Locazioni brevi: la Corte di Giustizia UE e gli obblighi fiscali a carico dei prestatori di servizi online di intermediazione immobiliare

Pasqualina A. P. Condello
08 Marzo 2023

Non è incompatibile con diritto dell'Unione europea una normativa nazionale che, in relazione alle locazioni brevi, imponga all'intermediatore immobiliare, ovunque risieda o sia stabilito ed indipendentemente dalle modalità operative seguite, l'obbligo di trasmettere informazioni in merito alle locazioni concluse a mezzo della sua intermediazione e di operare ritenuta d'imposta sui corrispettivi di locazione per suo tramite incassati. È, invece, incompatibile con il diritto dell'Unione una normativa nazionale che, in relazione alle locazioni suddette, imponga all'intermediatore immobiliare, che risiede o è stabilito nel territorio di uno Stato membro diverso, l'obbligo di designare un rappresentante fiscale nello Stato d'imposizione.
Il principio

Con sentenza 22 dicembre 2022 in causa C-83/21, Airbnb Ireland UC plc c. Airbnb Payments UK Ltd, la Corte di Giustizia UE ha affermato:

1) che l'articolo 56 TFU

- non osta alla normativa di uno Stato membro che, con riguardo a locazioni di durata non superiore a 30 giorni aventi ad oggetto immobili situati nel suo territorio, impone ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, indipendentemente da loro luogo di stabilimento e dalle modalità attraverso cui intervengono, di raccogliere e di comunicare all'amministrazione fiscale nazionale i dati relativi ai contratti di locazione stipulati a seguito della loro intermediazione e, qualora essi abbiano incassato canoni e/o corrispettivi relativi oppure siano intervenuti nella loro percezione, di prelevare alla fonte l'ammontare della imposta dovuta sulle somme versate dai conduttori ai locatori e di girarlo all'Erario;

- osta alla normativa di uno Stato membro che, con riguardo a locazioni di durata non superiore a 30 giorni aventi ad oggetto beni immobili situati nel suo territorio, impone ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare di designare un rappresentante fiscale residente o stabilito nel territorio dello Stato membro di imposizione, qualora essi, risiedendo o essendo stabiliti nel territorio di uno Stato membro diverso da quello d'imposizione, abbiano incassato i canoni e/o i corrispettivi di locazione oppure siano intervenuti nella loro percezione;

2) che l'articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che, in presenza di una questione di interpretazione del diritto dell'Unione sollevata da una delle parti nel procedimento principale, la determinazione e la formulazione delle questioni da sottoporre alla Corte spettano soltanto al giudice nazionale e tali parti non possono imporne o modificarne il tenore.

Il fatto

Airbnb Ireland UC e Airbnb Payments UK Ltd, gestori del portale telematico di intermediazione immobiliare Airbnb, proposero ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio diretto all'annullamento sia del provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 12 luglio 2017, n. 132395, che aveva dato attuazione al regime fiscale delle locazioni brevi (decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge del 21 giugno 2017, n. 96), sia della circolare interpretativa dell'Agenzia delle Entrate del 12 ottobre 2017, n. 24.

Con sentenza del 18 febbraio 2019, il giudice amministrativo respinse il ricorso, dichiarando che il regime fiscale del 2017 non aveva introdotto una «regola tecnica» o una «regola relativa ai servizi», che l'obbligo di trasmettere i dati dei contratti e di applicare una ritenuta alla fonte non violava né il principio della libera prestazione dei servizi, né il principio di libera concorrenza e che l'obbligo di designare un rappresentante fiscale, qualora il gestore del portale telematico non fosse residente o stabilito in Italia, era conforme ai requisiti di proporzionalità e necessità fissati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di libera prestazione dei servizi.

Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale venne impugnata la sentenza, con ordinanza dell'11 luglio 2019, ha sospeso il procedimento e proposto tre questioni pregiudiziali vertenti su diverse disposizioni del diritto dell'Unione.

In esito alla pronuncia di irricevibilità della questione pregiudiziale resa dalla Corte di giustizia, il Consiglio di Stato ha nuovamente sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Dica la Corte di giustizia quale sia l'esegesi delle espressioni “regola tecnica” dei servizi della società dell'informazione e “regola relativa ai servizi” della società dell'informazione, di cui alla direttiva 2015/1535 e, in particolare, dica la Corte se tali espressioni debbano interpretarsi come comprensive anche di misure di carattere tributario non direttamente volte a regolamentare lo specifico servizio della società dell'informazione, ma comunque tali da conformarne il concreto esercizio all'interno dello Stato membro, in particolare gravando tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare – ivi inclusi, dunque, gli operatori non stabiliti che prestino i propri servizi online – di obblighi ancillari e strumentali all'efficace riscossione delle imposte dovute dai locatori, quali: a) la raccolta e la successiva comunicazione alle Autorità fiscali dello Stato membro dei dati relativi ai contratti di locazione breve stipulati a seguito dell'attività dell'intermediario; b) la ritenuta della quota-parte dovuta al Fisco delle somme versate dai conduttori ai locatori ed il conseguente versamento all'Erario di tali somme.

2) Dica la Corte di giustizia: a) se il principio di libera prestazione di servizi di cui all'art. 56 TFUE, nonché, ove ritenuti applicabili nella materia di specie, gli analoghi principi desumibili dalle direttive 2006/123 e 2000/31, ostino ad una misura nazionale che preveda, a carico degli intermediari immobiliari attivi in Italia – ivi inclusi, dunque, gli operatori non stabiliti che prestino i propri servizi online – obblighi di raccolta dei dati inerenti ai contratti di locazione breve conclusi loro tramite e successiva comunicazione all'Amministrazione finanziaria, per le finalità relative alla riscossione delle imposte dirette dovute dai fruitori del servizio; b) se il principio di libera prestazione di servizi di cui all'art. 56 TFUE, nonché, ove ritenuti applicabili nella materia di specie, gli analoghi principi desumibili dalle direttive 2006/123 e 2000/31, ostino ad una misura nazionale che preveda, a carico degli intermediari immobiliari attivi in Italia – ivi inclusi, dunque, gli operatori non stabiliti che prestino i propri servizi online – che intervengano nella fase del pagamento dei contratti di locazione breve stipulati loro tramite, l'obbligo di operare, per le finalità relative alla riscossione delle imposte dirette dovute dai fruitori del servizio, una ritenuta su tali pagamenti con successivo versamento all'Erario; c) in caso di risposta positiva ai quesiti che precedono, se il principio di libera prestazione di servizi di cui all'art. 56 TFUE, nonché, ove ritenuti applicabili nella materia di specie, gli analoghi principi desumibili dalle direttive 2006/123 e 2000/31, possano comunque essere limitati in maniera conforme al diritto [dell'Unione europea] da misure nazionali quali quelle descritte supra, sub a) e b), in considerazione dell'inefficacia altrimenti del prelievo fiscale relativo alle imposte dirette dovute dai fruitori del servizio; d) se il principio di libera prestazione di servizi di cui all'art. 56 TFUE, nonché, ove ritenuti applicabili nella materia di specie, gli analoghi principi desumibili dalle direttive 2006/123 e 2000/31, possano essere limitati in maniera conforme al diritto [dell'Unione europea] da una misura nazionale che imponga, a carico degli intermediari immobiliari non stabiliti in Italia, l'obbligo di nominare un rappresentante fiscale tenuto ad adempiere, in nome e per conto dell'intermediario non stabilito, alle misure nazionali descritte supra, sub b), stante l'inefficacia altrimenti del prelievo fiscale relativo alle imposte dirette dovute dai fruitori del servizio.

3) Dica la Corte di giustizia se l'art. 267, paragrafo terzo, TFUE debba essere interpretato nel senso che, in presenza di una questione di interpretazione del diritto [dell'Unione europea] (originario o derivato) sollevata da una delle parti e corredata della precisa indicazione del testo del quesito, il Giudice mantenga comunque la facoltà di procedere all'autonoma articolazione del quesito stesso, individuando discrezionalmente, in scienza e coscienza, i referenti del diritto [dell'Unione europea], le disposizioni nazionali con essi potenzialmente in contrasto ed il tenore lessicale della rimessione, purché nei limiti della materia oggetto del contendere, ovvero sia tenuto a recepire il quesito come formulato dalla parte istante».

La Corte di giustizia UE ha risolto le questioni nei termini riportati in premessa [1].

La motivazione

1. Nello scrutinare le prime due questioni ad essa sottoposte, finalizzate a stabilire se gli obblighi introdotti nell'ordinamento nazionale dall'art. 4 del decreto-legge del 24 aprile 2017, n. 50 — segnatamente, l'obbligo di raccolta e comunicazione alle autorità fiscali dei dati relativi ai contratti di locazione stipulati a seguito della intermediazione immobiliare, l'obbligo di ritenuta dell'imposta dovuta sulle somme versate dai conduttori ai locatori ed il versamento di tale imposta all'Erario, a titolo di cedolare secca o a titolo di acconto in funzione della scelta effettuata dai locatori, e l'obbligo di designare un rappresentante fiscale, in mancanza di una stabile organizzazione in Italia – rientrino nel «settore tributario», ai sensi dell'art. 1, paragrafo 5, lettera a), della direttiva 2000/31, nel «settore fiscale», ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, e siano quindi «disposizioni fiscali», ai sensi dell'art. 114 TFUE, cui rimanda espressamente la direttiva 2015/1535, la Corte ritiene che essi ricadano nel settore fiscale e siano, di conseguenza, esclusi dal rispettivo ambito di applicazione delle tre direttive [2].

Di conseguenza, la Corte restringe l'esame della legittimità delle misure derivanti dal regime fiscale del 2017 alla sola verifica del rispetto del divieto sancito dall'art. 56 TFUE [3].

Fatte queste precisazioni, la decisione, dovendo dare risposta alle questioni pregiudiziali, procede nell'ordine all'analisi degli obblighi imposti dal regime fiscale delle locazioni brevi.

2. Occupandosi, in primo luogo, dell'obbligo di raccolta e comunicazione alle autorità fiscali dei dati relativi ai contratti di locazione stipulati a seguito dell'intermediazione immobiliare, la Corte pone in evidenza che il regime fiscale del 2017 impone tale obbligo a tutti i terzi che intervengono in un processo di locazione immobiliare breve sul territorio italiano, indipendentemente dal fatto che si tratti di persone fisiche o giuridiche, sia che queste ultime risiedano o siano stabilite in detto territorio o meno e sia che intervengano tramite strumenti digitali o con altre modalità di contatto. Nell'escludere che l'introduzione di siffatto obbligo possa determinare situazioni discriminatorie, poiché non incide sulle condizioni della prestazione di servizi di intermediazione, ma impone soltanto ai prestatori di servizi, un volta realizzata una determinata prestazione, di conservare i dati ai fini dell'esatta riscossione delle imposte relative alla locazione dei beni presso i proprietari interessati, la Corte ne deduce che esso non contrasta con il divieto di cui all'art. 56 TFUE, essendo opponibile a tutti gli operatori che esercitano determinate attività sul territorio nazionale e producendo effetti restrittivi indiretti sulla libera prestazione dei servizi, inidonei ad ostacolare tale libertà. Al fine di superare le obiezioni mosse dalle ricorrenti nel procedimento principale, rileva pure che, seppure l'evoluzione dei mezzi tecnologici e l'attuale configurazione del mercato della prestazione di servizi di intermediazione immobiliare porta alla constatazione che gli intermediari che forniscono le loro prestazioni mediante un portale telematico devono far fronte ad un obbligo di trasmissione di dati all'amministrazione tributaria più frequente di quello che grava su altri intermediari, la gravosità di tale obbligo è solo la naturale conseguenza di un maggior numero di transazioni alle quali detti intermediari devono procedere e della relativa quota di mercato e non causa costi supplementari eccessivi, connessi alla ricerca ed all'archiviazione dei dati, tenuto conto che, soprattutto nel caso di servizi di intermediazione forniti tramite strumenti digitali, i dati relativi ai contratti di locazione sono memorizzati e digitalizzati dagli intermediari [4].

In secondo luogo, la Corte nega che l'obbligo di ritenuta alla fonte dell'imposta dovuta sulle somme versate dai conduttori ai locatori e di versamento di detta imposta all'Erario ostacoli o renda meno attraente l'esercizio della libera prestazione dei servizi, osservando che anch'esso si impone tanto ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare stabiliti in uno Stato membro diverso dall'Italia, quanto alle imprese che hanno ivi uno stabilimento. Pur tenendo presente che, quando il prestatore di servizi è stabilito in uno Stato membro diverso dall'Italia, agisce in qualità di «responsabile d'imposta», conformemente all'art. 4, comma 5-bis, del regime fiscale del 2017, mentre, quando è stabilito in Italia, ha la qualità, ai sensi dell'art. 4, comma 5, di tale regime, di «sostituto d'imposta», ossia di sostituto fiscale, come tale debitore d'imposta, la Corte sottolinea che l'obbligo che scaturisce dal regime fiscale del 2017 non genera un onere più gravoso per i prestatori di servizi di intermediazione immobiliari stabiliti in uno Stato membro diverso dall'Italia, dato che impone loro gli stessi obblighi di ritenuta alla fonte in nome dell'amministrazione fiscale e di pagamento dell'imposta cedolare secca del 21% a quest'ultima, dato che il prelievo è effettuato a titolo liberatorio, quando il proprietario del bene immobile interessato ha optato per l'aliquota preferenziale, e a titolo di acconto, qualora così non fosse [5].

La Corte considera, invece, quale restrizione alla libera circolazione dei servizi, vietata dall'art. 56 TFUE, il terzo obbligo, quello di designare un rappresentante fiscale in Italia, perché gravante unicamente su taluni prestatori di servizi di intermediazione immobiliare privi di stabile organizzazione in Italia, non essendovi assoggettati i prestatori di tali servizi stabiliti in Italia.

Detto obbligo, che, come precisato dalla Corte, dipende dalla scelta, da parte dei prestatori di servizi, di incassare o meno i canoni o i corrispettivi relativi ai contratti oggetto del regime fiscale del 2017, oppure di intervenire o meno nella riscossione di detti canoni o corrispettivi, impone loro di avviare procedure e di sopportare il costo della retribuzione del rappresentante fiscale, così introducendo «un ostacolo idoneo a dissuaderli dall'effettuare servizi di intermediazione immobiliare in Italia, quantomeno secondo le modalità corrispondenti alla loro volontà» [6].

Sebbene la misura fiscale in esame persegua lo scopo, del tutto legittimo, di realizzare l'obiettivo del contrasto all'evasione fiscale e di garantire l'efficacia della riscossione dell'imposta, potenzialmente idonea a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi, ciò non toglie, secondo la Corte, che essa ecceda quanto necessario per raggiungere tali finalità, considerato che il carattere proporzionato di un siffatto obbligo esige che non esistano misure egualmente idonee a soddisfare il conseguimento del contrasto all'evasione fiscale e meno lesive della libera prestazione dei servizi.

A tale riguardo, la Corte rimarca che l'obbligo non opera alcuna distinzione in funzione del volume di entrate fiscali prelevato o che poteva essere prelevato annualmente per conto dell'Erario da parte dei prestatori di servizi e non tiene conto che l'amministrazione fiscale dispone già, in forza del primo obbligo derivante dalla normativa in esame, di tutte le informazioni atte a consentire di identificare i contribuenti debitori d'imposta e di determinare la base imponibile di quest'ultima e che, tramite il secondo obbligo, è garantito il prelievo alla fonte dell'imposta.

Da tali elementi, complessivamente considerati, la Corte desume il carattere sproporzionato dell'obbligo di designazione di un rappresentante fiscale e l'irrilevanza del requisito della residenza quale migliore strumento per l'efficace adempimento degli obblighi di natura tributaria incombenti sul rappresentante fiscale [7]. Osserva, infatti, la Corte che, se anche il controllo su un tale rappresentante da parte delle autorità fiscali di uno Stato membro può effettivamente risultare più difficile qualora questi sia stabilito in un altro Stato membro, si evince, al contrario, che le difficoltà amministrative non costituiscono, di per sé, un motivo atto a giustificare un ostacolo a una libertà fondamentale garantita dal diritto dell'Unione.

3. Rispondendo, infine, alla terza questione pregiudiziale, relativa alla possibilità per le parti in causa di condizionare il giudice del rinvio nella formulazione dei quesiti pregiudiziali, la Corte ribadisce che spetta al giudice nazionale, qualora venga sollevata dalle parti una questione di interpretazione del diritto unionale, valutare non solo la necessità e la rilevanza della questione, ma anche formulare le questioni da sottoporre alla Corte, dovendosi escludere sia che le parti possano obbligare il giudice nazionale a presentare una domanda di pronunzia pregiudiziale, sia che possano incidere sul tenore delle questioni pregiudiziali da formulare [8].

Considerazioni

1. La decisione in rassegna, pronunciandosi sulla compatibilità con il diritto euro-unitario della normativa italiana che disciplina il regime fiscale delle locazioni brevi [9], fornisce rilevanti indicazioni sugli adempimenti, imposti dalla normativa interna, incombenti sui prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, e, quindi, anche su quelli che gestiscono portali di prenotazione online.

Nell'esame del primo obbligo previsto dal regime fiscale del 2017, la Corte, dando continuità ad un orientamento giurisprudenziale ormai intrapreso con una precedente sentenza [10], ribadisce, in modo chiaro, da un lato, che una disposizione di uno Stato membro che imponga agli intermediari l'obbligo di raccolta e comunicazione di dati all'Amministrazione fiscale deve essere considerata inscindibile, quanto alla natura, dalla normativa tributaria di cui fa parte, dato che assolve alla funzione di identificare il soggetto debitore dell'imposta e la base imponibile della stessa e rientra, pertanto, nel «settore tributario», escluso dal perimetro di applicazione della direttiva 2000/31, e, dall'altro, che una disposizione che preveda l'obbligo, a carico dei prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, indipendentemente dal luogo di stabilimento o dalle modalità della intermediazione, di fornire i dati in loro possesso, non comporta restrizioni alla libera prestazione di servizi garantita dall'art. 56 TFUE.

Tale affermazione assume particolare valenza perché la Corte non trascura di considerare che tale obbligo può risultare più gravoso per gli intermediari che forniscono le loro prestazioni mediante un portale telematico, in ragione del maggior numero di transazioni alle quali essi procedono, rispetto agli altri intermediari, ma pone l'accento non solo sulla considerazione che il regime fiscale delle locazioni brevi riguarda effettivamente tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, ma anche sul rilievo che, in ipotesi di servizi di intermediazione forniti tramite strumenti digitali, il costo supplementare che l'obbligo di comunicazione dei dati comporta risulta ridotto, poiché i dati sono già «memorizzati e digitalizzati» dagli stessi intermediari.

Allo stesso modo la decisione argomenta che l'obbligo di ritenuta fiscale, concernente solo gli intermediari che abbiano scelto, nell'ambito della loro prestazione di servizi, di incassare i canoni di locazione o i corrispettivi relativi ai contratti di locazione breve, oppure di intervenire nella riscossione di detti canoni o corrispettivi, non comporta una discriminazione nei confronti degli operatori non residenti.

Anche se siffatto obbligo impone agli operatori interessati di svolgere un ruolo aggiuntivo, dal momento che essi – come evidenziato dall'Avvocato generale nelle sue conclusioni – «saranno intermediari non più tra i locatori e i conduttori, ma anche tra i locatori e le autorità finanziarie», con conseguente maggiore responsabilità finanziaria, da un lato, verso il Fisco per il pagamento esatto dell'imposta dovuta e, dall'altro, nei confronti dei locatori, che possono legittimamente ritenere di essere esonerati dai loro obblighi fiscali a causa della ritenuta operata dagli intermediari [11], la Corte sottolinea che tale onere aggiuntivo non è più gravoso per i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare stabiliti in uno Stato membro diverso dall'Italia rispetto a quanto lo sia per le imprese che hanno uno stabilimento nel territorio nazionale. E ciò perché, al di là della diversa denominazione, il regime fiscale delle locazioni brevi prevede gli stessi obblighi di ritenuta alla fonte in nome dell'amministrazione fiscale e di pagamento dell'imposta cedolare secca del 21% a quest'ultima sia per il prestatore di servizi stabilito in uno Stato membro diverso dall'Italia, che agisce in qualità di «responsabile d'imposta», ai sensi dell'art. 4, comma 5-bis, della legge n. 50 del 2017, sia per il prestatore stabilito in Italia che, ai sensi dell'art. 4, comma 5, della medesima legge ha la qualità di «sostituto d'imposta». La misura, pertanto, non è sproporzionata alla luce dell'obiettivo legittimo della riscossione efficace dell'imposta e di lotta all'evasione fiscale, in assenza di costi supplementari gravosi da sopportare, né vieta o rende meno attraente l'esercizio della libera prestazione dei servizi [12].

L'arresto della Corte di giustizia rappresenta un elemento di importante riflessione per quanto attiene all'obbligo di designare un rappresentante fiscale in Italia, che, secondo la previsione dell'art. 4, commi 5 e 5 bis, del regime delle locazioni brevi, grava unicamente sui prestatori di servizi di intermediazione immobiliare privi di stabile organizzazione in Italia, qualificati come «responsabili d'imposta».

La Corte analizza detto obbligo alla luce del bilanciamento tra l'interesse dello Stato italiano alla efficace riscossione dell'imposta e la libertà di prestazione dei servizi, addivenendo ad affermare, in esito all'esame della proporzionalità di siffatta misura, che essa eccede quanto necessario per raggiungere gli obiettivi che il regime fiscale del 2017 si è prefisso. Se, per un verso, non disconosce che il numero elevato di transazioni e di beni immobili che possono essere oggetto di locazione per il tramite dei prestatori di intermediazione immobiliare che operano mediante portali telematici rende più difficoltoso il compito dell'autorità fiscale, che ha inteso semplificarlo tramite la designazione del rappresentante fiscale, per altro verso, la Corte ritiene di dover fare applicazione di principi già in precedenza affermati, che hanno condotto a ritenere che l'obbligo di nominare un rappresentante fiscale imposto dalla normativa di uno Stato membro ai prestatori di servizi transfrontalieri costituisce una restrizione sproporzionata contraria all'art. 56 TFUE [13].

La decisione lascia comunque trasparire che il contrasto con il principio di proporzionalità non è assoluto, ma dipende dal fatto che nel regime fiscale del 2017 l'obbligo in oggetto si applica in modo generalizzato a tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare non stabiliti in Italia e che hanno scelto di incassare i canoni di locazione o i corrispettivi connessi ai contratti di locazione breve, «senza distinguere in funzione, ad esempio, del volume di entrate fiscali prelevate o che poteva essere prelevato annualmente per conto dell'Erario da parte dei suddetti prestatori».

Da ultimo, la terza questione pregiudiziale offre l'occasione alla Corte di rimarcare, rimandando a giurisprudenza ben consolidata [14], che il sistema instaurato dall'art. 267 TFUE attribuisce unicamente al giudice nazionale, e non alle parti, la determinazione e la formulazione delle questioni di interpretazione del diritto dell'Unione, da sottoporre al giudice unionale, nel rispetto dei requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, previsti dall'art. 94 del regolamento di procedura della Corte [15], requisiti che, al contrario, le parti non sono tenute a rispettare nel formulare le loro proposte di questioni pregiudiziali.

2. Passando dal piano comunitario a quello nazionale, la Corte, con la decisione in rassegna, ha «legittimato» l'obbligo di comunicazione dei dati relativi ai contratti conclusi tramite piattaforma digitale, nonché il regime di tassazione sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche – applicabile a seguito di opzione, in alternativa a quella ordinaria, nella misura del 21% – previsti dalla legge n. 50 del 2017 in materia di locazioni brevi, ossia per i contratti di locazione ad uso abitativo di durata non superiore a trenta giorni, stipulati al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa. Si è, invero, riconosciuto che l'utilizzo della tecnica della ritenuta alla fonte, prevista nel regime fiscale nazionale, costituisce un valido ed efficace strumento per contrastare l'evasione fiscale, poiché impone ad un operatore che non è personalmente interessato a sottrarsi all'imposta la responsabilità del versamento della stessa all'amministrazione finanziaria.

In linea con l'orientamento espresso dalla sentenza in esame si pone, dunque, il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 17 marzo 2022, n. 86984, che, integrando il precedente provvedimento del 12 luglio 2017, n. prot. 132395, prevede che i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici, devono trasmettere alla competente autorità fiscale ulteriori informazioni, relative all'anno di riferimento della locazione ed ai dati catastali dell'immobile oggetto di locazione; il tutto nell'intento di rispondere all'esigenza di poter meglio individuare gli elementi del contratto di locazione breve, con riguardo al periodo durante il quale l'immobile risulta locato e all'identificazione dell'immobile in presenza di più contratti relativi allo stesso soggetto locatore.

L'obbligo di comunicazione dei dati introdotto dal regime fiscale interno del 2017 e la prassi dell'Amministrazione finanziaria, peraltro, si collocano nel solco della recente normativa europea che, inserendosi in un contesto di forte espansione dell'economia digitale, ha adottato la Direttiva europea 2021/514/UE del 22 marzo 2021 (cd. DAC 7), che si inserisce all'interno del pacchetto di misure fiscali della Commissione europea avente l'obiettivo di realizzare un sistema di tassazione maggiormente equo, efficiente e sostenibile (Package for fair and simple taxation).

Modificando la direttiva 2011/16/UE (cd. DAC 1), relativa alla cooperazione amministrativa europea nel settore fiscale, la DAC 7, al fine dichiarato di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale perpetrata da venditori di beni e servizi che utilizzano piattaforme digitali per lo svolgimento della loro attività, ha inserito l'art. 8-bis quater, che stabilisce l'ambito di applicazione e le condizioni per lo scambio automatico obbligatorio delle informazioni che i gestori delle piattaforme digitali sono tenuti a comunicare alle autorità fiscali degli Stati membri; infatti, trasformando i gestori delle piattaforme digitali in «collaboratori fiscali», pone a loro carico proprio l'onere di comunicare i redditi percepiti dai venditori/clienti attivi sulle piattaforme che vendono beni o forniscono servizi.

Il principio di proporzionalità, come declinato dalla Corte di giustizia, sollecita, invece, il legislatore nazionale alla introduzione di correttivi in punto di obbligo di designazione del rappresentante fiscale, in modo che tale misura possa superare i rilievi critici evidenziati dalla decisione in esame, da attuarsi, ad esempio, come suggerito dallo stesso giudice unionale, mediante l'adozione di meccanismi che consentano di ancorare l'operatività dell'obbligo al superamento di determinati limiti fissati in relazione al volume delle entrate fiscali prelevate o che possono essere prelevate annualmente per conto dell'Erario da parte dei prestatori di intermediazione immobiliare.

Pasqualina A.P. Condello

Note

[1] Punti da 23 a 85 della decisione.

[2] Punti da 25 a 38 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[3] Punto 41 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[4] Cfr. punti da 43 a 51 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[5] Cfr. punti da 52 a 55 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[6] Cfr. punti da 56 a 59 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[7] Cfr. punti da 59 a 75 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[8] Cfr. punti da 78 a 85 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata.

[9] Decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla legge del 21 giugno 2017, n. 96 – Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.

[10] CGUE Airbnb Ireland del 27 aprile 2022 in causa C- 674/20, punti 41 e 42.

[11] CGUE N Luxembourg 1 e A. del 26 febbraio 2019 in causa C-115/16, C-118/16, C-119/16 e C-299/16, punto 159.

[12] In senso conforme, CGUE Google Ireland del 3 marzo 2020 in causa C-482/18, punti da 31 a 36, con la quale la Corte, premesso che un obbligo dichiarativo – nel caso di specie ai fini dell'applicazione di un'imposta sulla pubblicità on line in Ungheria – non costituisce di per sé un ostacolo alla libera prestazione di servizi di cui all'art. 56 TFUE, ha affermato che l'esonero previsto per i residenti già fiscalmente identificati ad altro titolo non ha un effetto dissuasivo per le prestazioni transfrontaliere, ma è soltanto finalizzato ad evitare adempimenti inutili per i residenti già registrati.

[13] CGUE Commissione/Spagna dell'11 dicembre 2014 in causa C-678/11, punti da 57 a 59 e 61; CGUE Commissione/Belgio del 5 luglio 2007, in causa C-522/04.

[14] CGUE Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, del 6 ottobre 2021 in causa C-561/19, punti da 53 a 58.

[15] CGUE Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi del 6 ottobre 2021, in causa C-561/19, punti 68 e 69.