Con riferimento al contrasto all'evasione fiscale, viene in rilievo l'art. 3 della L. n. 23/2014, concernente “stima e monitoraggio dell'evasione fiscale”.
Mentre la delega sulla rilevazione dell'evasione fiscale ha trovato attuazione con il D.lgs. 24 settembre 2015, n. 160, quella, contemplata dalla lett. a) dell'art. 3 cit., volta ad “attuare una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina dell'attuazione e dell'accertamento relativa alla generalità dei tributi” non ha avuto esito.
Anche questo tema, evidentemente, presuppone l'adozione di una disciplina generale e uniforme dei procedimenti attuativi dei diversi tributi presenti nel nostro ordinamento.
Non solo, è rimasta inattuata pure la delega prevista dalla lett. e) di questa disposizione, avente ad oggetto la definizione delle “linee di intervento per favorire l'emersione di base imponibile, anche attraverso l'emanazione di disposizioni per l'attuazione di misure finalizzate al contrasto d'interessi fra contribuenti, selettivo e con particolare riguardo alle aree maggiormente esposte al mancato rispetto dell'obbligo tributario, definendo attraverso i decreti legislativi le più opportune fasi applicative e le eventuali misure di copertura finanziaria nelle fasi di attuazione”.
Non si tratta, però, di una riforma strutturale del sistema tributario in quanto l'adozione di tali “linee di intervento” presuppone l'apprezzamento di fenomeni di inadempimento degli obblighi fiscali variegati e inevitabilmente mutevoli nel tempo.
Poi, passando all'art. 9 della L. n. 23/2014, in tema di “rafforzamento dell'attività conoscitiva e di controllo”, va osservato che le numerose deleghe contenute in questa norma hanno trovato attuazione per quanto attiene all'introduzione della fatturazione elettronica e ai controlli sulle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici (D.lgs. 5 agosto 2015, n. 127), alla revisione della disciplina dell'organizzazione delle Agenzie Fiscali (D.lgs. 24 settembre 2015, n. 157) e al rafforzamento del controllo del Ministero dell'Economia e delle Finanze sull'Agente della Riscossione (D.lgs. 24 settembre 2015, n. 159).
Non hanno invece avuto seguito le altre deleghe, di cui alla lett. a), che prevedeva di “rafforzare i controlli mirati da parte dell'amministrazione finanziaria, utilizzando in modo appropriato e completo gli elementi contenuti nelle banche di dati e prevedendo, ove possibile, sinergie con altre autorità pubbliche nazionali, europee e internazionali, al fine di migliorare l'efficacia delle metodologie di controllo, con particolare rafforzamento del contrasto delle frodi carosello, degli abusi nelle attività di incasso e trasferimento di fondi (money transfer) e di trasferimento di immobili, dei fenomeni di alterazione delle basi imponibili attraverso un uso distorto del transfer pricing e di delocalizzazione fittizia di impresa, nonché delle fattispecie di elusione fiscale”; alla lett. b), secondo cui si sarebbe dovuto “prevedere l'obbligo di garantire l'assoluta riservatezza nell'attività conoscitiva e di controllo fino alla completa definizione dell'accertamento; prevedere l'effettiva osservanza, nel corso dell'attività di controllo, del principio di ridurre al minimo gli ostacoli al normale svolgimento dell'attività economica del contribuente, garantendo in ogni caso il rispetto del principio di proporzionalità; rafforzare il contraddittorio nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all'esaurimento del contraddittorio procedimentale; alla lett. c), in base alla quale sarebbe occorso “potenziare e razionalizzare i sistemi di tracciabilità dei pagamenti, prevedendo espressamente i metodi di pagamento sottoposti a tracciabilità e promuovendo adeguate forme di coordinamento con gli Stati esteri, in particolare con gli Stati membri dell'Unione europea, nonché favorendo una corrispondente riduzione dei relativi oneri bancari”; alla lett. e), che prescriveva di “verificare la possibilità di introdurre meccanismi atti a contrastare l'evasione dell'IVA dovuta sui beni e servizi intermedi, facendo in particolare ricorso al meccanismo dell'inversione contabile (reverse charge), nonché di introdurre il meccanismo della deduzione base da base per alcuni settori”; alla lett. f), che prevedeva di “rafforzare la tracciabilità dei mezzi di pagamento per il riconoscimento, ai fini fiscali, di costi, oneri e spese sostenuti, e prevedere disincentivi all'utilizzo del contante, nonché incentivi all'utilizzo della moneta elettronica”.
Di alcune di queste deleghe non è attualmente prospettabile l'attuazione per ragioni squisitamente “politiche” [mi riferisco alla disincentivazione dell'uso del contante, di cui alla lett. f), in netto contrasto con l'opposto intento palesato dall'attuale compagine governativa e dalla maggioranza che la supporta e che ha trovato puntuale espressione nella Legge di Bilancio 2023] o perché postulano un intervento del legislatore in un ambito che non si colloca propriamente nel contesto delle riforme sistematiche delle norme attuative dei doveri impositivi [il riferimento è al contrasto all'evasione fondato sul ricorso al regime del cd. “reverse charge”, di cui alla lett. e)].
Restano le deleghe di cui alle lett. a), b) e c), che hanno un'indubbia rilevanza sistematica.
Più precisamente, significativo rilievo avrebbe il rafforzamento del “contraddittorio nella fase di indagine”.
Se tale interlocuzione venisse riconosciuta, fra l'altro, l'ordinamento italiano garantirebbe il contraddittorio in termini più accentuati rispetto a quanto avviene in ambito comunitario [la giurisprudenza europea (V., per esempio, Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, “Sabou”), infatti, riconosce l'esigenza del contraddittorio solo quando l'attività istruttoria si è esaurita e l'Ente impositore si ripromette di muovere l'addebito al contribuente].
Ovviamente, dovrebbero contemplarsi delle deroghe per evitare che, in circostanziate ed eccezionali evenienze, il contraddittorio possa nuocere all'efficienza delle indagini fiscali.
Si aggiunga, ancora, che assicurare il “rispetto del principio di proporzionalità” nel corso dell'attività di controllo presupporrebbe la previsione di specifiche forme di responsabilità personale a carico dei verificatori che detto principio non osservassero e di un efficace mezzo di tutela cautelare che fosse in grado di evitare la prosecuzione di indebite attività istruttorie e/o il ripristino dei pregiudizi cagionati da dette illecite attività.
Sempre con riguardo all'attività di controllo degli adempimenti dei contribuenti, meritano di essere ricordati i criteri direttivi che il DdL n. 3343/2022 enunciava (nell'art. 1) e che avrebbero dovuto essere recepiti nella menzionata opera di “codificazione”.
Mi riferisco, per la precisione, all'estensione degli adempimenti in via telematica (che agevolano tanto l'opera dei contribuenti quanto quella del Fisco nel verificarne la correttezza), alla “piena realizzazione dell'interoperabilità delle banche di dati, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016” (se i risultati emergenti dalle varie banche dati di cui le Agenzie fiscali e la Guardia di Finanza dispongono fossero pienamente utilizzati e fra loro coordinati, nel rispetto della disciplina della cosiddetta “privacy”, l'attività di contrasto alle condotte evasive risulterebbe sicuramente facilitata) e all'“utilizzo efficiente, anche sotto il profilo tecnologico, da parte dell'amministrazione finanziaria, dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni” con le Autorità fiscali straniere (in presenza di rapporti economici sempre più frequentemente transnazionali, il corretto e costante impiego di tali informazioni potrebbe consentire di perseguire condotte fiscalmente illecite altrimenti difficilmente individuabili e/o contestabili).
Una menzione particolare e autonoma merita il criterio direttivo sempre contenuto nell'art. 1 del DdL n. 3343/2022 e volto a “ridurre l'evasione e l'elusione fiscali, anche attraverso la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell'anagrafe tributaria, il potenziamento dell'analisi del rischio, il ricorso alle tecnologie digitali e alle soluzioni di intelligenza artificiale, ferma restando la salvaguardia dei dati personali ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, nonché mediante il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo di cui al titolo III del D.lgs. 5 agosto 2015, n. 128”.
Ferma restando l'ovvia condivisibilità del pieno e proficuo utilizzo dei dati dell'anagrafe tributaria, del potenziamento delle analisi di rischio fiscale nelle condotte dei contribuenti e dell'implementazione del ricorso alle tecnologie digitali, il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo avrebbe un effetto estremamente positivo nella riduzione dell'evasione e dell'elusione.
L'individuazione delle aree di rischio fiscale nella concreta operatività delle imprese, la predisposizione dei controlli e rimedi – interni alle imprese medesime – per evitare che le ipotesi di rischio si traducano nella commissione di illeciti tributari e, soprattutto, la creazione di un costante confronto fra le imprese e il Fisco, anche in una fase preventiva rispetto al compimento di iniziative aventi implicazioni fiscali, rappresentano il migliore antidoto rispetto alla consumazione delle condotte evasive ed elusive.
Lo dimostrano, in conformità all'esperienza internazionale, il favore sempre crescente che le imprese italiane palesano nei confronti di questo istituto e i risultati largamente positivi che discendono dalla sua attuazione.
Più cauto, invece, credo che debba essere l'approccio alle “soluzioni di intelligenza artificiale”.
Non perché se ne possa disconoscere la potenziale incisività nell'azione di repressione degli illeciti tributari, ma per la particolare e doverosa attenzione che l'impiego di dette “soluzioni” inevitabilmente presuppone.
Un indebito uso di esse, infatti, potrebbe condurre all'esternazione di contestazioni (oltretutto, con somma probabilità) “seriali” prive di fondamento, con palese pregiudizio non solo dei relativi destinatari ma anche dello stesso Ente impositore.
Infatti, è noto a ognuno come l'enunciazione di pretese errate offuschi l'immagine di detto Ente, lo oberi di altrimenti evitabili incombenze e lo costringa addirittura al sostenimento delle spese processuali in caso di soccombenza in giudizio.