La vicenda giudiziaria in commento offre diversi spunti di interesse che meritano di essere brevemente riepilogati.
In primis la Corte di Cassazione ha avuto modo di rammentare quelle che sono le condizioni pregiudiziali per la valida proposizione di un conflitto negativo di giurisdizione, che possono essere così riassunte:
- l'avvenuto perfezionamento della traslatio iudicii, ossia della riassunzione del giudizio a seguito di una pronuncia declinatoria della giurisdizione davanti al giudice ritenuto munito del potere di risolvere la controversia;
- la natura decisoria del provvedimento con cui è stata ritenuta insussistente la giurisdizione del primo giudice adito, da rendersi all'esito di un giudizio a cognizione piena, e non in sede cautelare;
- la decisione del secondo giudice di sollevare il conflitto negativo deve avvenire nella prima udienza fissata per la trattazione nel merito della controversia a seguito della sua tempestiva riassunzione.
Per quanto attiene al potere attribuito al giudice davanti al quale il giudizio è stato riassunto di sollevare, anche d'ufficio, il conflitto negativo di giurisdizione, è la disposizione di cui all'articolo 11, comma 3, c.p.a. a prevedere che quando il giudizio sia stato tempestivamente riproposto davanti al g.a., in conseguenza di una precedente pronuncia declinatoria della giurisdizione, questo possa, alla prima udienza, sollevare anche d'ufficio il conflitto di giurisdizione.
Per quanto attiene al significato da attribuire, in concreto, alla locuzione “prima udienza” la Corte di Cassazione ha già avuto modo in passato di chiarire che quest'ultima coincida con l'udienza di discussione fissata ai sensi dell'articolo 71 c.p.a., nell'ambito della quale si dà luogo alla trattazione e alla decisione sui fatti di causa nel merito (Cassazione, sezioni unite, 13 dicembre 2016, n. 25515). Del resto, lo stesso articolo 9 c.p.a. prevede espressamente che il difetto di giurisdizione del giudice adito possa essere rilevato, anche d'ufficio, nel corso del processo di primo grado.
L'eventuale pregressa decisione sulla domanda cautelare formulata dalla parte ricorrente, contenendo una statuizione implicita o esplicita sulla giurisdizione del giudice adito, non consuma tuttavia il potere a lui riservato di rilevare e dichiarare il difetto di giurisdizione nella successiva udienza di discussione fissata ai sensi dell'art. 71 c.p.a., ove nell'esaminare le questioni di rito pregiudiziali rispetto a quelle di merito, ad una delibazione piena (e non sommaria) dei fatti di causa, dovesse essere rilevata l'insussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia.
Del resto, è lo stesso art. 11, co. 7, c.p.a. a prevedere che le misure cautelari medio tempore disposte perdano efficacia decorsi trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento che dichiari il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate, contemplando espressamente il potere-dovere del g.a. di rilevare il proprio difetto di giurisdizione nella sede di merito, pur avendo già reso una decisione in sede cautelare con ordinanza.
Una tale impostazione consente altresì di rimarcare come lo scopo della tutela cautelare non sia quello di anticipare gli effetti del giudizio di merito, per i quali occorre invece attendere la celebrazione dell'udienza di discussione di cui all'art. 71 c.p.a. e la successiva sentenza adottata dal Collegio, quanto piuttosto quello di adottare adeguate misure interinali al fine di mantenere la res adhuc integra nelle more della definizione del giudizio, per evitare che il decorso dei tempi processuali determini dei pregiudizi gravi e irreparabili in capo alla parte ricorrente, rendendo di fatto inutile la tutela giurisdizionale invocata.
Un secondo aspetto interessante che emerge dalla vicenda giudiziaria in commento riguarda l'ampiezza del potere del giudice amministrativo che abbia dapprima sollevato un conflitto negativo di giurisdizione alla Corte di Cassazione e che, poi, si trovi ad essere nuovamente investito dalla controversia in virtù di una pronuncia delle Sezioni Unite che abbia dichiarato l'inammissibilità del conflitto prospettato per carenza dei presupposti sopra riepilogati.
Più precisamente, nel caso in esame la Corte di Cassazione ha rilevato che la pronuncia del giudice ordinario era stata resa in un diverso giudizio azionato da un altro ricorrente, oltre ad essere stata adottata in sede cautelare e non all'esito di un giudizio a cognizione piena, dichiarando così inammissibile l'ordinanza del giudice amministrativo di prime cure con cui è stato prospettato un conflitto negativo di giurisdizione.
Rilevata dalla Suprema Corte l'inesistenza di una pregressa statuizione del giudice ordinario declinatoria della giurisdizione con riferimento ai fatti di causa, correttamente il T.A.R. ha preso atto di essere stato investito per la prima volta della controversia, con discendente sua facoltà di definire il giudizio in rito mediante una pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.
Del resto, se è vero che l'udienza di discussione in cui è stato rilevato il difetto di giurisdizione con la sentenza in commento non è stata la prima ad essere celebrata, come chiesto dall'art. 11, co. 3, c.p.a., va rilevato come è nella prima udienza che il Collegio ha preso atto della sussistenza di un possibile problema di giurisdizione, tanto che proprio in quella sede ha ritenuto, pur erroneamente come successivamente rilevato dalla Corte di Cassazione, di dover sollevare il conflitto negativo di giurisdizione, ritenendo di non poter autonomamente definire il giudizio in rito in considerazione di una pregressa pronuncia declinatoria della giurisdizione adottata dal giudice ordinario.
In definitiva, una volta appurata l'insussistenza delle condizioni per la valida proposizione del regolamento di giurisdizione d'ufficio, per effetto del rilevato conflitto negativo, il T.A.R. ha ritenuto di poter esercitare il potere officioso riconosciutogli dall'art. 11, co. 2, c.p.a., nelle vesti di giudice davanti al quale la controversia è stata incardinata per la prima volta, rilevando il difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiarando il ricorso inammissibile.