi 5 e 6, del Codice dei Contratti pubblici.

La pronuncia del Consiglio di Stato. Con la pronuncia in esame, il Collegio, nello scrutinare i motivi di ricorso, evidenzia l'infondatezza degli stessi, mutando orientamento in materia di tempestività e operatività delle misure di self cleaning rispetto ai gravi illeciti professionali occorsi in corso di gara.

Anzitutto, il Consiglio di Stato, nell'affrontare il motivo che ha censurato la motivazione del provvedimento di archiviazione adottato dalla stazione appaltante all'esito del contraddittorio instaurato con l'aggiudicatario, ha richiamato i principi cardine della materia.

Più precisamente, il Supremo giudice amministrativo ha rammentato che la pendenza di un procedimento penale e l'adozione di una misura cautelare personale nei confronti dei vertici aziendali non ricadono tra le fattispecie esemplificativamente previste dalla norma contenuta nell'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016.

A tal proposito, le Linee Guida ANAC, n. 6 non contemplano le circostanze contestate agli ex vertici aziendali tra quelle elencate ai fini dell'esclusione per gravi illeciti professionali; stabiliscono, però, che è rimessa alle valutazioni delle stazioni appaltanti la rilevanza di situazioni, anche non espressamente individuate dalle Linee Guida, ai fini della riconducibilità oggettiva delle stesse alla fattispecie dei gravi illeciti professionali, sempre che ricorrano i presupposti soggettivi e oggettivi, quali l'accertamento della responsabilità, con provvedimento esecutivo.

Inoltre, il Consiglio di Stato evidenzia, ancora una volta, che la sola pendenza del procedimento penale e l'adozione di una ordinanza di custodia cautelare, non appaiono, allo stato, mezzo adeguato per consentire alla stazione appaltante di esprimere, senza margini di incertezza e nel rispetto del principio di proporzionalità, una prognosi circa l'inaffidabilità dell'operatore economico, non spettando alla stazione appaltante sostituirsi all'autorità giudiziaria nell'apprezzamento dei fatti aventi rilevanza penale.

Infine, la vicenda penale è sopraggiunta alla conclusione delle operazioni di gara, e l'operatore economico ha attuato una serie di misure rimediali di carattere organizzativo, consistenti nella rimozione, dopo aver acquisito notizia delle indagini penali, dell'amministratore delegato e del dirigente coinvolti, nonché di iniziative volte all'aggiornamento del modello di cui al d.lgs. n. 231/2001, che valgono quali misure di self cleaning.

Tali misure – a parere del Consiglio di Stato – nonostante l'effetto pro futuro, sono applicabili al caso di specie, perché i fatti penalmente rilevanti sono avvenuti dopo l'ammissione alla gara e dopo le verifiche ex art. 32, comma 7, del Codice dei Contratti pubblici, non trattandosi, dunque, di presupposti che attengono alla partecipazione alla gara.

Al riguardo, i Giudici amministrativi hanno ribadito che la stazione appaltante, in casi di tal fatta, deve compiere una complessa verifica articolata su due livelli: innanzitutto è chiamata a qualificare il comportamento pregresso tenuto dall'operatore economico, come idoneo ad incrinare la sua affidabilità ed integrità nei rapporti con l'Amministrazione; successivamente, la stazione appaltante è chiamata a verificare se tale giudizio negativo comporti una prognosi negativa in relazione alla specifica gara alla quale l'operatore verificato sta partecipando (in tal senso cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 maggio 2022, n. 4362; id 8 gennaio 2021, n. 307; id. 13 maggio 2021, n. 3772).

Tale interpretazione risulta, peraltro, conforme alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che nella sentenza del 14 gennaio 2021 (causa C-387/19), ha affermato come le misure di ravvedimento operoso possano essere adottate “in qualunque fase della procedura che preceda l'adozione della decisione di aggiudicazione” (cfr. § 29 della sentenza).

E ancora, la citata sentenza della CGUE precisa inoltre che: “gli Stati membri possono prevedere che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso debba essere fornita spontaneamente dall'operatore economico interessato al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, così come essi possono anche prevedere che tale prova possa essere fornita dopo che detto operatore economico sia stato formalmente invitato a farlo dall'amministrazione aggiudicatrice in una fase successiva della procedura”.

Del resto, l'art. 57, comma 6, della Direttiva 24/2014/UE prevede che Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d'appalto. A tal fine, l'operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.

A sua volta, il considerando 102) della medesima direttiva si limita a precisare che “è opportuno consentire che gli operatori economici possano adottare misure per garantire l'osservanza degli obblighi volte a porre rimedio alle conseguenze di reati o violazioni e a impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo”

Sicché, né l'articolo 57, paragrafo 6, né il considerando 102) della Direttiva 2014/24/UE precisano in che modo o in quale fase della procedura d'appalto possa essere fornita la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso.

Difatti, la Corte di Giustizia UE ha più volte affermato che deve ritenersi incompatibile con il diritto dell'Unione una normativa nazionale che consenta l'esclusione automatica dell'operatore economico dalla gara, precludendo, da un lato a quest'ultimo di poter dedurre in merito e, dall'altro, all'amministrazione procedente di valutare discrezionalmente gli elementi della fattispecie. (cfr. ex plurimis, sentenze del 3 giugno 2021, causa C 210/20, e del 30 gennaio 2020, causa C 395/18, come, peraltro, recepito anche dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 16/2020).

Conseguentemente, il Consiglio di Stato dichiara che “la tesi della inapplicabilità delle misure di self cleaning alle gare in corso, di origine pretoria, in quanto non prevista né nella direttiva appalti, e neppure nel Codice dei Contratti, costituente una mera “prassi”, che preclude alle stazioni appaltanti di valutare il contenuto e l'idoneità delle misure di ravvedimento operoso assunte dagli operatori al fine di eliminare qualsiasi dubbio sulla propria affidabilità ed integrità, ingenerato da vicende penali pregresse, non può essere condivisa per le ragioni sopra esposte. Ciò riguarda sia i casi in cui le vicende penali e le conseguenti misure di self cleaning si riferiscano al periodo intercorrente tra la data di presentazione dell'offerta quella di aggiudicazione (come nel caso relativo alla gara bandita da – omissis -, esaminato nella citata sentenza n. 9782/2022), sia i casi in cui tali circostanze siano intervenute nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e la stipulazione della convenzione (come nella fattispecie).

Da ultimo, il Supremo Consesso rileva che anche lo schema definitivo del nuovo Codice dei Contratti pubblici riconosce l'operatività delle misure di self cleaning anche per le gare incorso.

Nella relazione di accompagnamento al codice è stato precisato che “I commi da 2 a 6 [dell'art. 96 n.d.r.] prevedono la ‘nuova' versione allargata del self cleaning aderente alla direttiva 24/2014/UE […] Alla luce della modifica introdotta, il self cleaning può riguardare anche eventi verificatisi nel corso della procedura e dopo la presentazione delle offerte”; tale disposizione – nella bozza definitiva – prevede infatti all'art. 96, comma 6, che “Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all'articolo 94, a eccezione del comma 6, e all'articolo 95, a eccezione del comma 2, può fornire prova del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti addimostrare la sua affidabilità. Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d'appalto”.

Invero, si osservi che alla lettera della norma contenuta nel nuovo art. 96, comma 6, dello Schema definitivo di Codice dei Contratti pubblici, il Consiglio di Stato pare attribuire più di quanto effettivamente la norma dica, considerando che l'espressione “sono ritenute sufficienti e tempestive” avrebbe potuto essere interpretata anche nel senso finora attribuito al carattere della tempestività delle misure di self cleaning e, cioè, nel senso di ritenerle valide pro futuro e non relativamente alla gara durante il corso della quale esse vengano eventualmente adottate.

In tal modo, il Consiglio di Stato, però, rafforza la interpretazione della futura disposizione codicistica – già prospettata nella relazione al Codice predisposta dallo stesso Consiglio di Stato – accreditando, anche sul versante normativo, il mutamento dell'orientamento pretorio in materia.